Sulla Commissione antimafia si sono registrati alti e bassi, ma sempre all’insegna della strumentalizzazione effettiva. Il corsivo di Andrea Cangini
Dai diari di Indro Montanelli, 25 ottobre 1966: “Castiello (capo della segreteria del presidente democristiano del Senato Cesare Merzagora, ndr) mi dice che nella relazione segreta della Commissione antimafia del Senato ci sono cose da rabbrividire: tra l’altro la prova che un deputato liberale ha fatto liquidare a lupara un suo avversario. ‘E ora’, chiedo, ‘che ne faranno di tutta questa roba?’ ‘Quello che ne hanno sempre fatto. L’affideranno a un Ferrarotti qualunque che la tradurrà in sociologia’”.
Si coglie, nelle parole dell’influente tecnico di area democristiana riportate dal grande giornalista, un pregiudizio nei confronti della sociologia, evidentemente intesa come una scienza parolaia fine a se stessa. Si coglie anche un giudizio implicito sulle potenzialità della commissione Antimafia, evidentemente intesa come un alato simposio strutturalmente inadatto ad incidere sulla realtà e naturalmente affine, per vacuità, alla più vacua tra le scienze sociali: la sociologia, appunto.
Ecco, è difficile sostenere che da allora le cose siano cambiate. Non si ricordano attività della commissione Antimafia particolarmente incisive nel contrasto alla criminalità organizzata. Si ricorda, invece, che più d’un presidente ha utilizzato il proprio status a fini politici dando corpo a quello che l’ex parlamentare radicale Massimo Teodori ha definito “l’anomalo uso politico-propagandistico dell’istituzione costituzionale di controllo”.
In questo senso, il caposcuola è stato l’ex magistrato Luciano Violante, presidente dal ‘92 al ‘94. Erano gli anni del passaggio giudiziario dalla Prima alla cosiddetta Seconda repubblica, erano gli anni delle stragi di mafia ed erano gli anni in cui prendeva corpo la fiction giudiziaria della trattativa Stato-mafia. Sull’HuffingtonPost, Teodori l’ha raccontata così: “Per tutti gli anni Ottanta il Pci aveva tentato di riallacciare i rapporti di potere con la Dc di Andreotti per ricreare le condizioni che avevano costituito il contesto del compromesso storico tra il 1976 e il 1979. Quando quelle speranze svanirono, Violante da presidente dell’antimafia ritenne opportuno mandare gli incartamenti riguardanti Andreotti alla procura di Palermo che era in mano ai magistrati che armeggiarono intorno al bacio di Andreotti a Riina”.
Da allora sì sono registrati alti e bassi, ma sempre all’insegna dell’inconcludenza complessiva e della strumentalizzazione effettiva. Inconcludenze e strumentalizzazioni che hanno raggiunto l’apice con la presidenza del grillino Nicola Morra.
Tutto questo per dire che non sarà una foto scattata assieme all’ex terrorista nero Luigi Ciavardini a fare della commissione Antimafia presieduta da Chiara Colosimo nulla di diverso da quel che fu e, probabilmente, da quel che continuerà ad essere.