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Il Def, il fisco e quella proposta tedesca che… La versione di Cipolletta

Intervista all’economista ed ex presidente di Assonime. Il Documento di economia e finanza va nella giusta direzione, ma ci sono dei nodi menzionati e non risolti. La proposta della Germania sul Patto di stabilità ci condannerà all’austerity​

L’ultimo Documento di economia e finanza, fresco di due sponde importanti, una prima, quella europea, e una seconda, quella delle imprese, porta in dote del sano realismo. Meno male, sempre meglio che imbottire il testo che funge da pietra angolare della prossima manovra, di sogni. Ma non per questo, racconta in questa intervista chi di conti pubblici se ne intende, Innocenzo Cipolletta, economista di lungo corso ed ex presidente di Assonime, non si può ulteriormente migliorare. Anzi.

Partiamo dal Def. Impressioni?

Mi pare prudente, ma anche reticente. Nel senso che esistono una serie di problemi che vengono evocati ma non risolti nell’immediato.

Le va di fare qualche esempio?

La riforma fiscale. Sappiamo che il governo ha delegato il Parlamento per mettere mano al fisco e allentare la pressione fiscale. Questa è una sfida, se non altro per la ricerca delle risorse. E poi ci sono i contratti del pubblico impiego in scadenza e con l’inflazione che morde, sarebbe ora di pensarci. E infine, ci sono i bonus per l’energia ma non sappiamo se saranno sufficienti. E, ancora, il capitolo sanitario, con spesa che non si sa se aumenterà o meno.

Insomma, qualche neo in questo Documento di economia e finanza c’è…

Più che di nei parlerei di aspettative. Il Def è rassicurante nella misura in cui non sfora gli obiettivi di bilancio ma reticente in quanto non risponde a certe aspettative.

Rimaniamo sul Def. Circa tre miliardi per la riduzione del costo del lavoro nel 2023 e quattro nel 2024. Le pare abbastanza?

Se parliamo di riduzione del cuneo fiscale le rispondo di sì. Se invece parliamo di abbassamento della pressione fiscale, allora ricordo che le promesse fatte erano più ampie. Mi pare che poi nel Def si parli più di contributi sociali nella busta paga, quindi il capitolo fisco non mi pare toccato più di tanto.

Andiamo sul Pnrr. Sistemati i conti pubblici, la vera sfida ora è la crescita. Come siamo messi?

L’Italia ha dei ritardi, ma è tutto sommato fisiologico quando si affronta una spesa così consistente, dal carattere eccezionale. Ma se il governo ci si mette, non mi aspetto problemi enormi. I progetti più grandi sono avviati, su quelli più piccoli forse qualche criticità. Inoltre l’esecutivo ha parlato di modifiche e allora suggerisco di concentrare l’azione più su progetti cantierabili.

Vietato fallire, in ogni caso…

Sì, perché questo è uno sforzo europeo. Se fallisce l’Italia, fallisce l’intera missione europea. Non le pare?

Europa vuol dire anche Germania. La quale ha proposto, nell’ambito della riforma del Patto di stabilità, un taglio annuo dell’1% del debito. C’è chi ha parlato di una proposta equa…

Il problema non è l’Italia ma la stessa Europa. Tutti i Paesi dell’Ue hanno il debito oltre il 60% del Pil. E allora, se passa questa proposta, vuol dire condannare l’Italia ad anni di austerity. Dunque, anche la Germania dovrà ridurre dell’1% annuo il debito, ma siccome qui nessuno vede tassi di crescita mostruosi, iperbolici, la cosa mi preoccupa.

Se le dico tre parole, tassi, Bce, banche?

I tassi dovrebbero rallentare, verosimilmente dopo l’estate. Sarei molto prudente, senza invertire la politica monetaria sia chiaro. Ma rallentare sì, d’altronde abbiamo assistito alla crescita dei tassi più veloce della storia. E l’inflazione sta diminuendo.

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