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ll Codice degli appalti, il Pnrr e l’autonomia. Il punto del prof. Zito

“L’avere introdotto il principio del risultato nel nuovo Codice degli appalti è manifestazione della volontà di favorire un cambiamento nella cultura delle pubbliche amministrazioni”, dice Alberto Zito, ordinario di Diritto amministrativo a Tor Vergata. Sulla rimodulazione delle tempistiche del Pnrr: “Non credo che chiedere una rimodulazione sia un segno di debolezza del Paese ma invece un segno di realismo. E mi auguro che l’Europa risponda positivamente”

Il principale merito del nuovo Codice degli appalti? “Favorire un cambiamento nella cultura delle pubbliche amministrazioni, grazie all’introduzione del principio del risultato”. Ne è certo Alberto Zito, ordinario di Diritto amministrativo a Tor Vergata e docente di Contratti Pubblici alla Scuola Nazionale dell’Amministrazione a Palazzo Chigi. Ora resta da capire come intrecciare il nuovo corso normativo con le esigenze del Pnrr. Quello che è certo, dice Zito, è che “lo slittamento della timeline chiesto dal governo è auspicabile”.

Al di là delle dichiarazioni di intenti legate alla sburocratizzazione e alla velocizzazione delle pratiche pubbliche, come interviene tecnicamente il nuovo Codice degli appalti?

Il nuovo codice contiene importanti novità, soprattutto nella parte dedicata ai principi, novità che indubbiamente dovrebbero consentire una migliore gestione dell’intero ciclo degli appalti dalla programmazione-progettazione sino alla compiuta esecuzione del contratto. Mi riferisco in particolare al principio del risultato che impone alle stazioni appaltanti di agire con la massima tempestività e avendo riguardo al miglior rapporto tra qualità e prezzo nel rispetto ovviamente della legalità, della trasparenza e della concorrenza. L’avere introdotto il principio del risultato, al di là del valore normativo che esso ha, è manifestazione della volontà di favorire un cambiamento nella cultura delle pubbliche amministrazioni: non bisogna più avere attenzione soltanto al doveroso rispetto della norma, ma anche al raggiungimento dell’obiettivo cui ogni appalto è preordinato ossia al migliore soddisfacimento del fabbisogno pubblico. Un secondo profilo di pari rilievo e importanza sta nella digitalizzazione degli appalti, il cui utilizzo può consentire di raggiungere effetti positivi nella direzione di fare presto e bene.

Pare che il nuovo codice servirà poco per i progetti Pnrr. Perché?

Gli interventi finanziati dal Pnrr, la cui realizzazione deve avvenire nei tempi stretti decisi dall’Europa, si avvalgono di norme di semplificazione ed accelerazione delle procedure che sono state introdotte in pratica concomitanza con l’adozione del Piano. Queste norme erano necessarie per evitare di perdere i finanziamenti europei e sono destinate a trovare applicazione anche dopo l’entrata in vigore del Codice. Da questo punto di vista non vi dovrebbero essere dunque problemi. In ogni caso il codice dei contratti pubblici si muove nella stessa direzione di semplificazione.

La sburocratizzazione verso cui si sta andando aprirà, secondo lei, la strada a infiltrazioni malavitose nella gestione degli appalti oppure, al contrario, le ridurrà?

La questione è molto complessa. È vero che semplificare può rendere più facile la cattura dell’appalto da parte delle organizzazioni criminali, ma è altrettanto vero che la presenza di una normativa ridondante, farraginosa, contraddittoria, di difficile interpretazione ed applicazione può dare lo stesso risultato come comprovato empiricamente da indagini e studi a livello nazionale ed internazionale. Il punto è dunque un altro: occorre intensificare e rendere più efficaci i controlli. La digitalizzazione dell’intero ciclo di vita degli appalti può dare un contributo fondamentale in questo senso, mettendo, ad esempio, l’Anac in condizione di svolgere al meglio il suo ruolo di vigilanza.

Come far recepire in modo efficace la nuova legislazione anche negli enti locali, attualmente anche alle prese con la gestione dei fondi Pnrr?

A tal fine non vi è altra strada che quella di migliorare i rendimenti della macchina amministrativa che dovrà applicare la nuova normativa. Se vi saranno funzionari pubblici motivati e ben formati il nuovo Codice avrà un impatto positivo su tutto il sistema degli appalti e dunque anche sugli interventi Pnrr. Bisogna puntare su un grande processo di formazione dei dipendenti pubblici non dimenticando però che la formazione da sola non basta. Occorre sempre più coinvolgere i dipendenti e gli attori sociali che li rappresentano in obiettivi “sfidanti”, perché quando ciò è avvenuto vi sono state sempre risposte positive.

Riuscirà l’Italia a ottenere una rimodulazione sulla timeline dei cantieri legati all’erogazione dei fondi e a incassare ugualmente l’ultima tranche? Quali strade da percorrere in questo senso?

Una rimodulazione della timeline è sicuramente auspicabile anche perché i progetti del Pnrr sono stati ideati in una situazione molto diversa da quella attuale, in uno scenario geopolitico che è fortemente mutato con tutte le conseguenze che ne sono derivate, ad esempio, in termini di aumento del prezzo dell’energia. Non credo dunque che chiedere tale rimodulazione sia un segno di debolezza del Paese ma invece un segno di realismo. E mi auguro che l’Europa risponda positivamente.

Allarghiamo il campo alla questione sull’autonomia differenziata. A che punto è l’iter per l’approvazione della legge? Come rispondere alle preoccupazioni di chi teme un’eccessiva regionalizzazione, ad esempio, dei servizi legati a sanità e istruzione?

L’iter è stato avviato e i tempi non saranno brevi perché dovranno essere compiuti tutti i passaggi necessari. È giusto che vi siano preoccupazioni, tuttavia, il nostro sistema ha uno strumento per evitare i rischi che si paventano, quello dei Lep. Una volta definiti in modo preciso e accurato i livelli essenziali delle prestazioni, molte delle preoccupazioni dovrebbero ridimensionarsi. Piuttosto anche per il regionalismo differenziato vedo un problema relativo al buon funzionamento della macchina amministrativa regionale e locale. Il processo di devoluzione, dunque, potrebbe essere l’occasione per innestare una profonda riqualificazione in termini di efficienza ed efficacia delle amministrazioni locali. Anzi ritengo che le due questioni debbano marciare insieme, se si vuole raggiungere un risultato che non potrà che fare bene al Paese.

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