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Macron e Cina? Un errore di valutazione, ora ceda all’Ue il suo seggio Onu. Parla Craxi

Intervista a Stefania Craxi, presidente della Commissione Esteri-Difesa del Senato: “Potrebbe mai convenire a Parigi essere considerato il ventre molle dell’Occidente? Usa e Ue sono le due gambe del mondo libero. Taiwan? Noi siamo dalla parte dei diritti umani e dell’autodeterminazione dei popoli. È fuori strada chi in Europa e in Italia pensa che, come se nulla fosse, si possano continuare a stringere accordi con la Cina. Un mondo è finito”

“Sono talmente tanto d’accordo con Macron sull’autonomia strategica e di difesa europea che la prima cosa che potrebbe fare la Francia è mettere a disposizione dell’Ue il suo seggio permanente all’Onu”. Lo dice a Formiche.net il presidente della Commissione Esteri-Difesa del Senato, Stefania Craxi, commentando quello che ha definito “un errore di valutazione” da parte del Presidente francese.

La sua rivoluzione copernicana di riavvicinamento alla Cina, inserita in un quadro di altissime tensioni internazionali (si veda il caso Taiwan), rischia di tramutarsi in un cavallo di Troia per Ue e Nato, ma secondo la senatrice di Forza Italia dall’isolamento francese può aprirsi una straordinaria opportunità per l’Italia, nella consapevolezza che “l’interesse della Cina non è guidato da una volontà di pace tra Mosca e Kiev, ma di accrescere la sua sfera di influenza”.

La decisione del Presidente francese di esplicitare la sua posizione pro-cinese a poche ore dalla fine della visita a Pechino e soprattutto durante le manovre militari cinesi a Taiwan che segnale è per l’Occidente?

Ha ragione Macron quando dice che l’Europa ha bisogno di una sua autonomia strategica, specie nei campi della politica estera e di difesa. Ma questa condivisibile ambizione non può che essere coltivata all’interno delle nostre tradizionali alleanze, senza immaginare presunte terzietà o cedimenti di sorta rispetto ai nostri competitor sistemici di oggi e di domani. Europa e Stati Uniti, insieme, sono la colonna portante dell’Occidente e, non smetterò mai di ripeterlo, rappresentano un’alleanza valoriale prima ancora che politica, militare o economica. L’Europa, non prendiamoci in giro, ha bisogno degli Stati Uniti e viceversa. Siamo indissolubilmente legati, dal passato e dal futuro.

Solo attraverso questa alleanza e attraverso un’Europa capace di essere un vero soggetto, potremo fronteggiare le sfide che si stagliano all’orizzonte, che sono tante, impegnative e che nessuno può affrontare da solo. Siamo dinanzi ad un bivio geopolitico di portata epocale, dividere l’Occidente, separare anche solo con sofismi linguistici o dare l’impressione di una non comunanza di visione e di intenti tra Stati Uniti e Unione, sarebbe drammatico per tutti, soprattutto per l’Europa. E poi, guardi, se non vogliamo perderci in una retorica vuota e stantia è necessario supportare le dichiarazioni con fatti e con proposte: se Macron ritiene necessaria l’autonomia strategica e di difesa europea, come primo passo per raggiungere questo traguardo potrebbe mettere a disposizione dell’Ue il seggio permanente all’Onu su cui siede Parigi.

Macron rischia di avere, da oggi in poi, una posizione ibrida all’interno della Nato così come ce l’ha Erdogan?

Non lo credo, anche alla luce delle precisazioni che sono state rilasciate ufficialmente dall’Eliseo. Ma se così fosse, rischia non solo di isolare la Francia ma di arrecare un grave danno all’intera Europa. In molti teorizzano una ritrovata voglia di “grandeur” da parte della Francia ma anche questa ha un limite e deve fare i conti con la realtà. Potrebbe mai convenire a Parigi essere considerato il ventre molle dell’Occidente? Non credo proprio! Piuttosto se intendiamo ragionare di autonomia strategica dell’Europa credo lo si debba fare partendo dalle determinazioni di politica estera nel Mediterraneo, ad esempio, dal caso libico, dove anche nel recente passato, prima di compiere alcune scelte, sarebbe stato utile confrontarsi con i partner comunitari. Ma sono fiduciosa che, anche alla luce del Trattato del Quirinale, alcune incomprensioni tra Roma e Parigi, ma non solo, non si ripeteranno. Anche perché rimanendo sempre al caso libico, è evidente come la competizione intraeuropea abbia schiuso le porte di quel Paese ad attori esterni e destabilizzanti.

Quali spazi si aprono per l’Italia dopo le dichiarazioni di Macron, soprattutto nel Mediterraneo?

L’Italia da sempre ha una storia di forte legame transatlantico, al netto di alcuni pericolosi cedimenti di qualche anno fa. Ora che abbiamo ritrovato saldamente quella postura lavoreremo per cementare una solida relazione che continueremo a coltivare senza tentennamenti e senza subalternità, con l’obiettivo di arricchire l’Alleanza con una sensibilità marcatamente più mediterranea. In tal senso, l’Italia può giocare un ruolo straordinario, sia quale Paese fondatore dell’Unione europea sia quale partner affidabile e credibile della Nato. Siamo fondamentali per entrambi in una Regione del mondo complessa, in cui si giocano porzioni importanti dei nuovi confronti globali.

Possiamo e dobbiamo per questo motivo svolgere una funzione positiva nell’interesse comune, non solo chiedendo all’Europa e all’Alleanza la doverosa attenzione verso l’area del Mediterraneo allargato ma indicando priorità e azioni comuni per arricchire le rispettive agende. Il nostro sguardo sapiente, la nostra capacità di comprendere la complessità mediterranea, unitamente ad un nostro ritrovato protagonismo nell’area, è anche necessario per l’alleato statunitense, chiamato a destare lo sguardo nell’indopacifico. La Regione mediterranea è e sarà un’area strategica e centrale del mondo a cui occorre approcciarsi con misura e intelligenza, affrontando i tanti problemi presenti e cogliendo al contempo le tante opportunità che li risiedono.

Nel passato non sempre l’Italia vi è riuscita. Come invertire la tendenza?

L’Italia può aspirare ad avere un ruolo anche maggiore nel Mediterraneo, perché lo spostamento francese verso un’asse a tratti distante da quello atlantico rischia di far perdere a Parigi quella sorta di posizione da proconsole europeo nel Mediterraneo, che le deriva anche dalla speciale relazione franco-tedesca. E poi, possiamo e dobbiamo invertire quella tendenza perché siamo l’Italia. Abbiamo finalmente un governo pienamente legittimato da un voto popolare, un governo di legislatura che porta in dote una grande stabilità, condizione tutt’altro che secondaria in politica estera e di difesa. Infatti, in passato l’instabilità degli esecutivi è stata spesso una fragilità. E poi, questo esecutivo e la sua maggioranza si sono dotati di una visione strategica. L’intenzione palesata a più livelli e declinata dal presidente del Consiglio, dal ministro degli Esteri, dal ministro della Difesa e, se mi consente, anche dalla sottoscritta nella veste di presidente della Commissione esteri e difesa del Senato, è quella di avere una chiara proiezione mediterranea.

Il ruolo che ci consegna la storia e la geografia è un ruolo a cui implicitamente abbiamo abdicato per anni. Smarrendo la via del Mediterraneo, abbiamo smarrito noi stessi. Eppure, un nostro rinnovato protagonismo nel Mediterraneo verrebbe visto con grande favore e grande interesse da molti partner, Stati Uniti in testa, e da quasi tutti gli attori regionali. Oggi siamo chiamati a riappropriarci di questa funzione “ponte”, anche grazie al valore umano del nostro personale diplomatico e, non dimentichiamolo, delle nostre forze armate, le uniche al mondo capaci di coniugare un’altissima professionalità ad un grandissimo senso di umanità. Lo dimostrano le iniziative messe in campo dai Balcani al continente africano, un’area quest’ultima che amo definire, non a caso, Mediterraneo profondo.

La postura di Macron potrà essere un cavallo di Troia in Ue, anche guardando al caso taiwanese?

Non credo. Ma guai se l’Occidente si dividesse su temi come la tutela e la promozione dei diritti umani e derogasse a principi quale quello dell’autodeterminazione dei popoli. Quando ho fatto cenno ad un’Alleanza che prima di tutto è valoriale mi riferivo anche a questo. Stati Uniti d’America ed Europa sono le due gambe del mondo libero: questa è la loro forza, la loro forza è essere Occidente. Nel recente passato abbiamo purtroppo dimenticato di definirci in questi termini ed è stato un errore, ma forse la portata del conflitto in Ucraina è servita a ricordarci chi siamo e le partite che, volenti o dolenti, siamo chiamati a giocare. Sono certa che di questo il presidente Macron e, più in generale, la Francia nelle sue varie articolazioni, è pienamente consapevole e ne terrà conto in ogni determinazione.

Questo accordo potrebbe indebolire la risposta europea alla profondità strategica cinese?

Un conto sono alcuni accordi commerciali che possono favorire alcune aziende, altro conto sono intese che possano mettere in discussione alleanze condivise e favorire i nostri competitor. Allo stato non ravviso da parte francese l’idea di coltivare schemi di gioco diversi, specie alla luce delle dovute e puntuali precisazioni fornite dopo le interviste del Presidente francese. Sicuramente alcune sue dichiarazioni, rese per giunta nel volo di ritorno da una visita in Cina con un lungo colloquio con Xi Jinping – viaggio in cui è stata oscurata la presenza della von der Leyen – sono state intempestive e si prestano a numerosi e legittimi interrogativi. Personalmente, sono convinta che coloro che in Europa e in Italia pensano che, come se nulla fosse, come se nulla sia accaduto e stia accadendo nel mondo, pensano che si possano continuare a stringere accordi con la Cina, siano fuori strada. Un mondo è finito. La politica, la geopolitica, ritorna centrale. È questo processo, che in Europa abbiamo fatto fatica a comprendere, è iniziato ben prima dell’invasione russa dell’Ucraina, un evento che senza dubbio lo ha accelerato. Inoltre, a scanso di equivoci, dobbiamo dirci con onestà che l’interesse della Cina non è guidato da una volontà di pace tra Mosca e Kiev, poiché da questa guerra, dopo i primi smarrimenti, Pechino sta traendo benefici, anche in termini di dipendenza su una potenza come la Russia. Altro che piano di pace! L’interesse della Cina è proprio quello di accrescere la sua sfera di influenza.


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