Nelle sue dodicesime e ultime Considerazioni finali, il governatore di Bankitalia loda la grande reazione italiana alla crisi innescata dalla pandemia e allo tsunami dell’inflazione, certificata dalle stime al rialzo del Pil giunte da Istat e Moody’s. Ma avvisa il governo. Niente ribaltoni sul Pnrr, bisogna fare in fretta. E il salario minimo può servire. La Bce? Basta con le fughe in avanti
Il retrogusto era quello del lascito. Non poteva essere altrimenti dopo dodici anni alla guida della Banca d’Italia. Ignazio Visco, che il prossimo mese di novembre prenderà congedo da Palazzo Koch dopo aver preso il testimone da Mario Draghi nell’ormai lontano novembre del 2011, ha tenuto le sue ultime Considerazioni finali. Forse le più importanti, le più delicate, le più attese. In dodici anni il mondo è cambiato e con esso l’Italia. Gli ultimi tre, poi, sono stati un vero e proprio spartiacque per la finanza, l’economia, la società.
Prima la pandemia, con le industrie ferme e i bilanci delle banche imbottiti di prestiti in sofferenza, poi la grande inflazione e la fine della stagione del costo del denaro a zero, con le prime vere fiammate sui mutui e la conseguente battaglia in Europa per ammorbidire la linea oltranzista della Bce. Infine la guerra in Ucraina, con tutti gli effetti, emotivi e non, immaginabili. Per questo le parole di Visco, incastonate in poco meno di 30 pagine erano più che mai attese dalla folta platea accorsa a Via Nazione 91. Tra i presenti, Alberto Nagel, ceo di Mediobanca, Massimo Tononi, presidente di Banco Bpm, lo stesso Draghi, il presidente di Intesa San Paolo, Gian Maria Gros Pietro e Marco Tronchetti Provera.
Prima questione, la resistenza italiana all’urto della crisi. E dell’inflazione. E qui Visco è partito con una buona dose di ottimismo. “Le previsioni oggi disponibili convergono su un aumento del prodotto intorno all’uno per cento, mentre a fronte degli shock di intensità inusitata degli ultimi anni, l’economia ha mostrato una notevole capacità di resistenza e reazione”, ha messo subito in chiaro il governatore. Proprio nello stesso giorno in cui Istat e Moody’s hanno alzato le stime della crescita italiana.
“Già alla fine del 2021 il prodotto aveva recuperato il crollo registrato nei trimestri successivi allo scoppio della pandemia; ha continuato poi a espandersi lo scorso anno nonostante le difficoltà poste dalla guerra in Ucraina, con un incremento del 3,7 per cento, ben superiore alle attese. Anche il mercato del lavoro ha pienamente riassorbito il forte calo dell’occupazione, che aveva soprattutto riguardato i giovani e le donne. Nel primo trimestre di quest’anno la crescita dell’economia ha di nuovo superato le attese”.
Insomma, l’Italia, meglio di Francia e Germania, è uscita con le ossa meno rotte dalla pandemia. La quale “ha colpito il Paese quando esso non aveva ancora pienamente recuperato i danni inferti da quella duplice crisi, quando ancora l’introduzione lenta e frammentata delle necessarie riforme stentava a sciogliere i nodi che frenano il nostro sviluppo. Ma l’Italia ha superato questa terza gravissima crisi, così come lo shock energetico seguito all’aggressione russa all’Ucraina, meglio di quanto ci attendevamo”.
L’IMPERATIVO DEL DEBITO
Attenzione però a non dormire sugli allori. Il capitale accumulato va messo a reddito. E qui Visco ha tirato nuovamente in ballo il nemico pubblico numero uno della crescita italiana. “Ridurre la dimensione del debito pubblico è una priorità della politica economica, indipendentemente dalle regole europee. Un alto debito impone che una quota elevata delle entrate pubbliche sia destinata al pagamento di interessi invece che a impieghi produttivi e pone seri problemi di equità tra le generazioni e rende più difficile l’adozione di misure anticicliche, oltre a generare incertezza per gli operatori economici”.
“Indipendentemente dalle cause che lo hanno portato agli attuali livelli, è oggi prioritario dare continuità al processo di consolidamento avviato nell’ultimo biennio. A questo fine, dato il fisiologico, graduale, aumento dell’onere per interessi, che riflette anche la normalizzazione della politica monetaria, è necessario un ritorno a significativi avanzi primari, come quelli programmati per il medio termine nell’ultimo Documento di economia e finanza”, ha sottolineato il numero uno di Via Nazionale. Il mercato, insomma, va rassicurato a colpi di prudenza e oculatezza. “Il mantenimento di una gestione prudente delle finanze pubbliche costituisce un segnale importante di credibilità e contribuisce a comprimere i rendimenti dei nostri titoli di Stato, avvicinandoli a quelli di altri grandi paesi dell’area dell’euro. Per la riduzione dell’incidenza del debito resta centrale il conseguimento di tassi di crescita stabilmente e sufficientemente elevati”.
SALARIO MINIMO MA CON GIUDIZIO
Entrando poi nel merito della politica economica del governo, Visco ha dato una sponda al salario minimo (l’esecutivo ha più volte, invece, auspicato la necessità di ridurre in modo più incisivo il costo del lavoro). “In Italia i contratti di lavoro atipici hanno migliorato la ripresa dell’occupazione, mentre lo scorso anno con il miglioramento dell’economia è cresciuta notevolmente la trasformazione di contratti temporanei in permanenti. In molti casi, però, il lavoro a termine si associa a condizioni di precarietà molto prolungate; la quota di giovani che dopo cinque anni ancora si trova in condizioni di impiego a tempo determinato resta prossima al 20 per cento. Troppi, non solo tra i giovani, non hanno un’occupazione regolare o, pur avendola, non si vedono riconosciute condizioni contrattuali adeguate. Come negli altri principali paesi, l’introduzione di un salario minimo, definito con il necessario equilibrio, può rispondere a non trascurabili esigenze di giustizia sociale”.
NIENTE RIBALTONI SUL PNRR
Altro tema caldo, il Pnrr, su cui Palazzo Chigi è impegnato in un fruttuoso confronto con l’Europa. Qui la linea di Bankitalia è chiara, sì ai ritocchi ma no agli stravolgimenti. “Miglioramenti del Pnrr sono possibili. Nel perseguimento di eventuali modifiche bisogna però tenere conto del serrato programma concordato con le autorità europee. Al riguardo, un confronto continuo con la Commissione è assolutamente necessario, nonché utile e costruttivo. Ma non c’è tempo da perdere”.
Non è tutto. “Si discute di presunte insufficienze nel dibattito collettivo riguardo al suo disegno, dell’orizzonte temporale limitato per il raggiungimento degli obiettivi, delle possibili carenze nella capacità di attuarne le misure, ma va sottolineato con forza che il Piano rappresenta un raro, e nel complesso valido, tentativo di definire una visione strategica per il Paese. Anche per questa ragione oltre agli investimenti e agli altri interventi di spesa, è cruciale dare attuazione all’ambizioso programma di riforme, da troppo tempo attese, in esso contenuto”.
BASTA FUGHE IN AVANTI SUI TASSI
Non poteva mancare poi nelle Considerazioni, un passaggio sul grande problema di questi mesi, l’improvviso e forse eccessivo cambio di rotta nella politica monetaria da parte della Bce. Via Nazionale ha sempre chiesto prudenza e gradualità. E anche oggi l’appello è stato ribadito. “Dopo aver portato i tassi di riferimento in territorio restrittivo, ora la Bce dovrà procedere con la necessaria gradualità nel proseguimento della manovra monetaria. Occorre prestare attenzione a che l’intensità della sua trasmissione non dia luogo a una frenata eccessiva dei consumi e degli investimenti”.
Visco quindi ha rilanciato i richiami alla prudenza su cui si è più volte speso nelle ultime settimane e mesi. “La sfida è impegnativa. Di fronte al violento shock determinato dai rincari energetici, è necessario ricercare un equilibrio tra il rischio di una restrizione insufficiente, che potrebbe portare a un radicamento della dinamica inflazionistica nelle aspettative e nei processi di determinazione dei redditi nominali, e quello di un inasprimento sproporzionato che potrebbe ripercuotersi troppo intensamente sull’attività economica, e avere riflessi negativi sulla stabilità finanziaria e, in ultima analisi, sulla stessa stabilità dei prezzi nel medio termine”. In soldoni, “l’orientamento della politica monetaria deve continuare a essere definito in modo da garantire un rientro progressivo, ma non lento, dell’inflazione verso l’obiettivo”.