Si è tenuta a Roma la ministeriale sui Balcani, con il Commissario europeo per il Vicinato e l’Allargamento, Oliver Varhelyi, il ministro degli Esteri svedese Tobias Billström, in qualità di presidente di turno del Consiglio dell’Unione europea, e i ministri degli Esteri di Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia. L’ambasciatore Sessa commenta gli impatti su sicurezza e immigrazione, sul ruolo dell’Italia e sottolinea tre criticità
È corretto dire, come osservato dal ministro Tajani, che la guerra in Ucraina potrebbe favorire l’adesione dei paesi balcanici alla Ue? “Tajani conosce meglio di chiunque altro in Italia i tempi e le velocità di adesione all’Unione europea, quindi io concordo senz’altro con lui che una qualunque iniziativa più incisiva di collaborazione con i Paesi dei Balcani che ancora non lo sono favorirà senz’altro il processo di adesione all’Unione europea”:
Così a Formiche.net l’Ambasciatore Riccardo Sessa, attualmente Presidente reggente (dopo la scomparsa di Franco Frattini) della Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale ed editorialista del Messaggero, già Ambasciatore d’Italia a Belgrado, Teheran, Pechino e alla Nato, Presidente dell’Associazione Italia-Serbia, l’uomo tra l’altro al quale Milosevic nel maggio 1999 consegnò il leader kosovaro Rugova. Dei temi balcanici ne parla con cognizione di causa, perché fu ambasciatore a Belgrado quando il Governo gli chiese di rimanere sotto i bombardamenti della Nato nel 1999.
Sicurezza e immigrazione
Secondo l’esperto diplomatico, il tema dei rapporti di alcuni di quei paesi con l’Ue era uno degli argomenti della riunione ministeriale tenutasi a Roma, con l’obiettivo di rilanciare il processo di integrazione europea dei Paesi della regione, “paesi, alcuni de quali, che da qualche decennio già sono stati strettamente associati a quella che gli addetti ai lavori chiamano la famiglia euroatlantica”. Ovvero l’adesione di quei Paesi sia all’Alleanza atlantica, sia all’Unione europea con tempi e modalità che, ovviamente, tengono conto dello stato di avanzamento e di adesione di tutti a quei criteri e quei valori che sono alla base delle due organizzazioni di cui stiamo parlando. “Tanto è vero che alcuni di loro hanno già aderito all’Alleanza atlantica, altri hanno aderito anche all’Unione europea e altri, come alcuni di quelli che erano a Roma, stanno avvicinandosi all’Unione Europea”.
Sicurezza e immigrazione clandestina sono i due dossier più rilevanti del tema balcanico: come influisce il via libera della Turchia all’ingresso in Nato della Finlandia con la gestione dei migranti siriani e quindi con l’intreccio con la rotta balcanica? “Vedo questi due temi solo parzialmente collegati: non dobbiamo dimenticare che nei Balcani la Turchia non è un nuovo arrivato perché ha secoli di presenza alle spalle e guarda ovviamente con crescente interesse all’intera regione. Non da tutti in loco è vista con grande simpatia. Le migrazioni clandestine sono collegate anche al futuro dei Balcani occidentali nella misura in cui più stabilità, più benessere e più sicurezza si diffonderanno in particolare in quei Paesi che hanno ancora delle problematicità sul piano politico, economico e sociale: in questo caso, minore sarà la pressione che verrà da quei Paesi per quanto riguarda l’immigrazione clandestina. Si tratta per la verità di Paesi di transito di un’immigrazione che proviene da altre aree geografiche, quindi c’è un lavoro veramente molto importante da fare anche in tali settori”.
Il ruolo dell’Italia
Secondo Giorgia Meloni i Balcani hanno un’importanza strategica: come si potrà portare più Italia in quell’area? “La premier Meloni – osserva il diplomatico – ha perfettamente ragione: tutta quell’area ha un’importanza strategica per l’Italia. Partire da questo presupposto significa riconoscere che tutta quella regione, e non solo i Paesi intervenuti oggi a Roma, ha una rilevanza strategica per l’Italia. Parliamo di onori e oneri. Questo significa che da parte italiana occorre sviluppare una politica molto più attiva di quanto, purtroppo, non si sia fatto negli ultimi anni. Il rinnovato interesse oggi nei confronti di quella regione da parte del Governo non può che essere visto con enorme favore da chi, per anni, da una parte e dall’altra dell’Adriatico, ha reclamato una presenza maggiore dell’Italia”.
Ma cosa si può fare in concreto? “Penso ad una presenza costante in tutti quei campi nei quali l’Italia ha delle eccellenze che altri partner europei non hanno: la sicurezza dei Balcani equivale alla nostra sicurezza, perché noi siamo confinanti con tutti i Paesi della regione, quindi è chiaro che l’iniziativa del Ministro Tajani è straordinariamente opportuna e tempestiva. Dobbiamo a questo punto tradurre tutto ciò in una serie di strumenti per far sì che vi siano più investimenti, più presenza culturale dell’Italia, più sostegno politico ai processi di avvicinamento alla famiglia europea”.
Criticità
Quali criticità permangono ancora in quella regione? L’Ambasciatore ne individua tre. La prima è una Bosnia ancora alla ricerca di una propria stabilità, innanzitutto etnica prima che politica e istituzionale, alle prese da decenni con divisioni che non facilitano certamente il processo di avvicinamento alla famiglia euroatlantica. “In secondo luogo i problemi del Kosovo e dei rapporti con la Serbia, su cui sono personalmente molto prudente anche rispetto a recenti episodi che sono stati considerati delle aperture significative tra i due Paesi. Li considero aperture importanti, sulle quali però bisognerà lavorare ancora per superare quei dissidi profondamente ancorati nella cultura, soprattutto serba. Infine il ruolo italiano: dovremo saper essere ancora più incisivi nel favorire un’intesa, nel rispetto delle tradizioni di Kosovo e Serbia, a beneficio delle popolazioni dei due Paesi, in particolare i quella che è oggi la minoranza serba in Kosovo”.