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Francesco da Orbàn non si tira indietro e parla di migranti e guerra

Essendo Orbàn un leader europeo ma anche un alleato indiscutibile di Putin, per qualcuno Bergoglio avrebbe tenuto nell’ombra le differenze con il premier ungherese sulla questione dei migranti. Invece l’ha affrontata (citando il primo re ungherese), mentre sull’Ucraina ha scelto le parole che De Gasperi pronunciò davanti a Schuman e Adenauer

Qualcuno aveva fatto chiaramente capire che Francesco, scegliendo l’Ungheria del premier Viktor Orbàn come luogo dove recarsi anche per tentare di rilanciare una prospettiva di dialogo per la guerra in Ucraina, essendo Orbàn un leader europeo ma anche un alleato indiscutibile di Putin, avrebbe tenuto nell’ombra le differenze con il premier ungherese sulla questione dei migranti. Davanti alle autorità ungheresi il papa ha invece concluso il suo discorso  citando così il primo re ungherese: “un Paese che ha una sola lingua e un solo costume è debole e cadente. Per questo ti raccomando di accogliere benevolmente i forestieri e di tenerli in onore, così che preferiscano stare piuttosto da te che non altrove”.

La diplomazia della misericordia non considera nessuno pregiudizialmente perduto, anela alla pace, ma non rinuncia ai valori che ne fondano la visione del mondo. E se si considera che Orbàn aveva detto che era suo impegno tenere l’Ungheria sulla via del cristianesimo, non può non colpire che il papa abbia affermato che quelle appena citate sono parole che indicano l’atteggiamento di fondo del credente in Gesù, che, ha detto testualmente, “si è identificato nello straniero da accogliere”.

Il tema migranti, che vede l’Ungheria accogliere gli ucraini ma non quelli che percorrono, fuggendo, la rotta balcanica, ha indotto Bergoglio a chiedere senza esitazioni né mezzi termini, “vie sicure e legali” e “meccanismi condivisi di fronte a una sfida epocale che non si potrà arginare respingendo, ma va accolta per preparare un futuro che, se non sarà insieme, non sarà”. Basta questo per capire che Francesco, visibilmente stanco, si è però presentato a Budapest determinato a parlare con forza e chiarezza. Di migranti, ma anche di guerra e quindi di Ucraina e di Europa. All’Europa il papa ha chiesto di scegliere una sana laicità, che non scada nel laicismo, sempre capace di essere “allergico ad ogni aspetto sacro per poi immolarsi sugli altari del profitto”. Non poteva qui non seguire la sua costante critica all’ideologia gender.

Venendo alla guerra, alla tragedia Ucraina e all’Europa, il papa ha usato parole altrettanto nette e allarmanti: “pare di assistere al triste tramonto del sogno corale di pace, mentre si fanno spazio i solisti della guerra”. Invece l’Europa ha una sua storia, un suo significato indiscutibile, chiaro: “l’Europa ha rappresentato, insieme alle Nazioni Unite, la grande speranza, nel comune obiettivo che un più stretto legame fra le Nazioni prevenisse ulteriori conflitti. Purtroppo non è stato così.  In generale sembra essersi disgregato negli animi l’entusiasmo di edificare una comunità delle nazioni pacifica e stabile, mentre si marcano le zone, si segnano le differenze, tornano a ruggire i nazionalismi e si esasperano giudizi e toni nei confronti degli altri”.

Il multilateralismo rimane chiaramente la bussola per la costruzione di un concerto mondiale. Infatti la pace, ha ribadito il papa rinnovando la sua esortazione più importante, “non verrà mai dal perseguimento dei propri interessi strategici, bensì da politiche capaci di guardare all’insieme, allo sviluppo di tutti: attente alle persone, ai poveri e al domani; non solo al potere, ai guadagni e alle opportunità del presente”. L’Europa trova proprio in questo la sua missione e la sua importanza storica, perché solo un ruolo le corrisponde, quello di “unire i distanti, di accogliere al suo interno i popoli e di non lasciare nessuno per sempre nemico”.

Come nel suo famoso discorso in occasione del conferimento del premio Carlo Magno, nel 2016, papa Bergoglio ha ricordato i padri fondatori dell’Europa, “ statisti che hanno saputo guardare oltre il proprio tempo, oltre i confini nazionali e i bisogni immediati, generando diplomazie capaci di ricucire l’unità, non di allargare gli strappi”. A questo punto ha citato un particolare relativo ad Alcide De Gasperi, a queste parole che pronunciò alla presenza di Schuman e Adenauer: “ È per se stessa, non per opporla ad altri, che noi preconizziamo l’Europa unita e lavoriamo per l’unità, non per la divisione”. Poi, facendo esplicito riferimento all’Ucraina, ha citato Schuman così: “Il contributo che un’Europa organizzata e vitale può apportare alla civiltà è indispensabile per il mantenimento di relazioni pacifiche, in quanto la pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano”. Ovvio che si chiesto dove siano gli sforzi creativi! Più facile vedere, come ha sottolineato, populismi autoreferenziali.


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