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Emilia Romagna, il vero problema è la sicurezza del territorio

Nonostante gli allarmi e gli interventi preventivi delle ultime settimane il tragico bilancio dell’alluvione da apocalisse abbattutasi sull’Emilia Romagna ammonisce sull’urgenza della prevenzione e la messa in sicurezza del territorio. L’analisi di Gianfranco D’Anna

Una decina finora le vittime del diluvio che sta devastando l’Emilia Romagna. Sei le persone annegate in provincia di Forlì-Cesena, le altre nel Ravennate nel Bolognese, mentre aumenta il numero dei dispersi.

Il bilancio della strage provocata dall’alluvione da apocalisse che imperversa in 48 comuni allagati e coinvolti dalle frane e sta facendo esondare 21 fra fiumi e corsi d’acqua, è purtroppo destinato ad aumentare man mano che i soccorsi raggiungono le zone isolate.

“La situazione è molto critica”, ha affermato il sindaco di Cesenatico Matteo Gozzoli che ha disposto l’evacuazione di numerose abitazioni. “Prestate la massima attenzione”, fa sapere ai concittadini il sindaco di Cesena Enzo Lattuca, che dichiara di temere una ulteriore esondazione del fiume Savio. “La situazione continua a essere grave in tutta l’Emilia Romagna”, afferma la Protezione Civile e il presidente della Regione Stefano Bonaccini avverte che le “infrastrutture sono state quasi spazzate via”.

Circa 20 mila gli sfollati, che vengono assistiti dall’imponente mobilitazione della Protezione Civile, dell’Aeronautica Militare, Polizia, Carabinieri e Vigili del Fuoco, accorsi anche da altre regioni.

Vittime e devastazioni continue. Alluvioni prevedibili, terremoti imponderabili. È la furia inarrestabile degli elementi che si abbatte sull’Italia commentano media e politici. E invece non è sempre così e spesso non è affatto colpa della violenza della natura, ma dell’incuria e delle omissioni delle amministrazioni locali e della politica. Nonostante l’eccezionalità della spaventosa quantità d’acqua che sta continuando a rovesciarsi sulle zone colpite, come in molte altre situazioni analoghe anche per l’alluvione in Emilia Romagna si è costatato che una non sufficiente o peggio nessuna prevenzione equivale a maggiore devastazione.

La messa in sicurezza del territorio e del patrimonio artistico e immobiliare, è una pratica sconosciuta ed eseguita in minima parte ed in genere paradossalmente attuata soltanto dopo gli eventi che hanno devastato intere regioni. Gli esempi sono infiniti, come pure le vittime e i danni esponenziali.

Eppure nonostante l’esperienza di molti Paesi, a cominciare dal Giappone, che riescono a ridurre al minimo le conseguenze di terremoti e sconvolgimenti climatici, in Italia non si riesce a avviare un sistematico piano di messa in sicurezza, pubblico e privato.

Non si previene e non si ricostruisce, anche se i circa 200 miliardi necessari per il consolidamento immobiliare e la manutenzione del territorio, non solo eviterebbero danni e perdite di vite umane mille volte maggiori, ma costituirebbero il volano economico di una effettiva ripresa industriale e occupazionale.

Una ripresa che assicurerebbe la salvaguardia delle città d’arte e delle infrastrutture. E anche un enorme business virtuoso di opere pubbliche in grado di far risalire in fretta all’Italia la classifica dei paesi più sviluppati e che riescono a scongiurare o a ridurre al minimo le conseguenze di quelli che, attualmente, sono i tragici e ricorrenti disastri annunciati.



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