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Avanti, adagio. La crescita (e il Pnrr) secondo Giorgetti e Bankitalia

Il ministro dell’Economia interviene in Parlamento per spiegare la linea del governo, incastonata nel Def. Il Paese cresce, ma l’incertezza è ancora molta. Per questo è vietato fare colpi di testa. Via Nazionale promuove l’esecutivo ma avvisa: sul Pnrr l’Italia si gioca tutto. O quasi

Oltre alla prudenza, la coerenza. Il Documento di economia e finanza, che getta le basi per la prossima manovra d’autunno (qui l’intervista all’economista Innocenzo Cipolletta) porta in dote previsioni di crescita che tutto sommato rispecchiano lo stato di salute dei conti pubblici italiani. Una sostanziale promozione che arriva da chi, Bankitalia, non sempre è stata tenera con i governi di turno. Eppure, stavolta la sintonia con Palazzo Chigi c’è.

DALLA PRUDENZA ALLA COERENZA

Nel giorno in cui sono riprese le audizioni sul Def, dopo la sponda di Confindustria, arriva quella di Via Nazionale. “Le previsioni presentate nel Documento prefigurano, con poche differenze tra quadro tendenziale e programmatico, una crescita del Pil intorno all’1 per cento quest’anno e all’1,5 nel prossimo. Queste prospettive sono nel complesso coerenti con gli elementi che stanno emergendo, legati alla ripresa dell’attività economica rispetto al quarto trimestre del 2022, alla fiducia delle famiglie e delle imprese, ai consumi”, ha affermato il Capo del Dipartimento Economia e Statistica Sergio Nicoletti Altimarila Banca.

Anche sul fronte fiscale, forse quello più delicato, non è il caso di fare i disfattisti. A Bankitalia non sono sfuggiti i 3 miliardi destinati dal governo alla riduzione del costo del lavoro. “Gli ulteriori 3 miliardi di euro destinati al taglio del cuneo fiscale, come previsto nel Def, portano ad un aumento medio del reddito dei soggetti interessati di poco inferiore a 200 euro. Sotto le ipotesi di invarianza delle soglie di applicazione già in vigore e di avvio dei nuovi sgravi dal prossimo maggio, gli oltre 3 miliardi destinati al rafforzamento di questa misura dovrebbero consentire un raddoppio dell’importo mensile dell’esonero”.

IL FRONTE DEL PNRR

Non è tutto oro quello che luccica. C’è sempre tempo per puntellare, magari il Pnrr. “Il quadro di crescita delineato dal Def è nel complesso condivisibile. Ma le incertezze che permangono sull’andamento della crescita rendono cruciale l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che potrebbe contribuire a dare stabilità”, ha chiarito Palazzo Koch.

“La crescita dovrebbe rinvigorirsi nel prossimo anno. Si tratta di prospettive circondate da incertezza straordinaria, su cui gravano forti rischi al ribasso. In un simile contesto il ruolo di stabilizzazione delle politiche è stato e continua ad essere rilevante: affinché gli strumenti già a disposizione – in particolare gli interventi finanziati dal Pnrr – possano dispiegare appieno la loro efficacia è cruciale che il loro utilizzo sia improntato alla tempestività e all’efficienza”.

LA VERSIONE DI GIORGETTI

Ma oggi è stato anche il giorno di chi il Def lo redatto e firmato, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ascoltato nel medesimo contesto. Premessa, “accanto ad alcuni segnali positivi continua a permanere un elevato grado di incertezza”. Detto questo, “in un momento come quello attuale, pur non sottovalutando elementi positivi che emergono dai dati più recenti, le stime del Def sono improntate alla prudenza e alla responsabilità, in linea con l’approccio seguito finora dal governo. Attenzione però a non confondere la responsabilità e la prudenza con la mancanza di ambizione”.

Rimanendo nel solco della prudenza, Giorgetti ha messo in chiaro un concetto: l’Italia rimarrà sempre nei binari europei di finanza. “Nel 2024 non sarà più attiva la clausola di deroga del Patto di stabilità e crescita. La prossima manovra deve essere coerente con le regole del Patto di stabilità”. E guai a spendere senza avere i soldi, il debito pubblico è in agguato.

“L’andamento della spesa per interessi che supererà nel 2026 i 100 miliardi di euro deve far riflettere sulla tendenza al ricorso al debito per finanziare gli interventi legislativi. Quindi occorrerà porre la massima attenzione alla definizione delle coperture non solo con riferimento al saldo netto e all’indebitamento netto ma anche al fabbisogno della Pubblica amministrazione e alla previsione di cassa”. Insomma, si passa dai 75 miliardi del 2023 ai 100 miliardi del 2026. “Questi dati devono farci riflettere sul ricorso al debito, che riduce ulteriormente i margini di bilancio”.

 

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