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Ucraina, crocifissione russa senza resurrezione cinese

Dalle mosse stile Gattopardo del Presidente cinese Xi Jinping, al massacro di Bakhmut, al marasma energetico ed economico di Mosca: bilancio della seconda Pasqua di guerra in Ucraina di Gianfranco D’Anna

 

Crocifissione senza resurrezione per l’Ucraina. Le cronache pasquali degli oltre 420 giorni di invasione russa mostrano soprattutto gli scenari di disperazione della quotidiana macelleria di militari e civili sul fronte di Bakhmut.

Il miraggio della pax cinese è alimentato dall’attivismo diplomatico di una Cina che però dalla millenaria grande muraglia è passata al muro di gomma di Pechino, sul quale rimbalzano tutte le richieste di mediazione fra Russia e Ucraina rivolte a Xi Jinping.

Senza dire no a nessuno, il nuovo grande timoniere cinese si limita ad infiocchettare repliche diplomatiche destinate a infrangersi sui bagliori dei bombardamenti continui ai quali Mosca sottopone le città ucraine.

Inframezzata dalla visita a Mosca e dai colloqui con Putin, l’imperturbabile Presidente cinese ha inanellato alla vigilia della seconda Pasqua di guerra e sangue in Ucraina, un record di incontri che hanno conferito a Pechino il ruolo di capitale diplomatica del mondo: dal Cancelliere tedesco Scholz, al Premier Spagnolo Sanchez, dal Presidente francese Macron, alla Presidente della Commissione europea Von Der Lyen, fino al vertice congiunto con i Ministri degli esteri dell’Iran e dell’Arabia Saudita.

A tutti Xi Jinping ha assicurato aperture e auspicato una soluzione diplomatica della guerra scatenata dalla Russia di Putin, per lasciare poi tutto sospeso nell’aria a volteggiare sul tentativo di allineare vari paesi europei a Riyadh e Teheran su posizioni filocinesi in relazione al braccio di ferro economico e militare in corso fra Washington e Pechino.

Il baricentro dei tentativi di appeasement con Putin rimane per la Cina lo sbilanciamento dell’alleanza e dell’appoggio dell’Europa nei confronti degli Stati Uniti nell’area dell’indo pacifico.

Area nell’ambito della quale l’Europa attraverso la Nato spalleggia l’alleanza fra Usa, Australia, Gran Bretagna e Giappone che si contrappone all’espansionismo economico e militare cinese.

Evidente il gioco delle parti nel vertice fra Macron, Von De Lyen  e Xi Jinping: se la Francia e l’Europa “frenano” gli Usa in Asia,  la Cina è pronta a fare la sua parte per “convincere” Putin a avviare trattative di pace con l’Ucraina.

In una dichiarazione congiunta, sia Parigi che Pechino si sono impegnate a “sostenere tutti gli sforzi per riportare la pace in Ucraina”. Una dichiarazione generica che non nomina la Russia né condanna l’invasione e che si limita ad invitare le parti a rispettare il diritto internazionale.

Intenti subito spazzati via dalla minacciosa mobilitazione delle esercitazioni anti Taiwan delle forze armate cinesi. Una esercitazione della serie “sbarco in Normandia” che rappresenta l’anticipazione dell’invasione dell’isola.

In attesa di conferma, a parole l’unica concessione al presidente francese e alla presidente della commissione europea del presidente Xi Jinping riguarda la disponibilità a chiamare il presidente ucraino Zelensky. Colloquio già promesso dal leader cinese all’indomani dell’incontro di Mosca.

Sul fronte di guerra, secondo una valutazione dell’intelligence britannica, è probabile che le forze russe abbiano conquistato il centro della città di Bakhmut ferocemente contesa nell’Ucraina orientale e stiano minacciando una via di rifornimento chiave per le forze ucraine verso ovest.

Un’avanzata costata finora all’armata russa circa 20 mila caduti, cifra impressionante comprendente anche i mercenari del gruppo Wagner uccisi.  Un costo di vite umane che sommato allo stratosferico numero di perdite complessive, valutate intorno alle 150.000 vittime alle quali vanno aggiunti altrettanti feriti, rende problematiche ulteriori offensive di Mosca.

Il Cremlino intanto ha vietato ai funzionari governativi di lasciare la Russia senza un permesso speciale, che può essere rilasciato dal Primo Ministro, Mikhail Mishustin, solo per i viaggi ufficiali.

La notizia conferma le indiscrezioni pubblicate dal Financial Times sul sequestro da parte i servizi di sicurezza russi dei passaporti di alti funzionari e dirigenti di aziende statali per impedire i viaggi all’estero.

Il marasma burocratico russo riguarda anche la gestione delle forniture energetiche di gas e petrolio che in parte continuano a transitare attraverso gasdotti e oleodotti che attraversano l’Ucraina. Il greggio infatti continua a fluire dall’oleodotto Druzhba verso la Polonia e la Germania fino a raggiungere  attraverso l’Ucraina le raffinerie nella Repubblica ceca, in Slovacchia e in Ungheria. Paesi che successivamente con camion e treni merci riforniscono di carburante gli ucraini.

A completare il quadro, sui mercati finanziari internazionali, si aggiunge il crollo pre pasquale del rublo. A causa dei ridotti afflussi di valuta estera e della ripresa della domanda in Russia il rublo è scivolato ai minimi toccati da un anno su dollaro ed euro. La valuta russa è infatti sprofondata a 82,4 rubli per dollaro e 90 per euro. Come ironicamente sostiene l’opposizione a Putin, “l’unica cosa su cui a Mosca si può fare sempre affidamento è la vodka”.

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