Il rimbalzo stimato dall’Istat è positivo ma non ci deve indurre a conclusioni affrettate. Tuttavia conferma che l’Italia nell’Eurozona è uno dei Paesi che cresce maggiormente in termini di Pil. L’economista: “Non sarei sorpreso se una politica economica capace di combinare la disciplina di bilancio con una maggiore libertà di movimento per le imprese rimettesse il Paese sul sentiero della crescita”
Oltre ogni più rosea aspettativa. Il Pil italiano supera, secondo le stime di Eurostat, quello di Francia e Germania attestandosi al secondo posto nell’Eurozona in termini di percentuale di crescita. Non solo. Anche da Istat arrivano segnali incoraggianti: +0,5% rispetto al trimestre precedente e +1,8% rispetto ai primi tre mesi dello scorso anno. Senz’altro una prospettiva che corrobora la linea assunta dal governo guidato da Giorgia Meloni e smentisce su tutta la linea le previsioni catastrofiche ventilate da alcuni detrattori. Ora, bisognerà fare in modo di rendere questa crescita strutturale, cercando di prevedere le dinamiche del mercato. Per capire quali saranno le direttici da seguire, Formiche.Net ha parlato con Nicola Rossi, economista e grande esperto di fisco e dintorni, già al vertice dell’Istituto Bruno Leoni.
Professor Rossi, il Pil italiano supera le stime e si attesta sopra quello di Francia e Germania, al secondo posto in Europa dopo il Portogallo. Come va letto questo dato?
I risultati trimestrali vanno sempre presi con prudenza. Soddisfazione, quindi, per il fatto che una parte importante del risultato previsto per il 2023 sembrerebbe acquisito. Ma per le classifiche aspetterei.
Si tratta di una crescita destinata a perdurare o no?
Come dicevo, sarebbe sbagliato derivare conclusioni eccessive da dati congiunturali. In un senso e nell’altro. Non si recuperano 25 anni asfittici nel giro di qualche trimestre. E qualche trimestre non basta per concludere che siamo di fronte a tassi di crescita del Pil potenziale pari a quelli dei nostri principali partner europei.
Probabilmente questo rimbalzo fa intravedere la possibilità di una “coperta” meno corta per le prossime misure economiche. È così?
Se le buone notizie dovessero ripetersi anche nei trimestri a venire si creerebbe qualche spazio in più. Sarebbe importante poter far partire la riforma fiscale con il piede giusto. Ma ciò non riduce la necessità di dare al processo di revisione della spesa un contenuto meno evanescente di quanto ipotizzato negli anni scorsi.
Dopo l’iniziale inciampo a Montecitorio lo scostamento al Def è stato approvato. Le priorità designate dal governo riguardano la riduzione del cuneo fiscale attraverso uno stanziamento di 3,4 miliardi. Quando si percepiranno i primi effetti di questa misura?
Interventi anche di dimensioni ridotte ma credibili possono avere impatti positivi anche prima della loro effettiva attuazione incidendo sulle aspettative.
Il ministro Giorgetti e il collega Urso sostengono che le stime al rialzo sul Pil siano una risposta concreta ai “profeti di sventura”. Che non sia, in effetti, un primo risultato tangibile di una politica economica oculata e davvero vicina al modo produttivo?
Non vorrei, io per primo, trarre conclusioni eccessive da un dato congiunturale. Ma non sarei affatto sorpreso se una politica economica capace di combinare la disciplina di bilancio con una maggiore libertà di movimento per le imprese rimettesse il Paese sul sentiero della crescita.