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Al G7 è il turno del “de-risking” dalla Cina

I leder del G7 diffondono (in anticipo) un documento molto duro nei confronti della Cina. Spazi di cooperazione sui grandi temi globali rimangono, ma Pechino è indicato nella dichiarazione congiunta come un problema e non parte della soluzione

Se per domani, domenica 21 maggio, è atteso l’intervento di Volodymyr Zelensky, arrivato nelle scorse ore a Hiroshima per continuare il dialogo con i partner e magari sensibilizzare qualcuno tra i Paesi neutrali, oggi è stato il turno della Cina al G7. Al pari di Mosca, e forse più di Mosca, Pechino è protagonista di molti dei temi di fondo affrontati dall’assise nipponica delle potenze del Gruppo dei Sette.

Narrazioni e interessi

I leader dei sette Paesi hanno diffuso il comunicato conclusivo – uscito senza spiegazioni un giorno prima del previsto – che include un approccio in nove punti per ridurre i rischi posti dalle attività sempre più assertive a livello globale della Repubblica popolare, e mantenere contemporaneamente i legami economici tra i membri. “Agiamo nel nostro interesse nazionale”, hanno dichiarato, sottolineando che l’approccio comune “è alla base” delle relazioni con la Cina di ciascun membro del gruppo.

Da Pechino le critiche c’erano già e altre arriveranno. La Cina — che in questi stessi giorni ha ospitato un summit di massimo livello con i Paesi dell’Asia Centrale attraverso il quale continuare a veicolare la narrazione rispetto al modello di governance alternativo a quello promosso dal G7 — ha attaccato duramente il vertice di Hiroshima. Il ministro degli Esteri cinese ha esortato il gruppo ad “astenersi dall’impegnarsi in una diplomazia coercitiva e in cricche chiuse ed esclusive”. “La Cina non ha mai esercitato coercizione o bullismo”, ha detto il portavoce del ministero in conferenza stampa.

Il comunicato

Il comunicato sembra essere uno sforzo per modellare un approccio unitario alla Cina nonostante le complicazioni aperte da dichiarazioni controverse come quelle del presidente francese, Emmannuel Macron, al ritorno da Pechino, e varie indecisioni su dossier specifici. Il concetto dominante, quello di de-risking proposto da Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, sembra diventato dominante — con Washington che pare ormai preferirlo al più complesso de-coupling.

Il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Jake Sullivan ha dichiarato ai giornalisti: “Nel comunicato si noterà che ogni Paese ha un rapporto e un approccio indipendente, ma siamo uniti e allineati attorno a una serie di elementi comuni”. Sullivan lo ha descritto come una “convergenza” di politiche dopo due anni e mezzo di consultazioni tra i membri, da quando il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, è entrato in carica. “Non si tratta di una politica fumettistica o unidimensionale”, ha detto Sullivan. “È una politica complessa e multidimensionale per una relazione complessa con un Paese davvero importante”.

L’approccio politico, l’economia, Taiwan e il Mar Cinese, la Russia

“I nostri approcci politici non sono pensati per danneggiare la Cina e non cercano di ostacolare il progresso economico e lo sviluppo della Cina”, si legge nel testo. “Una Cina in crescita e rispettosa delle regole internazionali sarebbe di interesse globale”. Il G7 non si sta ripiegando su se stesso, hanno dichiarato i leader. “Allo stesso tempo, riconosciamo che la resilienza economica richiede la riduzione del rischio e la diversificazione”, si legge nel comunicato. “Prenderemo provvedimenti, individualmente e collettivamente, per investire nella nostra vitalità economica. Ridurremo le dipendenze eccessive nelle nostre catene di approvvigionamento critiche”.

Per quanto riguarda Taiwan, il comunicato dice: “Riaffermiamo l’importanza della pace e della stabilità attraverso lo Stretto di Taiwan come indispensabili per la sicurezza e la prosperità della comunità internazionale”. Quanto scritto riprende la formulazione del precedente statement diffuso ad aprile dai ministri degli Esteri del G7, chiarendo che la stabilità di Taiwan è considerata una questione di interesse internazionale piuttosto che una questione interna cinese.

I leader nel documento hanno anche messo nero su bianco l’opposizione a qualsiasi tentativo unilaterale di cambiare, con la forza o la coercizione, lo status quo nel Mar Cinese Meridionale e Orientale. La dichiarazione invita inoltre la Cina a fare pressione sulla Russia affinché interrompa la sua aggressione militare e “ritiri immediatamente, completamente e incondizionatamente le sue truppe dall’Ucraina”.

Spazi per la cooperazione?

Tuttavia, il documento si sofferma anche sulla cooperazione con Pechino, affermando che il G7 è pronto a costruire relazioni costruttive e stabili, riconoscendo l’importanza di “impegnarsi candidamente con la Cina e di esprimerle direttamente le nostre preoccupazioni”. La Cina viene invitata a impegnarsi con il G7 in aree quali la crisi del clima e della biodiversità, la conservazione delle risorse naturali e la gestione della sostenibilità del debito e delle esigenze di finanziamento dei Paesi vulnerabili.

Il documento parla anche dell’importanza di rafforzare il sistema commerciale internazionale, di spingere per creare condizioni di parità per i lavoratori e le imprese e di cercare di affrontare le sfide poste dalle politiche e dalle pratiche non di mercato della Cina, “che distorcono l’economia globale”. Sono impegni ideali, perché in molti di questi ambiti Pechino ha più volte dimostrato di essere disinteressata alla cooperazione e piuttosto di voler usare anche certi temi per spingere la propria agenda – che spesso è pensata per contrastare quella dei Paesi del G7 e i loro alleati.

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