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Italia, Taiwan, Cina. Malan spiega la rotta di Roma verso Est (con gli alleati)

Di Gabriele Carrer ed Emanuele Rossi

Presto una delegazione parlamentare italiana andrà a Taipei. Il senatore Malan spiega perché è importante questo genere di diplomazia, tanto quanto i collegamenti aerei. E la questione coinvolge anche la Cina

La scorsa settimana, il rappresentante diplomatico della Repubblica di Cina in Italia, l’ambasciatore taiwanese Vincent Tsai, è stato tra i protagonisti di una cerimonia per inaugurare la ripresa del volo diretto Roma-Taipei (riavviato lunedì 27 marzo). Il collegamento sarà operato con un Airbus A350-900 Ewb di proprietà di China Airlines: la compagnia di bandiera statale di Taiwan traporterà oltre 300 persone a tratta, tre volte alla settimana, partendo da Roma-Fiumicino.

Narrazioni e interessi

Se Federico Scriboni, head of aviation business development di Aeroporti di Roma, e Pony Tung, nuovo direttore generale Italia di China Airlines, hanno espresso grande soddisfazione per la riapertura del volo, collegamento storico dello scalo romano dal 1995, è chiaro che dietro al vettore commerciale c’è molto di più. Non a caso, alla cerimonia oltre a Tsai erano presenti anche l’ambasciatore di Taiwan presso la Santa Sede, Mattiew Lee, e parte della delegazione interparlamentare Italia-Taiwan.

Il volo arriva la mattina presto a Taipei e permette di usare l’isola del Pacifico come nodo per ulteriori collegamenti all’interno della regione indo-pacifica. Soprattutto, garantisce l’implementazione dei rapporti diretti con Roma. Ossia contribuisce a rendere Taiwan parte indipendente del sistema globale. Dunque va in senso contrario alle volontà del Partito/Stato, che vorrebbe isolare quanto più possibile Taipei, e rendere così quella che considera una provincia ribelle da (ri)annettere non-autonoma — e dunque più facilmente assoggettabile.

L’importanza delle relazioni inter-parlamentari

Sotto quest’ottica Pechino detesta ogni genere di relazione internazionale indipendente taiwanese, che invece per Taipei diventano legami dal valore tattico e strategico per tutelare il proprio status. A proposito di voli, per esempio: nel settembre scorso, il ministro taiwanese Wang Kwo-tsai spiegava su queste colonne perché Taipei dovesse essere parte della quarantunesima assemblea dell’Organizzazione Internazionale per l’Aviazione Civile, mettendo le sue esperienze (maturate anche gestendo le intrusioni dei caccia cinesi nel proprio spazio aereo) al servizio della comunità internazionale. Ma Pechino lavora lì e in altre istituzioni multilaterali per tagliarla fuori.

Sempre sotto quest’ottica, le relazioni inter-parlamentari assumono un ruolo determinante. “Un gruppo di parlamentari italiani sta per partire per Taipei”, spiega Lucio Malan, senatore di Fratelli d’Italia e presidente del Gruppo interparlamentare di amicizia Italia-Taiwan. Lei non va? “No, devo rimanere qui in bottega”, risponde a Formiche.net definendo la ripresa del volo “una buona notizia”. “Per loro”, cioè i deputati pronti a partire c0n destinazione Taipei, “quasi tutti alla prima visita, sarà fondamentale comprendere la realtà locale”, aggiunge il senatore, sottolineando l’importanza della diplomazia parlamentare con un Paese come Taiwan, con cui non ci sono rapporti diplomatici ufficiali.

Taiwan uguale Cina

La gestione delle relazioni con Taipei, per preservarne unicità e autonomie democratiche, è inequivocabilmente collegata ai rapporti con Pechino. E sappiamo che il governo italiano — guidato da Giorgia Meloni, la quale in campagna elettorale è stata l’unica leader politica a incontrare l’allora rappresentante diplomatico taiwanese Andrea Lee — si troverà davanti nei prossimi mesi una scelta importante. Che cosa fare con il Memorandum of Understanding con cui Giuseppe Conte portò l’Italia ad aderire alla Belt & Road Intitiative (unico Paese del G7)? Quella sul rinnovo del memorandum d’intesa sulla Via della Seta “è una decisione delicata”, risponde Malan.

“La più delicata è stata quella di entrarci” nel 2019, con il governo gialloverde, aggiunge il senatore. “Ora si tratta di gestire la situazione e sono certo che il governo stia analizzando le possibili mosse in modo da tenere una posizione giusta e ragionevole senza danneggiare la nostra economia. Entrarci non ci ha portato alcun beneficio ma ci ha messo in una posizione in cui serve una mossa per uscire”. Infatti, il rinnovo è automatico a meno che una delle due parti non dia comunicazione all’altra della volontà di recedere tre mesi prima della scadenza. In questa fase “occorre pragmatismo e seria riflessione”, continua Malan.

L’Italia nell’Indo Pacifico

Ciò che è mancato nel 2019, come ha sottolineato nelle scorse settimane anche il ministro Francesco Lollobrigida, figura molto influente del governo Meloni, è stato il coordinamento con gli alleati. In questo caso non verrà meno, assicura Malan: “Non ho dubbi che ci si stia consultando con gli alleati. Lo si fa per altre ragioni, è ovvio che ci si consulti anche su questo”. Per altro, i rapporti con l’India, rilanciato dalla presidente Meloni nella recente visita a Nuova Delhi, “indicano apertura di orizzonti”, aggiunge Malan. “L’India è la più grande democrazia del mondo, è democratica, con tutti i limiti che ogni democrazia ha”, scandisce.

Un’alternativa alla Cina e alla Via della Seta? “Più forti siamo a livello di relazioni internazionali, anche oltre ai pilastri Unione europea e Nato, più possiamo permetterci posizioni, ove servano, di indipendenza”, spiega il senatore, secondo cui il prossimo dispiegamento della portaerei Cavour nell’Indo Pacifico conferma che “abbiamo orizzonti che non si fermano a pochi chilometri dai nostri confini marittimi o terrestri. Con il governo Meloni l’Italia si sta comportando da potenza importante, cosciente delle proprie potenzialità”, conclude Malan.


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