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Il contagio cinese colpisce le amministrazioni locali. Le scuole finiscono all’asta

Nelle remote province del Dragone, devastate dalla crisi immobiliare e da due anni di lockdown forzati, per cercare di fare cassa e pagare i fornitori si è arrivati a vendere i beni delle amministrazioni, a cominciare dalle scuole. E anche le pensioni verranno tagliate​

Adesso sta succedendo per davvero. Nella lontana e remota provincia cinese, l’economia comincia a sgretolarsi, un pezzo alla volta. Non è la prima volta che dagli angoli dell’ex Celeste Impero arrivano segnali di cedimento strutturale. L’immenso debito accumulato dalle amministrazioni locali ha negli anni imbalsamato lo spazio finanziario dei territori, impedendone gli investimenti: dall’edilizia, passando per le infrastrutture e i rimborsi delle rate legate ai mutui concessi dalle banche.

Un avvitamento che nel tempo è diventato letale e che ora rischia di compromettere la già fragile ripresa cinese (è un miracolo se Pechino riuscirà a rispettare il target posto a inizio anno del 5%, nel 2023). Adesso i nodi cominciano ad arrivare al pettine. Molte amministrazioni locali, infatti, hanno smesso di pagare i fornitori, di onorare gli impegni con gli istituti e persino di versare gli stipendi. Tutto questo, che accade nella seconda economia globale, per un motivo molto più semplice: nelle casse degli enti locali cinesi non c’è più liquidità. Forse è colpa della crisi immobiliare o forse due anni e mezzo di politica zer-Covid hanno devastato le economie periferiche. Fatto sta che il conto è servito.

Non è un caso se, proprio per tentare di raggranellare qualche soldo, le stesse amministrazioni sono arrivate a mettere in vendita le mura delle scuole, tagliando addirittura le pensioni e i contratti dei docenti. A dare la cifra della situazione, c’è il caso di Guizhou, una delle province più povere della Cina situata nel sud-ovest montuoso del Paese. La quale ha fatto appello a Pechino per un potenziale salvataggio per evitare il default sul proprio debito.

Il Center for Development Research, un centro di ricerca affiliato al governo provinciale, ha affermato che i livelli di indebitamento di Guizhou sono diventati una “questione significativa e urgente”. Non è tutto. Nel 2022, ciascuna delle 31 province e municipalità cinesi, ad eccezione di Shanghai, ha riportato deficit finanziari.

E pensare che, come raccontato da questa testata, nell’ultima riunione del Politburo del Partito comunista, il massimo organismo decisionale cinese, il tema del debito è stato affrontato nemmeno dieci giorni fa. Gli alti dirigenti e i vertici delle autorità di vigilanza finanziaria hanno spiattellato sotto gli occhi del leader cinese, Xi Jinping, la drammatica situazione delle finanze cinesi. Una montagna di debito, sovrano o corporate, fa poca differenza, allocato per la la maggior parte nelle lontane e immense province cinesi.


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