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Bene la conferenza, ma la pace è lontana. L’Italia e il progetto Ucraina secondo Sanguini

“L’Italia è un Paese che si può fare ammirare, o meno, sulla base delle iniziative concrete che vorrà adottare. La pace? Non vedo segnali che possano far immaginare in tempi ragionevolmente brevi che la Russia intenda ritirarsi o che possa essere indotta a ritirarsi”. Conversazione con Armando Sanguini, già ambasciatore italiano in Tunisia e in Arabia Saudita e ora senior advisor Medio Oriente e Nord Africa dell’Ispi oltre che docente all’Università Lumsa di Roma

Fa bene l’Italia a far sentire la propria voce e a raccordare imprese e politiche per programmare la fase della ricostruzione, al momento però la finestra di una possibile pace sembra ancora lontana. Così a Formiche.net Armando Sanguini, già ambasciatore italiano in Tunisia e in Arabia Saudita e ora senior advisor Medio Oriente e Nord Africa dell’Ispi oltre che docente all’Università Lumsa di Roma, che mette l’accento sia sulla conferenza di oggi a Roma che sulle dinamiche future, ovvero quelle che toccano attori come la Cina, che potrebbe intervenire sulla Russia ma non intende farlo.

Quali gli elementi positivi della Conferenza italiana sulla ricostruzione in Ucraina?

Io credo che l’Italia faccia bene a far sentire la propria voce esaminando, con i probabili interlocutori del domani ucraino, le modalità di intervento. Si calcola che la ricostruzione abbia un costo orientativo di oltre 400 miliardi di dollari, una cifra imponente. Di positivo vedo senza dubbio il fatto che l’attenzione verso l’Ucraina non è in diminuzione, ma anzi continua ad essere viva e vitale. L’Italia si è messa sulla scia di Paesi come la Germania e la Francia, proprio per dare un segnale della sua volontà di continuare a collaborare con un Paese con il quale avevamo dei rapporti piuttosto intensi. Quindi, sotto questo profilo, mi pare che l’idea della Conferenza sia giusta e appropriata.

Quali le criticità?

Al momento non vedo segnali che possano motivare o giustificare fino in fondo questa presa di posizione internazionale, visto che l’Ucraina è occupata e l’aggressione russa non si è fermata al Donbass: non vedo segnali che possano far immaginare in tempi ragionevolmente brevi che la Russia intenda ritirarsi o che possa essere indotta a ritirarsi. Molto dipenderà anche dal governo ucraino. È anche vero che la conferenza doveva essere convocata ora, anche per anticipare un’esigenza che si presenterà in futuro. Ma non c’è ancora una data certa entro la quale si creeranno tutti i presupposti per terminare il conflitto. A breve poi ci sarà anche una conferenza a Londra, dopo quella fatta da Francia e Germania quindi, sotto questo profilo, prepararsi per tempo è sempre meglio che non aspettare l’ultimo minuto. Credo che l’Italia debba fare la sua parte e attendere magari che il suo protagonismo venga riconosciuto, senza buttare il cuore oltre l’ostacolo perché l’Italia è un Paese che deve essere rispettato e che si può fare ammirare, o meno, sulla base delle iniziative concrete che vorrà adottare al riguardo.

Alla luce degli equilibri europei tra alleati, come questa conferenza spinge il peso specifico internazionale dell’Italia?

Questo appuntamento a cui partecipano 600 imprese è un indicatore di rotta utile proprio per spiegare come l’Italia intende dare seguito ai suoi annunci e farlo attraverso quelli che dovrebbero essere i protagonisti di questa ricostruzione. Mi riferisco alle imprese che vorremmo fossero chiamate per partecipare alla ricostruzione. Aggiungo che ciò che sta avvenendo in Ucraina, al di fuori dei diretti interessati e tra questi metto ovviamente gli Stati Uniti e i Paesi occidentali, non è al vertice delle preoccupazioni internazionali. Io credo che l’Italia farebbe bene a sollevare questo tema, visto che nelle prossime ci sarà una conferenza dei donatori dove il nostro Paese deve far sentire la propria voce e valutare le modalità di intervento. In questo senso l’Italia si sta ritagliando un ruolo che è il suo. Non c’è più l’Italietta ma un’Italia importante, che ha un suo ruolo e che è apprezzata e rispettata in Europa, a maggior ragione in Paesi come l’Ucraina che versano in una situazione molto difficile. Ma non è tutto.

Perché non vede uno spiraglio verso una risoluzione del conflitto?

Forse perché manca una capacità di pressione e con questo faccio un riferimento agli Stati Uniti ma anche alla Cina, che potrebbe intervenire sulla Russia ma si guarda bene dal farlo perché Pechino ha bisogno della Russia e ancor di più di una Russia debole. In questo momento non c’è dubbio che la Russia, pur protagonista di questa aggressione, sia più debole di prima. Si tratta di una situazione in cui occorre muoversi con anticipo, avendo però la consapevolezza che i tempi non sono maturi per un intervento immediato. Una pace entro i prossimi mesi mi sembra una prospettiva difficile.



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