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Cosa raccontano i dati predittivi su Brescia e Bergamo Capitali Italiane della Cultura

Quello che emerge dall’analisi di questa comunicazione è il riflesso di una visione che si sta sempre più affermando anche dal punto di vista strategico: la Capitale Italiana della Cultura è un evento che, per una serie di ragioni, parla di cultura. In quanto evento, quindi, è giusto misurarlo con affluenze, ed è giusto calcolarne gli impatti in termini di guadagni per alberghi, ristoranti ed esercizi di prossimità. L’intervento di Stefano Monti

La prima reazione naturale, di fronte a chi afferma, seppur velatamente, che soltanto di turismo la nomina a Capitale della Cultura implicherà per le due città un impatto economico di circa 700 milioni di euro è chiaramente diffidenza.

Il tono della comunicazione ne rivela in modo epidermico l’intento comunicativo, e siamo ormai tanto subissati da numeri e cifre sbalorditive che abbiamo sviluppato un particolare olfatto intellettivo che, semplicemente, impedisce che lo stimolo possa realmente impressionarci come vorrebbero i copywriter che adottano queste strategie.

Un tempo, probabilmente, la risposta sarebbe stata quella di approfondire le metodologie utilizzate, il livello di errore, la numerosità del campione, ecc.

Oggi, invece, assuefatti ormai da comunicazioni che promettono il completo risollevamento dell’economia grazie ad un museo, all’apertura di un’area archeologica o alla nomina di questa o quella capitale, possiamo analizzare questi dati in modo differente: non guardando ciò che affermano, ma cercando di capire cosa vorrebbero trasmettere.

Un celebre aforisma di Oscar Wilde recita: ogni uomo mente, ma dategli una maschera e sarà sincero.

Per quanto abusata, questa riflessione può essere però estremamente utile quando si analizza questa tipologia di comunicazione: proprio come la maschera svela più sull’uomo che sulla sua finzione, così la statistica aiuta a comprendere “verità” che vorrebbero essere poste in secondo piano dai numeri.

Guardando dunque l’intera comunicazione che è stata divulgata, sono molteplici le considerazioni che possono essere condotte.

In primo luogo i destinatari della comunicazione: la comunicazione non è infatti rivolta al grande pubblico. Almeno non direttamente. Dal tono e dalle informazioni fornite pare piuttosto che la comunicazione sia stata realizzata per essere successivamente “ripresa” da altre testate giornalistiche o da webzine.

Questo tipo di struttura rivela quindi una dimensione importante: la volontà di diffondere, principalmente attraverso titoli “esclamativi”, la notizia che Brescia e Bergamo saranno meta privilegiata per tantissimi italiani. Ora, c’è solo un motivo per cui un’analisi degli impatti (a prescindere dalla veridicità) di un’iniziativa culturale ambisca ad essere diffusa in modo così comunicativo: la volontà di generare flussi per emulazione. È un fenomeno ben noto: nessuno entra in un locale vuoto, ma se c’è fila per entrare, la fila tenderà a crescere.

La cosa interessante, tuttavia, è l’argomento che è stato scelto per indurre tale fenomeno di emulazione: l’impatto economico generato dai flussi turistici. Non si tratta di una dimensione da trascurare. In pratica si sta affermando che la nomina a Capitale Italiana della Cultura sarà un successo perché ci andranno tantissime persone.

La comunicazione continua, poi, citando i motivi, e dicendo che di quella parte del campione che ha risposto di essere consapevole che Brescia e Bergamo, e che ha risposto che è propria intenzione visitare tali città perché attratti da questa circostanza, la metà ha dichiarato di volerlo fare per visitare mostre e musei, seguita dalla volontà di gustare prodotti tipici.

Anche in questo caso c’è uno scopo specifico: coinvolgere direttamente albergatori e ristoratori e dare loro statistiche confortanti.

Fa riflettere col sorriso l’argomentazione successiva: “Importante anche il ruolo delle performance artistiche, dato che il 36% degli intervistati dichiara che intende assistere agli eventi e spettacoli organizzati per l’occasione”.

Quello che emerge, in sintesi, dall’analisi di questa comunicazione è il riflesso di una visione che si sta sempre più affermando anche dal punto di vista strategico: la Capitale Italiana della Cultura è un evento che, per una serie di ragioni, parla di cultura.

In quanto evento, quindi, è giusto misurarlo con affluenze, ed è giusto calcolarne gli impatti in termini di soldini guadagnati da alberghi, ristoranti ed esercizi di prossimità.

Ancora, in quanto evento, l’analisi degli impatti è giusto che si limiti all’anno in cui tale evento si verifica. Una politica culturale può sicuramente incrementare i flussi turistici nel medio periodo ma difficilmente un evento può farlo, né tantomeno ambisce a farlo.

Un evento con tanti eventi per creare un impatto immediato e tangibile. Il fatto che si tratti di Cultura, poi, passa completamente in secondo piano. Si tratta, in fondo, di un riflesso di quella dicotomia tra politiche di ampio respiro e necessità di mostrare gli impatti immediati delle proprie azioni. Ben vengano gli eventi, dunque. Sono le regole del gioco. Vale però la pena ricordare che tuttavia, il nostro Paese, oltre agli eventi, avrebbe bisogno anche di politiche culturali. Per valorizzare quello che i visitatori poi guardano dentro i musei, e non concentrarsi soltanto, come bagarini istituzionalizzati, sul numero di biglietti venduti.


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