“Il Pnrr nella sostanza non va cambiato, ma modificato tenendo presente le nuove esigenze e il contesto storico e geopolitico in cui ci troviamo”. Così la ministra all’Università, Anna Maria Bernini. Sull’apertura di Medicina: “Sulla base dei fabbisogni abbiamo creato un’apertura sostenibile sia del corso di laurea che delle scuole di specialità”. Domani Bernini sarà all’inaugurazione dell’anno accademico all’Università di Ferrara assieme al Capo dello Stato
Tu chiamale, se vuoi, suggestioni. La ministra all’Università Anna Maria Bernini tiene a braccetto Vittorio Sgarbi. Sono nella parte che congiunge le due ali del palazzo dei Diamanti. Il gioiello del Rinascimento che ospita la mostra curata dal sottosegretario. “Al di là di ogni aspettativa”. Ed ecco che il Rinascimento diventa il leitmotiv della sua visione di università che deve tornare “a mettere al centro l’uomo e la donna che sapevano fare tutto. Che sapevano di arte, che erano profondamente tecnologici, che sapevano di giurisprudenza e teologia”. “Quale momento storico fu più esemplificativo, in questo senso, se non il Rinascimento?”.
Ferrara è iconica. Domani la ministra sarà all’inaugurazione dell’anno accademico assieme al Capo dello Stato Sergio Mattarella, nel nome di Copernico. Le aspettative sono alte, specie perché la dimensione universitaria ha sì un aspetto più storico ma ne ha un altro altrettanto importante più pratico. Pragmatico. Bernini non si sottrae. Anzi, dice chiaramente che “per garantire a tutti il diritto allo studio bisogna costruire degli studentati”. Che può fare in questo senso il Ministero? “Può fare- risponde Bernini – assieme a comuni, regioni e università co-finanziamenti specifici. Che è poi il nostro obiettivo anche per quanto attiene al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
“Ne abbiamo quarantamila – prosegue Bernini – da qui al 2026 dobbiamo arrivare a quota centomila. Il lavoro per questi studentati deve essere corale. Questo è l’unico modo per vincere la grande sfida di garantire a tutti il diritto allo studio”.
Sul Pnrr la ministra ha le idee molto chiare. “Siamo riusciti a mettere assieme 7.500 posti letto – così la ministra – e siamo in tempo sulla timeline del Piano Nazionale”. Sullo sforzo che il governo sta facendo per ottenere uno slittamento delle tempistiche, Bernini sottoscrive le parole del premier Giorgia Meloni. “C’è un’ottima collaborazione nell’esecutivo – riprende – . Le necessità, anche alla luce del contesto in perenne mutamento, sono cambiate. E dunque, da qui al 2026, sarebbe stupido non cambiare le cose che hanno dimostrato di non funzionare. Il Pnrr nella sostanza non va modificato, va implementato”.
Al di là dell’aspetto più strettamente legato agli alloggi, Bernini individua due “milestones” su cui si sta concentrando il Mur. “Le borse di studio e i centri di ricerca”. Su questi ultimi, in particolare, “ne abbiamo cinque e sono tutti d’eccellenza. La ricerca parla italiano in tutto il mondo e in tutti i settori: dall’agritech all’aerospazio, passando per mobilità sostenibile e big data. Sono tutti nuovi mercati in cui creeremo anche nuove professionalità”.
Il ministro crede molto nel valore dei dottorati industriali. “Hanno un potenziale enorme per i futuri ricercatori – dice Bernini – per le imprese e la loro competitività”. La prima tornata di finanziamenti non è stata accompagnata “da una comunicazione efficace”, ma il ministro non vuole abbandonarli. Per questo il Mur sta portando avanti un lavoro su più fronti.
“Per ogni dottorato innovativo co-finanziato – prosegue la ministra – l’impresa potrà ricevere uno sgravio per assumere a tempo indeterminato due dottori di ricerca, ciascuno del valore di 7.500 euro. Così agevoliamo l’assunzione di 20.000 ricercatori in azienda. È solo l’ultimo dei nostri provvedimenti, stiamo avviando anche una campagna informativa per coinvolgere quante più imprese possibili”.
Lo scoglio medicina. “La cosa da fare – scandisce la ministra – è valutare quali sono i fabbisogni: dall’invecchiamento della popolazione, passando dalla demografia e ai contesti sociali. Tutto questo il ministero l’ha già fatto e abbiamo dunque creato un’apertura sostenibile che arriverà fino al 30% del corso di laurea ma anche delle specializzazione. Altrimenti l’imbuto formativo passerebbe dal corso di laurea alla specializzazione”
“Abbiamo anche avviato un’attività di interlocuzione con le associazioni delle imprese – rimarca la ministra – soprattutto Confindustria, con cui abbiamo iniziato a costruire un percorso di sensibilizzazione. Sempre nell’ultimo decreto Pnrr abbiamo ampliato la platea delle aziende che possono co-finanziare i dottorati innovativi includendo consorzi pubblico-privati, aziende ospedaliere e sanitarie, fondazioni e reti di impresa”
Mentre su Chat Gpt la ministra preferisce non esporsi, sull’intreccio tra mondo del lavoro e università, ha un’idea molto chiara: “Si tratta di una componente fondamentale. L’università permea il territorio che la ospita e le imprese sono la garanzia del futuro. Dunque, se l’università rimane una turris eburnea e non si collega col mondo che la circonda, garantirà una formazione incompleta”.