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Il governo cinese può spiare gli utenti Tiktok, parola di ex dirigente

Yintao Yu, che ha lavorato per l’azienda tra il 2017 e il 2018, ha accusato la sua vecchia azienda di aver illegalmente copiato i post di Instagram e Snapchat e di aver creato un esercito di bot per aumentare le interazioni. Ha inoltre certificato l’ingerenza del governo centrale: dove siano archiviati i dati è “irrilevante”, visto che l’accesso è consentito ovunque

Un piano per rubare i segreti delle piattaforme rivali, frutto della “cultura dell’illegalità” che regna all’interno di ByteDance, quella che sarebbe “un utile strumento di propaganda per il Partito Comunista”. Nella denuncia depositata alla Corte Superiore di San Francisco per licenziamento illegittimo, l’ex capo del reparto ingegneristico della società cinese negli Stati Uniti, Yintao Yu, non la tocca affatto piano. È infatti durissimo l’attacco alla sua vecchia società, per cui è stato dirigente dal 2017 al 2018, prima di essere fatto fuori in quanto avrebbe espresso preoccupazione per il modus operandi dell’azienda, una chiara violazione della proprietà intellettuale.

Non solo perché, in base al suo racconto, il governo centrale cinese terrebbe i fili di ByteDance, avendo al suo interno un’unità di membri del Pcc che “guidava il modo in cui la società portava avanti i valori fondamentali del comunismo”, intervenendo laddove lo ritenesse opportuno. “il Comitato ha mantenuto l’accesso supremo a tutti i dati aziendali, anche a quelli archiviati negli Stati Uniti”. Si tratta dell’ennesima conferma dell’influenza diretta che Pechino riveste su TikTok, di proprietà di ByteDance, certificando le paure degli americani su un’interferenza volta a diffondere la propria propaganda e pubblicizzando i contenuti che le piacciono. Ad esempio su Douyin, la versione cinese di TikTok, gli ingegneri avrebbero ritoccato l’algoritmo per promuovere contenuti anti-giapponesi.

Da quanto scrive il New York Times, che ha riportato la storia, la società avrebbe anche illegalmente copiato video e post di altre società concorrenti, come Instagram e Snapchat, all’oscuro del furto subito. Per dopare i numeri, inoltre, ByteDance avrebbe creato un esercito di bot, così da aumentare le interazioni.

Tutto questo, Yintao Yu lo avrebbe raccontato ai suoi superiori che tuttavia lo avrebbero messo a tacere, non considerando un grosso problema quello che aveva da dire. Eppure di contenuti interessanti, e inquietanti, ce n’erano. Come quello sull’accesso della Cina ai dati di utenti stranieri, compresi quei 150 milioni di americani registrati su TikTok. Sebbene sia in corso una trattativa tra l’azienda e la Casa Bianca, che dovrebbe portare alla realizzazione del Project Texas, l’ex dirigente ha affermato che Pechino può entrare sempre in possesso delle informazioni riservate. Dove siano archiviati è “irrilevante”, ha detto, visto che l’accesso backdoor è consentito ovunque.

La società ovviamente respinge tutte le accuse che le vengono lanciate addosso come pietre. ByteDance “si opporrà vigorosamente a quelle che riteniamo essere affermazioni e accuse infondate in questa denuncia”, si legge in una mail. “Il Sign. Yu”, aggiungono, ha lavorato per la società “per meno di un anno e il suo rapporto di lavoro è terminato a luglio 2018. Durante il suo breve periodo in azienda, ha contribuito a un’app chiamata Flipagram, interrotta anni fa per motivi commerciali”.

Niente di nuovo, dunque. ByteDance riceve critiche molto pesanti ma, con una naturalezza estrema, si dichiara infallibile nel suo modo di agire. A ogni attacco corrisponde una strenua difesa della società, ma così facendo le convinzioni di Washington sui rischi alla propria sicurezza non possono che rafforzarsi. E così quelle di Londra, Bruxelles e via dicendo. La denuncia di Yintao Yu potrebbe anche essere una ripicca nei confronti dell’azienda che lo ha liquidato, ma sarebbe sciocco non collegarla a tutti gli avvertimenti lanciati prima del suo.

 


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