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Gli Usa mettono in guardia sui metodi del Partito comunista cinese. E l’Italia?

L’Fbi aggiorna la Camera dei rappresentanti sulla minaccia di Pechino dopo il caso delle stazioni illegali di polizia. Secondo Safeguard Defenders in Italia sarebbero almeno 11. Ecco cosa diceva il ministro Piantedosi a gennaio

“L’Fbi chiama ‘repressione transnazionale’ i pedinamenti, le molestie e le aggressioni del Partito comunista cinese nei confronti di coloro che si oppongono al Partito, ma per la maggior parte degli americani la prepotenza del Pcc assomiglia molto a un comportamento mafioso”. Ad affermarlo è Mike Gallagher, deputato repubblicano del Wisconsin e presidente della neonata Commissione della Camera dei rappresentanti che si occupa della competizione strategica tra gli Stati Uniti e il Partito comunista cinese, dopo un briefing con il Bureau.

Molti membri della commissione, di entrambi i partiti, hanno partecipato al briefing, che dovrebbe essere il primo di una serie di conversazioni con l’Fbi, ha spiegato una fonte di National Review. I membri della commissione hanno avuto l’impressione che l’Fbi stia iniziando a prendere più seriamente le campagne di repressione di Pechino negli Stati Uniti, ma hanno anche avuto la sensazione che il Bureau debba ancora fare di più per combatterle, sia attraverso azioni a livello sia nazionale sia locale, racconta la rivista conservatrice.

Nelle scorse settimane Gallagher aveva organizzato una manifestazione in una ex stazione di polizia illegale del Partito comunista cinese nel centro di Manhattan. Un’occasione per accendere i riflettori sulla minaccia e chiedere all’amministrazione Biden di agire in modo “aggressivo” per difendere la sovranità degli Stati Uniti.

L’esistenza della stazione – che rappresentava una violazione della sovranità americana secondo Christopher Wray, direttore dell’Fbi – era stata rivelata dall’organizzazione per i diritti umani Safeguard Defenders. Un’inchiesta internazionale ha rivelato nei mesi scorsi la presenza di questi “uffici” anche in Italia, che sarebbe al primo posto per il numero di questi presidi sul suo territorio. Nella Penisola se ne troverebbero infatti 11. Istituite formalmente come centri di consulenza per assistere i connazionali all’estero nel rinnovo delle patenti o altre pratiche affini durante la pandemia di Covid-19, le sedi, sostiene Safeguard Defenders, sarebbero piuttosto utilizzate dalla Cina per sorvegliare, perseguire e in alcuni casi rimpatriare gli esuli e i dissidenti, avvalendosi di accordi bilaterali in materia di sicurezza siglati con i governi ospitanti.

A gennaio Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno, aveva spiegato che era “in corso un monitoraggio di massima attenzione” con il comparto intelligence e non aveva escluso “provvedimenti sanzionatori in caso d’illegalità”. Quelle parole rappresentano l’ultima dichiarazione in merito da parte del governo e della Presidenza del Consiglio.

Intanto, negli Stati Uniti, l’Fbi ha creato una pagina web sulla repressione transnazionale che descrive le forme che essa può assumere e che indica alle vittime una linea telefonica per assistenza.

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