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Le nomine sono fatte, ora il governo (e il Pd) pensino al Pnrr. Scrive Sisci

La priorità dell’Italia oggi dovrebbe essere una sola, lavorare a come realizzare più progetti possibili del Pnrr. Ora che è passata la sbornia da nomine, Meloni e opposizione se ne ricordino. Il commento di Francesco Sisci

Sembra come un’auto che sta per imboccare una curva: è ancora sul rettilineo ma la traiettoria e la velocità sono tali da portarla fuori strada appena l’asfalto comincerà a piegarsi. C’è solo pochissimo tempo per cambiare marcia e sterzare da un’altra parte. Ce la farà? Sabato scorso Stefano Folli notava che il governo è fortissimo in parlamento, ha una maggioranza che non si vedeva da tempo ma non sta dando risposte su una serie di impegni pregressi.

“Non c’è nulla di risolutivo che il governo di destra possa fare… I margini sono stretti per chiunque. Fino al Pnrr, questione cruciale: un imbuto che richiederebbe una miscela di visione, efficienza e organizzazione, ma in cui si condensano ritardi antichi e debolezze strutturali”.
L’opposizione non c’è e non si vede, sottolinea Folli. Ciò non toglie che è questo governo ad avere il cerino in mano, allora presto potrebbe bruciarsi le dita e mandare a fuoco il paese.

Né può accusare la sorte. Bisognava prepararsi. Il Pnrr è lì da tre anni, tutti sapevano o dovevano sapere cosa sarebbe successo.
Le promesse sull’immigrazione o il ponte sullo stretto in tale contesto sono quasi peccati veniali. L’immigrazione è cosa di lungo termine, complessa, che questo governo non poteva risolvere con un tratto di penna. Il ponte è in attesa da 20 anni, ce ne vorranno forse altri 20 per realizzarlo, un ritardo di sei o 48 mesi si perde in queste dimensioni temporali. Ma il Pnrr è altro.

La priorità dell’Italia infatti oggi dovrebbe essere una sola, lavorare a come realizzare più progetti possibili del Pnrr. Se arriveranno i fondi europei in quattro anni l’Italia potrebbe crescere almeno del 3% all’anno e ridurre il rapporto debito pubblico/Pil in proporzione. Se invece non arrivano, potrebbe accadere il contrario – non c’è crescita, aumenta il debito rispetto al Pil e potrebbero alzarsi gli interessi sul debito in un pericolosissimo circolo vizioso.

Spendere i soldi del Pnrr non è facile perché serve osservare procedure e parametri fissati dall’Eu. Del resto la gente d’Europa si è tassata per aiutare l’Italia, e vuole garanzie che le risorse non siano sprecate o, peggio, rubate. Non sono richieste assurde. Per l’Italia, già prigioniera di lacci e lacciuoli di mille norme e regolamenti burocratici incrociati, soddisfare le richieste europee non è facile. Ci sono limiti oggettivi, per esempio funzionari non vogliono occuparsi di Pnrr perché la legge li potrebbe ritenere responsabili in proprio di eventuali errori, anche in buona fede.

Ma il coro di queste settimane “è impossibile spendere i soldi, rinunciamoci” suona irreale. Né l’opposizione si alza in piedi e batte i pugni, anzi mugugna: è vero, meno male che non sono al comando. È come dire: la vita è difficile, mi suicido. Certo, c’è gente che lo pensa e lo fa, ma sono considerati psicologicamente labili. Quindi: l’Italia è impazzita? Se l’Italia rinuncia ora a questi denari, perché la UE dovrebbe soccorrere l’Italia di nuovo quando avrà (perché le avrà) le prossime difficoltà?

Così il Paese, dall’esterno, sembra affogato in una voglia di suicidio collettivo, confermato per altro dal dato inquietante del più basso tasso di natalità dal 1860, l’anno prima dell’unità. Se l’Italia vuole uccidersi nessuno la può salvare. L’applicazione urgentissima del Pnrr dovrebbe essere la priorità assoluta del premier, e il capo dell’opposizione dovrebbe incalzarla. Nel frattempo per mesi la priorità del governo è stata, nell’indifferenza dell’opposizione, a dirimere l’alchimia delle nomine. Ma affannarsi e litigare sulle nomine e trascurare contemporaneamente l’applicazione del Pnrr è destabilizzante.

Il governo Draghi gestiva le nomine nel segreto, escludendo i partiti. Forse era eccessivo, perché i partiti, belli o brutti, sono la carne della democrazia, e non li si può emarginare totalmente. Di sicuro, le nomine sono le chiavi del potere concreto, quello su cui i partiti possono raccogliere consensi e voti, va bene, è la realtà della politica.
Ma questi mesi sono stati eccessivi nell’altro senso: la superficialità delle nomine ha oscurata la realtà profonda del Pnrr.
Inoltre sta cominciando a spirare un’aria delicata. La fuga dagli arresti domiciliari dell’agente russo Artem Uss apre una finestra di sospetti sulla lealtà americana del paese. Tali sospetti si infittiscono se si sommano ad alcune recenti nomine. La fiducia Usa, finora cruciale per l’Italia, potrebbe allora vacillare e, insieme alle incertezze del Pnrr, potrebbe creare una miscela mortale.

Ora le nomine sono state fatte, bisogna raddrizzare la barra altrimenti si entra in una spirale pericolosissima. L’Italia va fuori strada e rischia di non restare niente. Signore Giorgia Meloni e Elly Schlein, è ora di cambiare, per amore del nostro paese, grazie da Pechino.

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