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Quello sforzo di fantasia che Kissinger può ispirare oggi. Scrive Sisci

A cento anni, lucidissimo, Kissinger potrebbe dirci in maniera spietata dal suo punto di vista, come siamo arrivati a questa seconda guerra fredda. Potrebbe essere un documento prezioso per aiutare a capire cosa aspettarsi nel prossimo futuro. Il contributo di Francesco Sisci

La vita e influenza di Henry Kissinger è tale che in cento anni di vita è riuscito a essere almeno tre cose, l’uomo di guerra, l’uomo di pace e il grande storico.

Il grande storico è certamente importantissimo perché è uno dei pochi moderni che potrà nei secoli futuri entrare nella definizione di Polibio, secondo cui uno storico vero non è topo di biblioteca, ma persona che unisce l’esperienza di prima mano di politica con lo studio e riflessione della storia.

La sua produzione letteraria quindi è già storia, e proprio in questo è già oggetto di animato dibattito in patria e altrove. Oltre agli ovvi meriti, i critici non lesinano accuse: sono fattualmente leggeri ed eccessivamente fantasiosi. Inoltre sono condizionati dagli interessi del committente – i vari clienti paganti della Kissinger and associates.

Nell’azione poi, da “uomo di guerra” Kissinger ha alla cintura operazioni controverse, i bombardamenti in Cambogia, durante la guerra del Vietnam, e il colpo di Stato contro Allende in Cile.

I suoi successi da “uomo di pace” vengono da altre parti. C’è la costruzione di un quadro di pacificazione progressiva in Medio Oriente intorno a Israele, il sostegno alla Oest Politik di Willy Brandt, e la celeberrima mossa del cavallo di apertura alla Cina in funzione anti sovietica.

Quest’ultima, per l’importanza successiva e attuale della Cina, forse è uno degli elementi, se non l’elemento, che dominerà la sua eredità culturale e politica.

Il passo iniziale, come riconosce lo stesso Kissinger, non era suo ma del suo presidente Richard Nixon. Forse gli storici proveranno che Nixon si mosse solo recependo i segnali di Mao che già dagli anni ’60, dopo la rottura coi sovietici, voleva una sponda Usa, come del resto l’aveva cercata a Yan’an durante la guerra antigiapponese.

Ma Kissinger capì e portò avanti la politica forse meglio di quanto il suo capo, Nixon, avesse pensato all’inizio.

Eppure bisogna aspettare la caduta di Mao perché il rapporto Usa-Cina si trasformi in qualcosa di più integrato e significativo, al di là del riconoscimento di un solo nemico, l’Urss.

Questo secondo passo, la Cina schierata attivamente con gli Usa nel contenimento della allora minaccia vietnamita in sud est asiatico e l’avvio delle riforme economiche di Deng, avviene sotto lo sguardo del suo rivale di visione geopolitica Zbgniew Brzezinski.

È Brzezinski che chiude l’accordo sulla difficile normalizzazione diplomatica con Pechino ed è Brzezinski che porta in America Deng, il quale si mette in testa un cappello da cow boy. È forse la più forte immagine di propaganda filo americana della storia cinese.

Eppure a fine carriera di entrambi, quando tra gli anni ’80 e ’90 i cinesi cercano una sponda e un consigliere per i loro affari (in senso lato) in America, è a Kissinger che finiscono per rivolgersi. Da lì comincia la fase della vita forse più intrigante del grandissimo uomo. Diventa colui che bisbiglia ai cinesi per gli americani e viceversa, e poi racconta al pubblico distillati, certo parziali, dei suoi colloqui misteriosi e per questo tanto più intriganti.

In questo ruolo Kissinger accompagna la grande esplosione economica e di apertura della Cina, ma anche il progressivo raffreddamento dei rapporti. Qui in realtà ci sarebbe il suo più grande lascito per il futuro. Forse nessuno come lui può raccontare cosa ha funzionato e cosa è andato storto.

Al di là degli incoraggiamenti ufficiali necessari ma sostanzialmente di circostanza al “vogliamoci bene” per gli uni e gli altri, a cento anni, lucidissimo, potrebbe dirci in maniera spietata dal suo punto di vista, come siamo arrivati a questa seconda guerra fredda.

Qui una sua analisi fredda e aperta degli ultimi 20 anni dei suoi clienti cinesi o americani, forse potrebbe essere un documento prezioso per aiutare a capire cosa aspettarsi nel prossimo futuro.

Ci vuole infatti forse un grandissimo sforzo di fantasia e immaginazione per uscire dalla trappola attuale. Oggi tanti attori, forse tutti, hanno interessi diversi ma coincidenti per un aumento della tensione, anche se nessuno tifa per una guerra calda. Eppure in questo aumento di tensioni generalizzato il rischio di guerra aumenta esponenzialmente. Non pensa dr Kissinger? Tantissimi auguri per i suoi prossimi cento anni.



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