Un saggio dei due esperti statunitensi di scienze politiche internazionali propone un approccio “fattibile” sull’Ucraina. L’Occidente dovrebbe aiutare Kiev a spingere la controffensiva in preparazione, per poi permettere all’Ucraina di arrivare rafforzata a un tavolo negoziale. A quel punto favorire una soluzione diplomatica con la Russia
La Russia sembra determinata a occupare una porzione più ampia possibile del Donbas, e altrettanto determinata a non cedere niente delle conquiste fatte nel corso della guerra e con l’occupazione di nove anni fa. L’Ucraina sta preparando una controffensiva per rompere il ponte di terra russo tra il Donbas e la Crimea, spianando la strada, come spesso afferma il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, alla possibilità di cacciare completamente le forze russe e ripristinare la propria integrità territoriale.
A distanza di oltre un anno, la guerra russa in Ucraina è ferma. Le due parti sembrano avere limitate capacità di poter vincere e il semi-stallo tattico sul campo si porta avanti sangue e distruzione. Il costo del conflitto è destinato ad aumentare nei prossimi mesi, perché Mosca e Kiev sono interessate a continuare a combattere, e una risoluzione diplomatica secondo quella “pace giusta” di cui si parla da tempo potrebbe essere ancora lontana.
Mentre Russia e Ucraina combattono — una guerra di aggressione contro una di difesa esistenziale — Usa e Ue (e Paesi collegati che hanno appoggiato la linea occidentale, come il Giappone e la Corea del Sud) hanno bisogno di un approccio che riconosca queste realtà senza sacrificare i suoi principi. Il modo migliore per procedere è una strategia in due tempi, suggeriscono in un saggio pubblicato da Foreign Affairs due dei più importanti scienziati politici dei nostri tempi, Charles Kupchan, professore di Georgetown, e Richard Haas, presidente del Council on Foreign Relations (fino a fine giugno, quando sarà sostituito da MichaelFroman).
Per i due esperti, prima dovrebbe essere rafforzata la capacità militare dell’Ucraina e poi, quando la stagione dei combattimenti si concluderà alla fine dell’anno, si dovrà lavorare per portare Mosca e Kiev dal campo di battaglia al tavolo dei negoziati.
“L’Occidente dovrebbe iniziare accelerando immediatamente il flusso di armi verso l’Ucraina e aumentandone la quantità e la qualità. L’obiettivo dovrebbe essere quello di rafforzare le difese dell’Ucraina, rendendo la sua prossima offensiva il più efficace possibile, imponendo pesanti perdite alla Russia, precludendo le opzioni militari di Mosca e aumentando la sua disponibilità a contemplare un accordo diplomatico”, scrivono.
Quando l’offensiva prevista dell’Ucraina sarà terminata, “Kiev potrebbe anche scaldarsi all’idea di un accordo negoziale, avendo dato il meglio di sé sul campo di battaglia e dovendo far fronte a crescenti limitazioni sia per quanto riguarda il proprio personale sia per quanto riguarda l’aiuto dall’estero”, spiegano.
Da qui si dovrebbe aprire il secondo asse della strategia occidentale attraverso il quale presentare entro la fine dell’anno un piano di mediazione per un cessate il fuoco e un successivo processo di pace volto a porre definitivamente fine al conflitto. “Questa strategia diplomatica potrebbe fallire”, anticipano Haas e Kupchan. “Anche se la Russia e l’Ucraina continueranno a subire perdite significative, una o entrambe le parti potrebbero preferire continuare a combattere. Ma mentre i costi della guerra aumentano e si profila la prospettiva di uno stallo militare, vale la pena di insistere per una tregua duratura, che possa prevenire un nuovo conflitto e, meglio ancora, porre le basi per una pace duratura”.
Secondo i due accademici, per oltre un anno, l’Occidente “ha permesso all’Ucraina di definire il successo e di fissare gli obiettivi di guerra dell’Occidente” stesso. “Questa politica, a prescindere dal fatto che avesse senso all’inizio della guerra, ha ormai fatto il suo corso. Non è saggio, perché gli obiettivi dell’Ucraina entrano in conflitto con altri interessi occidentali. E non è sostenibile, perché i costi della guerra stanno aumentando, e le opinioni pubbliche occidentali e i loro governi si stanno stancando di fornire un sostegno continuo”.
Realtà fattuale, sentita negli Stati Uniti – soprattutto tra i Repubblicani, ma anche da una parte consistente più pacifista dei Democratici. Diverso nei Paesi europei, almeno stando a uno studio condotto dall’Ecfr a metà marzo. I dati hanno rivelato una nuova comunanza di vedute tra animi nazionalisti e liberali europei, nonché un miglioramento della percezione di Ue e Usa, che appaiono generalmente più forti al pubblico rispetto a un anno fa.
E però, se questa posizione appare particolarmente pronunciata in Portogallo per esempio, per il 43% degli italiani intervistati si è indebolita. Interessante notare che la Gran Bretagna, pur non facendo più parte dell’Ue, collezioni una larga fetta di popolazione che ritiene che Bruxelles si sia rafforzata. Nel maggio 2022, l’opinione prevalente nei Paesi intervistati era che la guerra dovesse finire il prima possibile. Av un anno di distanza si è registrato un grande cambiamento: in media il 29% preferisce che la guerra finisca il prima possibile, mentre il 38% che l’Ucraina riconquisti prima tutti i suoi territori, anche a costo di una guerra più lunga. Anche in questo l’Italia fa caso a parte, con la maggioranza degli intervistati (41%) che ritiene che la guerra “debba finire il prima possibile”, anche se ciò dovesse comportare perdite territoriali per l’Ucraina in favore della Russia.
Per Haas e Kupchan, gli Stati Uniti, in qualità di potenza globale numero uno, devono riconoscere che “una definizione massima degli interessi in gioco nella guerra ha prodotto una politica sempre più in conflitto con altre priorità americane”. E dunque, come uscire da questa impasse, traslando quelle potenziali problematiche su tutto il piano occidentale?
Se l’Occidente dovrebbe fare di più ora per aiutare l’Ucraina a difendersi e ad avanzare sul campo di battaglia, mettendola nella migliore posizione possibile al tavolo dei negoziati entro la fine dell’anno, nel frattempo Washington nello specifico “dovrebbe seguire una rotta diplomatica che garantisca la sicurezza e la vitalità dell’Ucraina all’interno dei suoi confini de facto, lavorando al contempo per ripristinare l’integrità territoriale del Paese nel lungo periodo”.
Per i due studiosi, questo approccio potrebbe essere troppo per alcuni e non abbastanza per altri. Ma a differenza delle alternative, ha il vantaggio di fondere ciò che è auspicabile con ciò che è fattibile”. Ossia, il saggio di Foreign Affairs fornisce una via di mediazione tra le posizioni di chi vorrebbe una fine immediata dei combattimenti (per vari interessi: nazionalistici, pacifisti, filo-punitinisti) e chi vorrebbe una vittoria totale (e quasi utopica) dell’Ucraina.
(Foto della Difesa canadese)