Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Cosa aspettarsi dalla crisi in Sudan secondo Murphy

L’analista a capo del programma Africa dell’European Council on Foreign Relations spiega che nell’immediato ci si troverà davanti a due scenari: la vittoria di una delle fazioni militari impegnate negli scontri, il prolungamento del conflitto. Il Sudan ne uscirà destabilizzato, con nuovi equilibri interni e potenziale ricaduta regionale, per questo l’Ue deve prepararsi agli effetti

Secondo Theodore Murphy, direttore dell’Africa Programme dell’Ecfr, riguardo alla crisi in Sudan i decisori politici europei dovrebbero prepararsi a due potenziali esiti. C’è uno scenario possibile che vede la vittoria assoluta di uno dei due gruppi militari, le Forze armate sudanesi (Fas) e le Forze di supporto rapido (Rsf). E in questo caso, per gestire l’impatto, “sin dal primo giorno si dovrebbe fornire un quadro di impegno per garantire la sopravvivenza della democrazia sudanese”, spiega. Il secondo scenario vede l’estendersi del conflitto: e in questo caso, “le azioni di contenimento dovrebbero essere dirette oltre i leader militari verso i fattori scatenanti di secondo ordine: i movimenti armati sudanesi e gli Stati regionali”, aggiunge.

Il fronte

Nonostante la tregua di 24 ore, sono continuati gli scontri iniziati la scorsa settimana tra esercito e paramilitari per il controllo del Paese. I combattimenti si stanno anzi diffondendo, con la capitale particolarmente colpita. I due gruppi che stanno combattendo sono guidati rispettivamente da Abdel Fattah al Burhan e Mohamed Hamdan Dagalo, presidente e vicepresidente della giunta che governa il paese (Dagalo,  detto “Hemedti”, è il capo delle Rsf). Lo stop ai combattimenti doveva servire per evacuare i feriti e i civili dai luoghi degli scontri, e per permette a chi vive sotto il fuoco della battaglia di ricevere cibo, acqua e altri generi di prima necessità. La Croce Rossa ha ricevuto richieste di aiuto da parte di persone intrappolate nelle loro case, sotto al fuoco incrociato, ferite e senza medicinali e cibo. Finora sono morte quasi 200 persone, e più di 1.800 sono state ferite.

Mediazione e stop degli scontri

Anche per ragioni umanitarie, l’Europa dovrebbe sostenere la rapida solidificazione di una struttura di mediazione per il conflitto tra Saf e Rsf, secondo Murphy. “Tuttavia, poiché l’Ue e i suoi membri svolgeranno probabilmente un ruolo di supporto piuttosto che di leadership nella mediazione, possono concentrare i loro sforzi sulla creazione di un’utile divisione dei compiti affrontando questioni critiche di secondo ordine”, come la fase post-bellica. L’analista del think tank paneuropeo, ritiene del tutto plausibile uno scenario di un rifiuto della democrazia da parte di un ipotetico vincitore,  e su questo pensa che “l’Ue e i suoi membri potrebbero creare un quadro di impegno per la nuova autorità, che sottolinei chiaramente l’importanza di un governo guidato da civili per il sostegno dell’Europa a qualsiasi governo futuro. Inoltre, è fondamentale chiarire fin dall’inizio che il ritorno del regime precedente in Sudan è inaccettabile”.

Narrazioni e interessi

Le questioni critiche di primo ordine ruotano però attorno al contenere il conflitto durante queste sue fasi iniziali, prima che scivoli verso una guerra civile, che si estenda su scala regionale e che si creino spazi per la penetrazione di (ulteriori) interessi strategici di attori esterni. Per questo, Murphy indica necessario stabilire “un quadro di incentivi e disincentivi per gli altri attori al di là delle forze in campo Saf e Rsf, affinché mantengano la neutralità. Ciò include gli attori all’interno del Sudan, ma anche gli Stati regionali interessati a determinare l’orientamento politico sudanese”. Sebbene sia urgente fermare i combattimenti, rianimare l’originario accordo di condivisione del potere tra le due entità potrebbe non essere giusto inoltre: “La loro relativa parità di potere e l’ambizione al dominio totale hanno condannato tutti i negoziati dalla transizione dopo la caduta del presidente Omar al Bashir. Il problema non sono i negoziati, ma la mancanza di volontà politica”, spiega. Il conflitto in corso cambierà l’equilibrio di potere tra Saf e Rsf, dunque in ogni futuro negoziato per la condivisione del potere, i diplomatici dovrebbero evitare di tornare al precedente quadro negoziale dello status quo e sfruttare invece il nuovo equilibrio di potere per creare un accordo che abbia maggiori probabilità di successo, secondo il think tanker europeo.

×

Iscriviti alla newsletter