La proposta lanciata dal ministro per le Imprese ha senso e va letta come una grande occasione per rimettere l’industria tricolore al centro del villaggio. Ma attenzione a calibrare bene gli investimenti. Il commento di Michele Costabile, economista e docente Luiss
L’idea è di quella ambiziose. Un fondo sovrano nazionale per sostenere le imprese italiane e una nuova legge per difendere e rafforzare il made in Italy. Adolfo Urso, ministro per le Imprese, porterà all’esame del Consiglio dei ministri una apposita legge quadro che, oltre a contenere la nascita del fondo, prevede anche un primo passaggio normativo per arrivare all’istituzione dei cosiddetti licei del made in Italy, che dovrebbero essere legati ai principali distretti industriali.
Un progetto, quello delineato dall’ex presidente del Copasir, che arriva a distanza di pochi giorni dall’annuncio del governo francese di lanciare un programma da quasi 2 miliardi di euro di cui 500 milioni di fondi statali, a tutela delle aziende transalpine. In Italia l’obiettivo sarebbe quello di mobilitare nella prima fase circa 1 miliardo di euro considerando l’apporto di Cassa depositi e prestiti e possibilmente quello delle Casse previdenziali dei professionisti. Idea balzana? Fantaindustria? Nemmeno per sogno, spiega a Formiche.net Michele Costabile, professore ordinario di Management e Marketing nell’Università Luiss Guido Carli di Roma.
“Mi pare una proposta non solo corretta e sensata, ma anche in linea con i tempi che corrono. Il mio giudizio è assolutamente positivo, noi oggi investiamo molto poco sul made in Italy e per questo rischiamo di non dare adeguata linfa alle radici delle nostre industrie”, spiega Costabile. “Anni fa la concorrenza era lenta, oggi no. E allora le dinamiche geo-commerciali non consentono di gestire in modo spontaneistico la crescita del made in Italy. Per questo trovo questa iniziativa più che opportuna”.
“Mi chiedo a questo punto perché nessuno ci abbia pensato prima. Non ho una risposta. Per fortuna, alcuni imprenditori, penso a Marzotto e Garrone, hanno messo in piedi iniziative per la concentrazione di artigiani del made in Italy nel lusso”, prosegue l’economista e docente. “Quello che oggi conta ed è importante è che i progetti che vanno a sostegno del made in Italy vengano realizzate. Sia chiaro, il mio non è protezionismo, bensì senso della realtà, cioè necessità di accrescere il nostro valore industriale”.
Ma, c’è un ma. “Attenzione agli investimenti in equity favoriti da fondi sovrani, perché potrebbe essere tanta l’intenzione di fare investimenti diretti. Se fossero enti statali a fare questi investimenti, si potrebbero avere problemi di distorsioni di mercato. Per questo il fondo dovrebbe cercare di favorire gli investimenti non solo pubblici, anche e non solo per attrarre altri investitori. Questo sarebbe un vantaggio, perché il veicolo fungerebbe da garanzia: mette i soldi e così facendo attrae investitori dall’estero, senza guardare solo allo Stato”.