Skip to main content

Competenze, buona burocrazia e investimenti. Nel nome del Pnrr

Il Paese è al bivio, tra crescita e declino. E allora fare squadra diventa l’arma vincente. Il dibattito al Centro studi americani con Giovanni Tria, Marina Elvira Calderone, Aurelio Regina, Cristiano Cannarsa, Mauro Macchi, Sandra Savino e Massimo Bitonci

Senza imprese non c’è crescita, dunque futuro. Specialmente in tempi di Pnrr, dove l’industria è la cinghia di trasmissione tra politica e territorio. Per questo mai come ora le aziende, di raccordo con le istituzioni, sono strategiche, come ben emerso nel corso del convegno presso il Centro studi americani Il ruolo delle imprese e delle istituzioni per la ripartenza del Paese.

Dopo i saluti di Gianni De Gennaro, presidente Centro studi americani, sono intervenuti tra gli altri, Marina Elvira Calderone, ministro del Lavoro, Sandra Savino, sottosegretario al ministero dell’Economia, Massimo Bitonci, sottosegretario al ministero delle Imprese e del Made in Italy, Alberto Luigi Gusmeroli, presidente Commissione Attività produttive della Camera dei Deputati, Mauro Macchi, amministratore delegato Accenture, Aurelio Regina, delegato di Confindustria per l’Energia, Cristiano Cannarsa, ceo di Consip e Giovanni Tria, economista, già titolare del Mef. Tutti moderati dal giornalista del Tg1, Mario De Pizzo.

TRA IMPRESE E PALAZZO

Il “la” ai lavori lo ha dato lo stesso ministro Calderone. “Credo che sia importante riaffermare un principio e cioè che oggi non è pensabile lavorare a compartimenti stagni. Serve una grande alleanza per il Paese, tra le forze sociali, produttive e politiche”, ha chiarito Calderone. “L’Italia deve progredire attraverso la cooperazione tra tutti questi soggetti. D’altronde il lavoro non lo si crea per decreto e per questo le imprese e i loro lavoratori sono l’essenza della crescita. Detto questo, la parola chiave è semplicità, dobbiamo essere bravi a portare avanti concetti facili da capire e da attuare, per vincere le grandi sfide”.

“Credo sia sempre più difficile trovare la linea di demarcazione tra le forme di lavoro. Assistiamo oggi a forme di lavoro ibrido, la transizione ecologica ci dice che abbiamo bisogno di ricostruire e ridisegnare l’atlante delle professioni e le relative modalità. La pandemia ci ha consegnato un mondo diverso, con approcci e relazioni differenti. Non conoscevamo nemmeno la parola smart working prima dell’emergenza sanitaria. Oggi invece è una realtà”. Di qui una proposta, o meglio una mappa. “Come governo noi dobbiamo fare la nostra parte, ridurre per esempio l’incidenza del costo del lavoro, dunque trasformare in norma quello che ci dicono le imprese. Ma non è sufficiente, occorre investire nei premi di produttività e la buona contrattazione, per fermare quei rapporti di lavoro dalle condizioni non accettabili. Ma tutto questo dobbiamo e possiamo farlo tutti insieme”.

LA SFIDA DEL PNRR

Oltre le buone intenzioni, bisogna però assicurarsi che la collaborazione pubblico-privato, nel nome della crescita, sia messa in moto. E qui entra in gioco il Pnrr. Il quale “è un’opportunità unica per il nostro Paese”, ha messo in chiaro Savino. “Penso quindi al rafforzamento delle strutture dei Comuni e delle Province, anche e non solo per evitare dispersione di risorse umane ed economiche. Il sottosegretario Bitonci ha invece tirato in ballo i tassi, il cui aumento pesa sugli investimenti connessi al Pnrr.

E qui la parola d’ordine sembra essere incentivo. “Abbiamo gli incentivi fiscali, come il credito di imposta, se pensiamo a un sistema fiscale riformato, come vogliamo fare con la legge delega, ecco che gli incentivi possono fornire un contributo non banale alla causa. Poi c’è un altro tema, quello dell’Ires, che vogliamo portare al 15% qualora l’azienda decida di non distribuire i dividendi ai soci ma li investa nell’innovazione, nella tecnologia, nella transizione”.

PAROLA ALLE IMPRESE

Dopo la politica, la parola è passata alle imprese. Macchi, al vertice di Accenture Italia, ha spostato il baricentro sulle indubbie difficoltà del fare impresa oggi ma anche della messa a terra del Pnrr. “Viviamo un momento di profonda trasformazione, in cui il Covid ha cambiato completamente tutti i parametri e le tecnologie stanno maturando in maniera incredibile. In questi giorni si sta riflettendo sugli impatti dell’intelligenza artificiale che, quando verrà regolamentata, produrrà effetti importanti nel modo di lavorare e di produrre. In questo momento di profondi cambiamenti, vediamo molta volontà da parte tanto delle aziende private, quanto del settore pubblico di cogliere questa sfida. Sotto questo profilo, il Pnrr è un alleato vitale per le imprese, ma va realizzato e farlo è complesso. La vera sfida oggi è la velocità di attuazione dei progetti e dei relativi investimenti. Il momento attuale richiede di fare sistema, di fare squadra. Mi preme citare anche il tema delle competenze, al quale teniamo particolarmente e su cui c’è ancora molto da fare. L’obiettivo è colmare il gap tra le competenze che saranno necessarie nel futuro prossimo e quelle che in questo momento il sistema produce”.

Non poteva mancare la voce di Confindustria. “Abbiamo una grande opportunità”, ha esordito Regina. “Ora la domanda è capire come attuare una grande politica energetica per il Paese. Sappiamo che il governo ha dato una grande disponibilità alle imprese e il dialogo è il sale della crescita, dobbiamo andare tutti insieme, passo dopo passo, verso una unica direzione. Oggi Confindustria rappresenta oltre 200 mila imprese e 5 milioni di lavoratori. Ecco, con il governo noi abbiamo creato un dialogo che ci ha portato a ottenere dei risultati. La sfida del Pnrr deve partire proprio da questo”.

PROBLEMI GLOBALI PER SFIDE NAZIONALI

Attenzione però a fare i conti senza l’oste. In un mondo globalizzato, le tensioni geopolitiche contano. Per questo, secondo Tria, “abbiamo bisogno di cooperazione: dalla crisi pandemica siamo usciti con tre problemi, ovvero come gestire i grandi debiti pandemici, come gestite la massa monetaria frutto di anni di politiche espansive e come ricostruire le catene globali di approvvigionamento. Ecco, la cooperazione finora è mancata”.

Di qui, la consapevolezza di dover “inseguire delle risposte globali, il che presuppone una forma di cooperazione altrettanto mondiali. Da una parte diciamo che ci servono le rinnovabili, però dobbiamo stare attenti ai pannelli solari cinesi. E lo stesso vale per gli Usa, che sussidiano l’industria e allora in Europa ci arrabbiamo. Allora, dobbiamo metterci d’accordo, o inseguiamo beni pubblici globali facendoci la guerra oppure scegliamo un’altra strada”.

×

Iscriviti alla newsletter