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Meloni-Sunak, anche il dossier energetico è sul tavolo. Ecco quale

La visita del premier italiano a Downing street come intreccio di eccellenze in un settore, quello della transizione energetica, che è fondamentale anche ai fini del Pnrr. Eni infatti partecipa per il 20% al progetto Uk Dogger Bank C, il più grande parco eolico offshore al mondo

Non solo migranti, elezioni europee 2024 e geopolitica: anche l’energia entra prepotentemente nella visita a Londra del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, una visita “strutturata”, così come consuetudine di Palazzo Chigi. Eni (che ieri ha inaugurato il centro di liquefazione in Congo) partecipa per il 20% al progetto UK Dogger Bank C, la terza fase del più grande parco eolico offshore al mondo, costruito al largo della costa dello Yorkshire, grazie a 190 turbine. Gli altri partner sono SSE Renewables ed Equinor, entrambe al 40%.

La produzione sarà avviata in tre fasi: quest’anno, nel 2024 e nel 2025 e genererà circa 18 TWh di energia rinnovabile all’anno, che corrisponde al 5% della domanda dell’intero Regno Unito. Una volta entrato a regime nel 2026 il parco eolico, costruito al largo della costa nord-orientale dell’Inghilterra, sarà in grado di alimentare fino a 6 milioni di case nel Regno Unito. E il fatto che Eni sia un player attivo in questo progetto di caratura mondiale rappresenta un elemento di rilevanza, industriale e finanziaria.

Entrando nello specifico, il trasporto e l’installazione della sottostazione offshore Dogger Bank C è stato assegnato a Heerema Marine Contractors che sta provvedendo all’installazione della fondazione del rivestimento da 3.500 tonnellate metriche e la parte superiore della sottostazione offshore da 9.500 tonnellate. Il parco ha una superficie di circa 560 km² e nel suo punto più vicino si trova a 196 km dalla costa. L’investimento totale è di circa 9 miliardi di sterline (10,6 miliardi di euro) e il progetto includerà 277 turbine eoliche GE Haliade-X 13 MW e GE Haliade-X 14 MW.

Perché è strategico il fil rouge tra politica e asset? Non solo perché il Regno Unito è un partner e alleato chiave ma perché, anche dopo la Brexit, la relazione italo-inglese presenta notevoli complementarietà industriali: lo dimostrano i 35,6 miliardi di interscambio fatti registrare nel 2022 (+13% sul 2021 e in linea con dati pre-covid), con saldo positivo per 19 miliardi di euro, senza contare che Londra è incline a investire in Italia (26 miliardi di euro nei settori finanziario, assicurativo ed energetico). Numeri che il governo pensa di poter migliorare, soprattutto in ambiti gettonati come l’economia “verde”, le tecnologie avanzate e le scienze della vita. Per questa ragione l’impostazione del dialogo abbraccia fisiologicamente difesa e sicurezza.

Significa che il raccordo tra testa (policies) e braccia (asset) è il metro utilizzato dal governo in un momento caratterizzato dall’assoluta preminenza del dossier energetico nei tavoli bilaterali (e non). Ecco che la visita del premier italiano a Downing street si pone nel solco di un intreccio virtuoso di eccellenze in un settore, quello della transizione energetica, che è fondamentale anche ai fini del Pnrr.

@FDepalo


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