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​Leonardo, Assogestioni e quella sorpresa che tale non è. La versione di Maffè

La sconfitta nell’assemblea della lista di Assogestioni, battuta dai soci esteri guidati dal fondo Greenwood è una lezione di buona governance e visione globale del mercato. Che la politica dovrebbe imparare, dice l’economista della Bocconi

Il colpo di scena c’è tutto, almeno per un occhio poco attento alle regole del libero mercato.

I fatti. L’assemblea degli azionisti di Leonardo ha estromesso dal board dell’ex Finmeccanica i consiglieri indicati dai fondi italiani azionisti di Piazza Monte Grappa, raggruppati in Assogestioni. E questo per far posto ad altri membri, proposti da altri soci, esteri e gravitanti intorno al fondo americano Greenwood. Con Roberto Cingolani ceo e Stefano Pontecorvo presidente e gli altri sei consiglieri espressi dal Mef, a conquistare i quattro posti nel board a disposizione degli azionisti di minoranza è stata perciò la lista presentata dal fondo Usa Greenwood.

E non quella più italocentrica di Assogestioni. Tutto ciò nei giorni in cui in un’altra partecipata dallo Stato e quotata, Enel, alcuni fondi (a differenza di Greenwood, che sostiene il tandem Cingolani-Pontecorvo, molto poco allineati alla scelta del management indicata dal governo), stanno mettendo in discussione parte della futura governance dell’azienda. Tutto normale? O pericoloso precedente? Carlo Alberto Carnevale Maffè, economista e saggista in forza alla Bocconi ha pochi dubbi. No, non c’è nessuno scandalo, quanto visto a Leonardo dovrebbe essere la norma, pane quotidiano per le grandi imprese che vogliono competere sui mercati internazionali. E il perché lo spiega a Formiche.net.

“I fondi fanno il loro mestiere, chiedono e pretendono una governance trasparente, partiamo da questo. Dovremmo farci spiegare dal governo, semmai, perché si ostina a considerare le aziende partecipate come una sua proprietà. Non è così. Si parla spesso di nomina, ma nomina è una parola sbagliata. La politica non nomina un bel niente. Semmai la politica candida, ma è l’assemblea che nomina”, spiega Maffè. “Per questo quanto visto a Leonardo è normale e giusto, perché l’assemblea è sovrana. E poi, vogliamo dirla tutta? Assogestioni non ha fatto in questi anni l’attore indipendente, bensì lo sparring partner del governo in carica. Dunque, è ovvio che quando hai un’associazione di fondi italiana che non è stata indipendente, gli altri fondi si coalizzano per cercare una maggiore indipendenza”.

Non è finita. “Qui bisogna tornare a parlare di governance. Lo scandalo è l’atteggiamento di chi considera una società quotata proprietà del governo. Facciamo l’esempio di Enel, serve una governance che rappresenti un’azienda internazionale quale essa è. Per questo i fondi fanno bene a chiedere una governance il più qualificata possibile”, prosegue Maffè. “Il rischio è che finiamo col fare capitalismo da operetta e di far fuggire gli investimenti, i cervelli, i talenti. Chi viene in Italia se il governo contamina la governance di un’azienda di simili dimensioni. Ripeto, quanto visto a Leonardo è normale. Si chiama mercato libero, giusto o sbagliato lo si vedrà dai risultati. E aggiungo, se le aziende non hanno una buona governance, indipendente non quotano in Borsa e non distribuiscono dividendi. E ci rimette anche l’azionista”.

 


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