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Terre rare e sovranità tech. Così l’Ue mira a ridurre la dipendenza dalla Cina

Di Erik Brattberg e Giovanni Medici Tornaquinci

L’Unione europea ha presentato il Critical raw materials act e il Net-zero industry act, due iniziative che fanno parte del Green industrial plan e che mirano a ridurre la dipendenza dell’Ue dalle importazioni di materie prime critiche. La riflessione di Erik Brattberg e Giovanni Medici Tornaquinci (Albright Stonebridge group)

A seguito del vertice Bidenvon der Leyen del 10 marzo scorso, i presidenti statunitense e della Commissione europea hanno concordato di avviare un dialogo per raggiungere un “accordo sui minerali target”. L’obiettivo è quello di garantire alle aziende dell’Unione un libero accesso ai crediti d’imposta dell’Inflation reduction act, Ira, per le batterie dei veicoli elettrici. Di conseguenza, è probabile che sul tema non ci sarà uno scontro a suon di sussidi tra l’Ue e gli Stati Uniti.

Oltre al coordinamento sulle politiche industriali, i due presidenti hanno discusso di sicurezza economica e di sfide comuni in ambito tecnologico, come quelle sullo screening degli investimenti in uscita e sulla limitazione dell’accesso ai semiconduttori avanzati da parte della Cina. Questo tema è tra gli argomenti più scottanti tra i partner, soprattutto a causa del recente accordo tra Stati Uniti, Paesi Bassi e Giappone sulla limitazione dell’accesso ai chip di fascia alta alla Cina.

L’Ue che non ha ancora un approccio coordinato tra i 27 Stati membri sui controlli alle esportazioni, sta valutando la possibilità di adottarne uno. La dipendenza dell’Unione europea dalla Cina, che fornisce il 98% dei minerali di terre rare all’Europa, è vista come una minaccia crescente e il riferimento nella dichiarazione congiunta Ue-Usa alla weaponizzazione delle dipendenze economiche suggerisce che il Trade and technology council, Ttc, la piattaforma-chiave per la cooperazione transatlantica, sposterà significativamente il proprio focus sulla Cina.

Se da un lato, con la guerra in Ucraina, l’Ue si è trovata di fronte alla necessità di ridurre drasticamente le proprie dipendenze, dall’altro, riguardo alla Cina, si sta allineando al punto di vista degli Stati Uniti, sebbene alcuni Stati membri, come la Germania, mantengano atteggiamenti più cauti. In questo contesto geopolitico, una settimana dopo l’incontro tra von der Leyen e Biden, l’Unione europea ha presentato il Critical raw materials act, Crma, e il Net-zero industry act, Nzia.

Le due iniziative, che fanno parte del Green industrial plan dell’Unione, mirano a ridurre la dipendenza europea dalle importazioni di materie prime critiche e a rafforzare la catena di approvvigionamento di tecnologie verdi. Il quadro generale del Crma mira ad alleggerire le norme sugli aiuti di Stato, consentendo ai governi di sovvenzionare progetti strategici, aumentare la capacità e la diversificazione nazionale e monitorare la catena di approvvigionamento per evitare interruzioni.

Inoltre, un nuovo meccanismo introduce finanziamenti speciali e un processo di autorizzazione accelerato per i progetti definiti come strategici. L’Ue prevede di produrre internamente almeno il 10% (rispetto all’attuale 3%) dei materiali ritenuti strategici e di lavorarne ogni anno almeno il 40% entro il 2030, con il 15% del consumo annuale di ciascun minerale proveniente dal riciclaggio. Inoltre, l’Ue aumenterà la collaborazione sulle materie prime critiche con i Paesi terzi ricchi di minerali.

Il provvedimento Nzia, invece, mira a creare un ambiente normativo che possa consentire ad altri attori del Green industrial plan di sovvenzionare l’industria verde, riformare i mercati dell’elettricità e costruire catene di approvvigionamento di minerali critici. Inoltre, la legge introduce l’obiettivo non vincolante di raggiungere il 40% della produzione nazionale di “tecnologie strategiche a emissioni zero”, tra cui le tecnologie per l’elettricità rinnovabile, la cattura e lo stoccaggio del carbonio e le infrastrutture per l’idrogeno.

Quando si parla di riforme delle norme europee sugli aiuti di Stato, è bene notare che le leggi non introducono nuovi sussidi per contribuire a questa transizione. La discussione su un eventuale nuovo fondo Ue per l’energia verde si svolgerà nei prossimi mesi, con le tradizionali argomentazioni degli Stati membri settentrionali scettici nei confronti di una maggiore integrazione fiscale dell’Unione.

Ora che la direzione della politica industriale sull’energia pulita è chiara a livello europeo, gli Stati membri devono trovare un compromesso sulla portata e sull’entità di queste ambizioni. Tuttavia, la necessità di rispondere all’Ira statunitense e di affrontare la dipendenza dalla Cina accelererà probabilmente l’intero processo legislativo sia per il Nzia sia per il Crma, soprattutto in vista delle prossime elezioni europee del maggio 2024.

Il prossimo Ttc, che si terrà nel nord della Svezia a fine maggio, sarà poi un’occasione per l’Unione europea e gli Stati Uniti di dimostrare la loro capacità di risolvere le divergenze e di rafforzare ulteriormente la collaborazione sulle materie prime critiche e sulla tecnologia verde.

Erik Brattberg, senior vice president presso l’Albright Stonebridge group

Giovanni Medici Tornaquinci, tech and energy policy analyst presso l’Albright Stonebridge group

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