Per Alperovitch (Silverado Policy Accelerator), la telefonata al presidente Zelensky serve più agli interessi di Xi Jinping che alla pace. Kiev tuttavia accetta il contatto, così come Washington e Bruxelles, sebbene con scetticismo
Sia Washington che Bruxelles hanno accolto in modo sostanzialmente positivo la telefonata del leader cinese, Xi Jinping, al presidente ucraino, Volodymyr Zelensky — la prima, dopo oltre 14 mesi di guerra, che Pechino continua a sminuire usando il termine “crisi”, più accettato a Mosca. Per gli occidentali, non ci sono spazi per porsi differentemente, nonostante gli scetticismi sul ruolo effettivo che Pechino potrà giocare come mediatore, pacificatore, o facilitatore.
Le reazioni
Gli Stati Uniti temono che la Cina possa fornire armi alla Russia e aiutare Vladimir Putin nell’azione offensiva — o a contenere la controffensiva che Kiev potrebbe lanciare a breve. Le stesse preoccupazioni sono state in qualche modo trasmesse a Xi dai leader europei che sono arrivati a Pechino nelle scorse settimane. Per questo il contatto telefonico con Zelensky riceve feedback positivi. La presidenza Biden ha definito la telefonata “una buona cosa”, la Commissione europea “un buon primo passo”. L’Ue parla sottolinea che la mossa di Xi era “attesa da lungo tempo nell’esercizio delle sue responsabilità” come membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
La considerazione è basica: se la Cina parla con l’Ucraina potrebbe aver maggiormente a cuore la causa. E se la Cina si impegna per cercare di dialogare con Ucraina e Russia allora alleggerirà la posizione su Mosca e non si esporrà fino a fornirgli armamenti — anche perché se l’impegno è per la fine della guerra, alimentarla con nuovo armi non sarebbe utile, tant’è che nel readout cinese della conversazione c’è un passaggio simbolico: “Non butteremo benzina sul fuoco”. Invece, secondo un’intercettazione dell’intelligence russa rivelata da documenti segreti americani trapelati nei giorni scorsi, ci sarebbe un accordo di massima per forniture militari.
Potenza responsabile ma interessata
“La telefonata XI-Zelensky non cambierà sostanzialmente nulla perché né l’Ucraina né la Russia sono interessate a un accordo di pace o addirittura a un cessate il fuoco al momento della presidenza”, commenta Dmitri Alperovitch, presidente del Silverado Policy Accelerator. “Tuttavia, offre a Xi l’opportunità di presentarsi come un pacificatore con il Global South”, aggiunge ragionando con Formiche.net.
Il Global South, il Sud del mondo, è l’insieme di nazioni meno sviluppate a cui Xi rivolge la sua strategia globale. Quelle su sicurezza, sviluppo e civilizzazione sono iniziative che guardano ai Paesi del Global South, i quali per altro sono stati i più colpiti dagli effetti della guerra russa in Ucraina — innanzitutto sul piano dell’insicurezza energetica, alimentare e commerciale. Pechino cerca queste nazioni con intento strategico, esse sono destinate a crescere — si economicamente che demograficamente — e offre loro un modello di govenance dell’ordine mondiale alternativo (competitivo) con quello occidentale.
Un’occasione per Xi
Per Alperovitch, la telefonata offre al leader cinese una buona occasione per “costruire ulteriormente la sua reputazione di leader internazionale in grado di risolvere i conflitti in tutto il mondo, come è stato in grado di fare tra Arabia Saudita e Iran il mese scorso”. E secondo la narrazione strategica cinese, Pechino, portatore di “armonia”, è l’interlocutore di riferimento, il promotore di stabilità e prosperità. Chiaramente la Cina da questo ruolo guadagna prestigio e influenza, attraverso i quali proteggere e curare i propri interessi. Non ultimi quelli legati alla ricostruzione nel caso specifico ucraino — l’Ucraina è infatti parte della Belt & Road Initiative e ha un accordo di partnership strategica con Pechino.
La Cina ha dichiarato che non intende sfruttare la situazione per proprio interesse, sia respingendo critiche e scetticismi sul suo ruolo, sia mandando un’accusa contro gli Stati Uniti. Pechino considera Washington presa ancora da una “mentalità da Guerra Fredda”, interessata a capitalizzare a proprio vantaggio tutti gli affari globali. E l’Ucraina, secondo la narrazione cinese, sarebbe un’occasione ghiotta per gli americani, intenzionati di spingere una “guerra per procura” contro la Russia. D’altronde, i media statali cinesi raccontano la situazione in Ucraina come “promossa” dagli interessi occidentali sin dai moti del 2014
E Putin?
Secondo alcune letture — anche tenendo in considerazione che Xi ha sottolineato tra i doveri imprescindibili attorno alla situazione in Ucraina quello di riconoscere identità e sovranità del Paese — il contatto Pechino-Kiev può rappresentare un indebolimento di Putin. Il presidente russo è più isolato? “La telefonata in sé non indica che la Cina stia per abbandonare la Russia o partecipare al suo ulteriore isolamento”, risponde Alperovitch. Pechino è una “lifeline” per Mosca, acquistando petrolio e gas e commerciando con aziende sottoposte a sanzioni da parte dell’Occidente la Cina contribuisce a tenere viva l’economia russa.
Se è vero che il conflitto offre a Xi un’occasione in più per spingere l’attività globale da cui era mancato per lungo tempo — anche, soprattutto a causa della politica iper restrittiva Zero Covid — la guerra ha strutturalmente indebolito Putin. Va anche detto che nello scetticismo sull’individuare Xi e la Cina come effettivamente neutrali — visti i legami e gli interessi in piedi con Mosca — l’ingresso in campo cinese sul destino diplomatico ucraino può anche essere visto, adesso, come un modo per cercare di annacquare la spinta controffensiva che Kiev è in procinto di lanciare. “Annacquare”, per quanto possibile, non certo fermare: Kiev ha intenzione di mettere a frutto il nuovo supporto militare ricevuto dagli alleati occidentali, e probabilmente non sarà una telefonata da Pechino a cambiare questa decisione.
Lo scenario
Visti i legami della Cina con la Russia, l’antagonismo verso gli Stati Uniti e i suoi alleati e i disegni egemonici su Taiwan, il Paese è tutt’altro che un mediatore perfetto in Ucraina. Ma altri potenziali mediatori, come la Turchia, il Brasile e in precedenza Qatar e Israele, offrono poco del peso politico che la Cina di Xi può esercitare sia a livello internazionale che sulla Russia — che è chiaramente la potenza minore nel suo rapporto con Pechino.
E una volta che la guerra finirà in qualche modo, l’Ucraina cercherà partner economici che l’aiutino a ricostruire, ma dovrà anche trovare qualcuno in grado di rimpiazzare gli scambi commerciali che un tempo aveva con la Russia. Può dunque Kiev non accettare un ruolo cinese adesso, alienandosi il rapporto con Pechino, valutando anche questi possibili scenari futuri?