Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Il progetto sui detenuti dell’Asi Caserta sbarca all’Onu. Parla Pignetti

Da Caserta alle Nazioni Unite. Il progetto di integrazione lavorativa della popolazione detenuta diventa una “best practice”. Le visite delle delegazioni Onu e il riconoscimento del ministero della Giustizia. Conversazione con Raffaela Pignetti, presidente del consorzio Asi

Dal buio della reclusione alla luce del riscatto. Non esistono i miracoli, ma ci sono storie straordinarie che aiutano a dipingere una prospettiva di speranza. Se è vero che il livello di civiltà di un Paese si misura anche dalle condizioni in cui vive la popolazione detenuta, si può dire che quella di Caserta ha avuto fortuna. Si chiama “Mi Riscatto per il futuro”, ed è un progetto che consente di promuovere e realizzare un percorso di reinserimento sociale e inserimento nel mondo del lavoro dei soggetti detenuti, impiegandoli in attività di lavoro di pubblica utilità. Alla base di tutto c’è un protocollo d’intesa sottoscritto nel dicembre 2019 tra il consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale della provincia di Caserta, il dipartimento dell’amministrazione Penitenziaria-ministero della Giustizia, il provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria e il Tribunale di Sorveglianza di Napoli. Ora il progetto è diventata una “best practice” europea, attenzionata all’Onu. L’artefice di questo piccolo squarcio di fiducia è Raffaela Pignetti, presidente del consorzio Asi.

Presidente Pignetti, le Nazioni Unite stanno attenzionando il progetto prendendolo a modello. Ma riavvolgiamo il nastro, partendo dai numeri. Quanti detenuto ha coinvolto il progetto?

Il progetto è in piena fase esecutiva, ha già visto il completamento di due cicli dei percorsi formativo-professionali presso gli Istituti penitenziari di Santa Maria Capua Vetere, Carinola e Aversa; percorso cui è seguito l’avviamento dei progetti così come previsti nel Piano di Lavoro. Tra il 2020 e il 2021 è partita la prima fase. Sono stati avviati 56 detenuti ai corsi di formazione professionale teorica e pratica. A termine del ciclo formativo i detenuti che hanno ottenuto la certificazione hanno svolto lavori di pubblica utilità nelle aree industriali. Nel 2022 si è svolto il secondo ciclo formativo che ha coinvolto altri 45 detenuti. Da alcune settimane sono operative le nuove squadre di lavoro nelle aree industriali.

Quali sono le attività che sono state messe in campo dai detenuti?

Il programma dei lavori è stato stabilito dal tavolo tecnico di coordinamento e programmazione permanente, con i rappresentanti degli Enti sottoscrittori del protocollo e i dirigenti degli Istituti penitenziari coinvolti per l’attuazione dei programmi. Il consorzio Asi Caserta ha redatto le linee guida e il Piano Lavoro degli interventi e delle attività previste: manutenzione del verde e delle sedi stradali, valorizzazione dei territori ricadenti nell’area industriale della provincia di Caserta. Le aree di intervento sono gli agglomerati industriali di Marcianise-San Marco, Caserta, Ponteselice, Aversa Nord e Volturno Nord.

La rieducazione coglie, peraltro, un principio costituzionale che spesso in Italia è calpestato. 

Sì, infatti questo è a ben guardare il senso profondo del nostro progetto. Per la verità si tratta di rispettare semplicemente ciò che sta scritto in Costituzione. Anche se, date le condizioni in cui versano gran parte delle carceri italiane, spesso non si ottemperano a questi principi.

Come è arrivata l’attenzione dell’Onu?

Abbiamo avuto due visite di delegazioni Onu: quella di Vienna e la seconda di Città del Messico, luogo nel quale abbiamo avviato un interessante progetto di per la realizzazione di pannelli fotovoltaici, beneficiando della collaborazione con Enel. L’Onu ha valutato il “modello Asi Caserta” come possibile best practice di sviluppo sostenibile, promozione della cultura della legalità e di cooperazione pubblico-privato esportabile a livello internazionale.

Ecco, l’altro punto di forza è senz’altro la collaborazione proficua tra pubblico e privato. Qual è stato il percorso sotto questo profilo?

C’è stato un grande sforzo in particolare da parte delle imprese casertane che, malgrado i pregiudizi, si sono dimostrate molto aperte nell’accogliere i detenuti e integrarli nelle attività lavorative. Il lavoro è stato, in una certa misura, anche di tipo culturale: abbiamo dimostrato agli imprenditori che la popolazione detenuta è potenzialmente una risorsa. A maggior ragione in un momento storico nel quale la manodopera scarseggia.

×

Iscriviti alla newsletter