Intervista all’economista, per oltre due decenni direttore generale di Assonime. Corretta la lettura dell’Europa, il Def trasuda prudenza e sul Pnrr niente allarmismi, basta solo aggiustare un po’ il tiro. I problemi semmai riguardano la riforma fiscale, dove ci sono delle storture da sanare. I tassi? Non è ancora tempo di chiedere alla Bce di fermarsi
Inutile girarci intorno, Documento di economia e finanza e Pnrr sono le due gambe della politica economica di Giorgia Meloni. L’uno attesta la qualità e la sostenibilità dei conti pubblici, l’altro è, o meglio dovrebbe, essere il carburante per la crescita. Ed è proprio su questi due fronti che si giocherà la partita della ripresa, della transizione e della riduzione del debito. Meno male che, a sentire Stefano Micossi, economista, saggista con un passato recente al vertice di Assonime, l’associazione delle spa di cui è stato timoniere per oltre 20 anni, le premesse sono buone. Ma attenzione alle bucce di banana, per esempio il fisco.
DEF, BUONA LA PRIMA
“Il Documento di economia e finanza mi sembra che vada nella direzione della prudenza, il giudizio espresso dall’Europa, per bocca del Commissario all’Economia, Paolo Gentiloni, è solido e condivisibile”, spiega Micossi. “Mi aspettavo un Def di questo tipo, improntato alla cautela. Abbiamo già visto con la manovra questo tipo di approccio, dunque non sono stupito di una simile impostazione. Tuttavia, ritengo che le due questioni importanti future, siano essenzialmente due. Primo, la qualità della spesa e secondo, la qualità della riduzione delle imposte”.
CONI D’OMBRA FISCALI
In tal senso Micossi, portato sul terreno della legge delega, che dà al Parlamento due anni di tempo per riformare il fisco, chiarisce un punto. “Al di là delle risorse, che magari sono anche poche, quella legge delega contiene degli errori. Tra questi, la doppia aliquota per le imprese (una ordinaria, con l’aliquota piena, l’altra agevolata con una aliquota di tassazione ridotta riservata ai soggetti che, investendo nell’azienda, puntano alla crescita e allo sviluppo, ndr). Un sistema che moltiplica sia la complessità, sia l’incertezza. Perché l’idea che si possa usufruire di un’aliquota agevolata se adotto certi comportamenti di investimento e poi magari dopo due anni l’Agenzia delle Entrate mi contesta quegli investimenti, mi pare cattiva, ai limiti dell’abuso del diritto. Appare chiaro come tale sistema aumenti il rischio che, ex post, l’amministrazione si rivolti contro”.
LA SFIDA DEL PNRR
Poi c’è l’altro capitolo, il Pnrr. Qui sul governo si sono abbattute numerose critiche circa i ritardi nella tabella di marcia. Ma le cose come stanno per davvero? “L’impressione è che che qualche ritardo ci sia, ma che la macchina ne complesso funzioni. Non dobbiamo essere troppo pessimisti, onestamente mi pare che ci sia un’ottima reazione da parte delle imprese. Credo che la sfida si possa vincere”, chiarisce Micossi.
Il quale dice la sua anche su un tema spinoso come la recente riforma del codice degli appalti, che nei fatti elimina la messa a gara del grosso dei lavori. “Il percorso è positivo, in generale la semplificazione è la benvenuta, il governo ha avuto coraggio. Poi, se qualcuno grida alla corruzione, dico che i controlli vanno fatti ex post”.
TRA TASSI E GERMANIA
Non potevano mancare due passaggi di peso. Primo, il ruolo dei tassi nella crescita e, secondo, la proposta della Germania per la riforma del Patto di stabilità. Che prevede la riduzione del debito dell’1% annuo per tutti i Paesi. Sui tassi Micossi non vede la necessità di un rallentamento della politica monetaria da parte della Bce. “La mia opinione è che la Banca centrale farebbe bene a seguire con rigore una strategia anti-inflazione adeguata, tutta questa pressione sulla Bce può indebolire la sua credibilità. Mi pare un po’ presto per fermarsi, i tassi sono ancora ben al di sotto dell’inflazione”. E la Germania? “La proposta tedesca è decisamente morbida e sostenibile. Una riduzione del debito dell’1% è fattibile, non vedo niente di aggressivo in questa idea. Nemmeno per l’Italia”.