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Se le sirene cinesi riescono ancora a ipnotizzare la Grecia

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Soprattutto nell’attuale contesto euromediterraneo, la sola ipotesi di un rafforzamento cinese nell’Egeo solleva molti dubbi, sia negli stati europei filo-atlantici che a Washington, con cui il governo di Atene mantiene buone relazioni. Ma a cui ha preferito la Francia per l’acquisto di 18 caccia Rafale

C’è l’endorsement dell’ex premier socialista greco George Papandreou, figlio di Andreas storico fondatore del Pasok, circa l’ulteriore rafforzamento della partnership tra Cina e Grecia: l’occasione è il bilancio di 13 anni di gestione Cosco dell’imponente porto ellenico, che non ha da mostrare solo i numeri di un business oggettivamente elevato al cubo, bensì anche le conseguenze geopolitiche dell’invasività cinese nel mare nostrum, le gravi condizione di lavoro degli operai greci e il rischio che la geopolitica di Xi “governi” questo processo di privatizzazione che la Grecia ha dovuto affrontare quando era a un passo dal default.

Raddoppio cinese?

In questi giorni funzionari cinesi, greci e rappresentanti delle imprese stanno esplorando nuovi modi per rafforzare la cooperazione bilaterale in materia di spedizioni e commercio. L’occasione è stata data da un evento tematico promosso da Cosco al Pireo, ma non si tratta di una iniziativa estemporanea perché fa parte della strategia complessiva cinese che punta ad andare oltre il già fatto al Pireo e provare così a corroborare il suo ruolo in un fazzoletto di Mediterraneo caratterizzato dalla contemporanea presenza di dossier altamente significativi, come ad esempio l’energia.

Perché quelle parole di Papandreou? Ricopriva la carica di primo ministro della Grecia nel 2009 quando il progetto di cooperazione sino-greca al porto del Pireo aveva preso avvio, una cooperazione cronologicamente parallela allo scoppio della crisi finanziaria n Grecia che avrebbe condotto poi alla gestione da parte della troika e al conseguente processo di maxi privatizzazioni che, in primis, ha riguardato proprio il grande porto.

L’ex primo ministro ha dichiarato all’agenzia cinese Xinhua che “noi come società globale ora abbiamo un futuro condiviso e dobbiamo lavorare insieme per prenderci cura delle generazioni di oggi e di quelle future”. Aggiungendo: “Credo nelle nostre civiltà, sia la civiltà cinese che la civiltà greca, l’antica civiltà greca, abbiamo concetti che ci forniscono linee guida per raggiungere una cooperazione più armoniosa nel nostro mondo”.

Doppia faccia

I numeri di questi 13 anni dicono che il porto del Pireo ha maturato una posizione di leadership in termini di traffico di container ed è diventato il più grande porto per traghetti e il terzo più grande porto da crociera nella regione europea. Nel 2008 Cosco ha ottenuto un franchising di 35 anni per due terminal container e nel 2016 ha acquistato una quota del 67% nell’autorità portuale per 368,5 milioni di euro. Attualmente il Pireo è al settimo posto tra i porti container europei e il secondo nel Mediterraneo. A livello globale, il porto ellenico occupa il 37° posto, migliorando il 44° posto fatto registrare nel 2016 grazie ai tre terminal containers.

C’è un altro lato, per così dire sociale, della medaglia: i cinesi da subito hanno imposto al Pireo condizioni di lavoro approssimative, come dimostrano i numerosi episodi di morti sul lavoro e di incidenti di vario genere. Ma i sindacati lo scorso gennaio (quindi dopo quasi 15 anni di attività) hanno ottenuto un nuovo contratto con incrementi graduali e “canoni occidentali”.

Scenari

Il tutto va osservato avendo contezza del triangolo geopolitico messo in piedi dalla Cina con Amburgo e Trieste, al fine di distendere la strategia infrastrutturale e politica della Via della Seta. Per cui, soprattutto nell’attuale contesto euromediterraneo, attraversato dalla guerra in Ucraina, dalla crisi del grano e dalle tensioni tra Cina e Usa su Taiwan, la sola ipotesi di un rafforzamento cinese nell’Egeo solleva molti dubbi, sia negli stati europei filo-atlantici che a Washington, con cui il governo di Atene mantiene buone relazioni. Ma a cui ha preferito ad esempio la Francia per l’acquisto di 18 caccia Rafale (Francia che Macron ha posizionato decisamente con la prua rivolta a Pechino).

@FDepalo

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