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​Dietrofront di Pechino, il debito dei Paesi fragili si può cancellare

A sorpresa, nell’ambito delle riunioni del Fmi, il Dragone potrebbe decidere di rinunciare a parte dei crediti verso i Paesi strozzati dai prestiti capestro, in cambio di un maggior sostegno delle istituzioni locali. Ma serve il sì anche della Banca mondiale​

Il Dragone potrebbe decidere di andare incontro a quei Paesi strozzati dai debiti emessi da Pechino. A qualcuno suonerà strano, eppure secondo il Wall street journal, sta negoziando un piano per un compromesso con altri importanti creditori per arrivare a sbloccare l’impasse nelle trattative per il risanamento del debito multimiliardario dei Paesi in via di sviluppo in difficoltà.

Pechino ha fatto pressione in queste settimane affinché i creditori come la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale si unissero ad essa in un accordo di ristrutturazione del debito. Il nuovo piano, se concordato, potrebbe vedere la Cina rinunciare a parte del debito in essere in cambio di un impegno più esplicito da parte dei grandi finanziatori e dei partner regionali, come la Banca asiatica di sviluppo e la Banca africana di sviluppo, a fornire nuovi prestiti a basso costo, comprese le sovvenzioni, ai Paesi il cui debito viene ristrutturato.

L’accordo tra Cina e altri creditori per la ristrutturazione del debito al momento è bloccato con vari Paesi, come ad esempio lo Zambia, e questa novità potrebbe fungere da modello per accordi di riduzione del debito multimiliardario per altri Paesi in via di sviluppo in difficoltà finanziarie. I negoziati potrebbero poi spostarsi sull’estensione delle scadenze di rimborso e la riduzione dei tassi di interesse. Tutto potrebbe comunque essere già deciso, dal momento che i Paesi creditori di tutto il mondo discuteranno il piano durante le riunioni biennali del Fondo monetario internazionale e della Banca Mondiale a Washington questa settimana.

Come più volte raccontato da Formiche.net, nel corso di due decenni Pechino ha intossicato i bilanci statali di molte economie fragili, dallo Zambia, all’Uganda, passando per il Kenya e lo Sri Lanka, attraverso una miriade di prestiti bancari dalle clausole di rimborso decisamente opache. Alla prima difficoltà nel rientro delle somme concesse, scattava la tagliola, con interi pezzi di industria locale azzannati dal Dragone.

Tutto questo ha prodotto uno smisurato indebitamento, che ha finito con lo schiacciare la già debole crescita di tali Paesi. Ora, i nodi sono venuti al pettine. Si rischia, in altre parole, un’esplosione della bolla del debito, con conseguente impatto sulla crescita globale. Tra i pochi che finora si sono posti il problema sono i dirigenti del Fondo monetario internazionale, organismo che ha anch’esso finanziato le economie in via di sviluppo, attraverso una serie di prestiti. La Cina, finora, si è rifiutata di intavolare una ristrutturazione in grado di scongiurare il peggio. Finora.


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