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Il (primo) Def di Giorgia Meloni nel segno della prudenza

Il sì del Consiglio dei ministri al documento che fissa il perimetro della prossima manovra e fa della cautela il suo credo. Priorità alla crescita (+1% nel 2023) e alla riduzione del debito. E non più di tre miliardi per il taglio del cuneo. Intanto il Fmi rivede la crescita italiana. Al rialzo

Il primo Documento di economia e finanza targato Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti. O meglio, il perimetro della prossima manovra di bilancio, quella che vedrà la luce il prossimo autunno. Come da tradizione, il Consiglio dei ministri ha licenziato il testo contenente i saldi di bilancio e le prospettive di crescita per il 2023. In altre parole, quanto si può spendere, tra rifinanziamento delle misure in essere e sostegno a quelle invece ancora in gestazione. Tutto tenendo ben a mente i movimenti a Bruxelles, a cominciare da quel Patto di stabilità in fase di revisione, diktat tedeschi permettendo.

Ebbene, sul tavolo del governo, in una riunione dei ministri cominciata nel primo pomeriggio, una crescita leggermente migliore di quanto previsto pochi mesi fa, con il Pil che quest’anno salirà dell’1%, contro lo 0,6% fissato come obiettivo nella Nota di aggiornamento al Def dello scorso novembre e una dote da 3 miliardi per quest’anno da usare per ulteriori interventi a favore di famiglie e imprese sul fronte energetico. Il Def, insomma, avrà un profilo di grande prudenza, come nella migliore tradizione di Fratelli d’Italia, e dunque prospetterà una riduzione del deficit e debito.

Per questo nel tagliare, di mezzo punto, la stima del Pil per il 2024 (+ 1,4% invece del + 1,9% previsto nella Nadef) la politica di bilancio rimarrà ispirata a criteri di prudenza con margini di manovra molto limitati. Quest’anno non saranno infatti più di 3 miliardi le risorse da utilizzare, spiegano al ministero dell’Economia, per una sola misura, sia essa contro il caro bollette, se ce ne sarà ancora bisogno, oppure per dare un segnale sul calo del debito pubblico, che resta il fronte sul quale l’Italia è piú esposta sui mercati e nell’Ue. Verosimilmente, però, tali risorse andranno a ridurre il costo del lavoro.

Musica per le orecchie della Germania. Berlino, infatti, chiede che vengano introdotti dei parametri che garantiscano che gli Stati membri non sfuggano ai loro impegni verso la riduzione del debito pubblico. È chiaro che questo discorso è rivolto in primis a Italia e Grecia, ma anche a Portogallo, Spagna, Francia e Belgio. Tradotto, la Germania propone l’obbligo di ridurre il rapporto debito-Pil di almeno un intero punto percentuale l’anno sui Paesi più indebitati, fino al raggiungimento della soglia del 60% del Pil, e di almeno mezzo punto percentuale l’anno per gli stati meno indebitati. Per l’Italia un obbligo simile significherebbe ridurre il debito di circa oltre 19 miliardi di euro l’anno.

Tornando al Def (in cima all’agenda resta il fisco: la legge delega da poco arrivata in Parlamento ha 24 mesi per essere attuata), i 3 miliardi circa deriveranno da un obiettivo di deficit che il Def indica per il 2023 al 4,5% del Pil, come la precedente NaDef, rispetto a un tendenziale, cioè a legislazione vigente, del 4,35%. Si tratta appunto di 0,15 punti percentuali di Pil, cioè poco meno di tre miliardi, di deficit in piú, dopo gli oltre venti giá utilizzati dal governo con la legge di Stabilità per il 2023: un sentiero stretto, dunque, per le politiche di bilancio, che resterá tale anche nel 2024.

“Gli obiettivi prioritari che ispirano e delineano la politica economica del governo possono essere sintetizzati nel sostegno alla crescita e al benessere dei cittadini, con nuovi interventi in favore di famiglie (in particolare per quelle numerose sono previste misure anche nella riforma fiscale) e imprese nonché misure destinate a rilanciare gli investimenti e rafforzare la competitività del Paese; la sostenibilità dei conti pubblici con una graduale riduzione di deficit e debito”, ha fatto sapere a valle del Cdm il ministero dell’Economia. “Le previsioni di crescita del Pil contenute nel documento si collocano nel solco già tracciato dal Documento programmatico di Bilancio di novembre e dalla legge di bilancio, confermando l’approccio prudente e realistico, finalizzato a mostrare serietà e affidabilità sia ai mercati sia all’Unione Europa, e che punta a raggiungere risultati più ambiziosi”.

E lo stesso Giorgetti ha voluto sottolineare la cautela che permea il Def. “La prudenza di questo documento è ambizione responsabile. Abbiamo davanti a noi grandi sfide, dai cambiamenti climatici al declino demografico della popolazione italiana ma anche notevoli opportunità di aprire una nuova fase di sviluppo del nostro Paese. Le riforme avviate intendono riaccendere la fiducia nel futuro tutelando la natalità e le famiglie anche attraverso la riforma fiscale che privilegerà i nuclei numerosi. Inoltre riconoscerà lo spirito imprenditoriale quale motore di sviluppo economico, promuovendo il lavoro quale espressione essenziale dell’essere persona”.

Intanto il Fondo monetario internazionale ha ritoccato al rialzo di un decimale di punto percentuale la previsione di crescita economica dell’Italia di quest’anno, ora indicata allo 0,7%. E nell’ultimo World Economic Outlook ha limato in misura analoga la stima di crescita del 2024 allo 0,8%. Sempre per la Penisola, il Fmi prevede che l’inflazione, dall’8,7% dello scorso anno, rallenti sull’insieme del 2023 al 4,5% e prosegua la dinamica di calmieramento il prossimo anno a una media del 2,6%. Il tasso di disoccupazione dall`8,1% del 2022 salirebbe all’8,3% quest`anno e all’8,4% il prossimo.

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