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Perché la Cina parla di demografia di qualità (contro l’India)

Le dimensioni contano meno della qualità. Il ministero degli Esteri di Pechino prova a rispondere alle preoccupazioni riguardo al calo della popolazione cinese, lancia una frecciata contro l’India e usa la leva della narrazione strategica globale di Xi Jinping

Secondo una nuova stima annunciata dalle Nazioni Unite, l’India dovrebbe superare la Cina come Paese più popoloso del mondo entro la metà di quest’anno. “Mi chiedo se il ministero degli Esteri abbia qualche commento in merito”, ha detto l’inviato di AFP durante la conferenza stampa che la diplomazia del governo cinese tiene settimanalmente.

Narrazione e interessi

La risposta di Wang Wenbin, portavoce del ministero, è arrivata secca e diretta – e se la domanda è stata ammessa è un segno evidente che la questione fa parte delle attenzioni attuali (e future, dunque) di Pechino. “Quando valutiamo il dividendo demografico di un Paese – ha detto il funzionario cinese – dobbiamo considerare non solo le dimensioni, ma anche la qualità della sua popolazione. Le dimensioni contano, ma ciò che conta di più [come] risorsa è il talento. Quasi 900 milioni degli 1,4 miliardi di cinesi sono in età lavorativa e in media hanno ricevuto 10,9 anni di istruzione. Per coloro che sono appena entrati nella forza lavoro, la durata media dell’istruzione è salita a 14 anni”.

La risposta acuta, che secondo Derek Grossman – esperto conoscitore delle relazioni sino-indiane della Rand Corporation – può essere vista anche come una frecciata contro la popolazione indiana (considerata da Wang poco istruita), rispecchia il valore della questione in ballo. La Cina ha attuato una strategia nazionale per rispondere all’invecchiamento della popolazione, che è un problema collegato al calo demografico. È stata varata la cosiddetta “politica del terzo figlio” (che risale al maggio 2021) e altre misure di sostegno per affrontare i cambiamenti demografici. Come ha sottolineato il premier Li Qiang, “il dividendo demografico della Cina non è scomparso e il nostro dividendo del talento è in divenire”. “La forza trainante dello sviluppo cinese rimane forte”, ha ricordato Wang.

Il contesto

Che la popolazione cinese iniziasse a diminuire è previsto da tempo. Nel 2012, Cai Fang demografo cinese di fama internazionale, spiegava che la Cina “non è ancora un Paese ad alto reddito, ma la diminuzione della sua popolazione potrebbe essere un freno alla crescita dell’economia, poiché una massiccia quantità di pensionati reclamerà una quota sempre maggiore di risorse”. La svolta demografica che gli esperti avevano previsto da tempo è comunque arrivata con diversi anni di anticipo rispetto al previsto, Evidente nel 2022, ora nel 2023 vedrà l’India superare la Cina come nazione più popolosa “battendo un record che durava da due secoli”, come scrive l’Osservatore Romano (media sempre attento alle dinamiche demografiche e agli interessi cinesi).

Si ragiona da tempo sugli impatti a lungo termine, data l’immensa forza economica del Paese e il suo ruolo di produttore mondiale e potenza geostrategica in ascesa. L’aspetto più particolare della bomba demografica è che la Cina l’ha lanciata su se stessa, nota in un approfondimento l’Asia Nikkei. L’attuale carenza di bambini è stata infatti preceduta da una fase in cui il Partito/Stato imponeva il controllo delle nascite con la “politica del figlio unico”, avviata nel 1980 e terminata nel 2016. E già ai tempi, Deng Xiaoping progettava che il controllo delle nascite, insieme alle riforme economiche, avrebbe migliorato la “qualità” della popolazione cinese – battendo su un punto simile a quello sottolineato da Wang nell’ultima conferenza stampa del ministero degli Esteri.

Il problema

Il punto cruciale, al di là di strategie e narrazioni, lo ha evidenziato il sociologo Guido Bolaffi in un’analisi per Fondazione Med-Or: “Oggi nel Paese del Grande Dragone non solo si nasce poco ma si muore ancora meno. Con il risultato che l’accelerato invecchiamento della popolazione rischia di fare della Cina la prima nazione al mondo che invecchia prima ancora di essere diventata ricca”. È questo ciò che preoccupa Pechino e la porta a rinverdire la linea della qualità demografica. D’altronde, è tutto parte della cosiddetta “Xivilization”, ossia l’idea del leader Xi Jinping di lasciare un’impronta nella storia del mondo.

Questa strategia è spinta dalla narrazione e dall’azione della Global Civilization Initiative e della Global Development Initiative e in parte anche dalla Global Security Initiative, le tre iniziative strategiche con cui Pechino sta acquisendo un posizionamento globale. In un saggio pubblicato recentemente a firma di Gao Xiang, tra i grandi intellettuali cinesi viventi, presidente dell’Accademia cinese delle scienze sociali e storico della dinastia Qing, vengono delineate queste ambizioni di Pechino per “modernizzare la società umana”. Il focus sul valore dell’istruzione è centrale nella narrazione strategica di Xi, e ora serve anche per poter fare muro contro le considerazioni che si collegano al calo demografico.

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