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L’acqua potrebbe far esplodere una guerra tra Talebani e Pasdaran

Ai confini tra Iran e Afghanistan, le forze di Teheran e Kabul si sparano. Le tensioni per la gestione delle acque dell’Helmand sono in aumento, con entrambi i fronti che hanno interessi a risolvere la crisi idrica che da tempo affligge i propri cittadini

I Talebani e l’Iran si sono scambiati pesanti colpi d’arma da fuoco sabato 27 maggio, nella zona di confine della Repubblica islamica con l’Afghanistan. Ci sono stati morti e feriti su entrambi i fronti, e lo scontro ha inasprito tensioni in crescita tra i due Paesi a causa di una disputa sui diritti idrici.

Il punto è la gestione del bacino idrogeologico dell’Helmand, fiume che è il principale tributario del Sistan e nasce dal rilievo Koh-e Baba afghano scorrendo da sud verso ovest fino alla regione dei laghi di Zabol, in Iran. Teoricamente tra i due Paesi c’è un accordo di cogestione delle acque firmato nel 1972, ma Teheran accusa Kabul di rifiutare di cedere la parte concordata, a seguito della costruzione delle dighe di Khajiki e di Kamal Khan, che hanno deviato il corso del fiume.

Narrazioni e interessi

L’agenzia di stampa statale iraniana Irna ha citato il vice capo della polizia del Paese, il generale Qassem Rezaei, accusando i Talebani di aver aperto il fuoco sabato mattina al confine tra la provincia iraniana di Sistan e Baluchestan e la provincia afghana di Nimroz. Irna ha scritto che l’Iran ha inflitto “pesanti perdite e gravi danni” ai Talebani.

Dall’altro fronte, il portavoce del ministero degli Interni afghano ha accusato l’Iran di aver sparato per primo. Secondo i governanti jihadisti del Paese, lo scontro a fuoco ha ucciso due persone, una per ciascun fronte, e ne ha ferite altre. Kabul ha descritto la situazione come “sotto controllo”.

Le informazioni sono complicate da analizzare, perché entrambi i Paesi sono dotati di strutturati apparati di propaganda e non hanno media terzi al loro interno. Sulla base di questo, le varie dichiarazioni acquisiscono un senso soprattutto propagandistico, come se ognuno dei due regimi volesse dimostrare — con un mix di dichiarazioni velenosi e slanci distensivi — di essere più forte e più abile nel gestire gli interessi dei propri cittadini. Anche perché il tema di fondo è delicatissimo: la sicurezza idrica, in due Paesi pesantemente.

Necessità iraniane

All’inizio del mese, il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha avvertito i Talebani di non violare i diritti idrici dell’Iran sul fiume Helmand. Le affermazioni di Raisi sono state tra le più forti in merito all’annosa questione dell’acqua in Iran — che già è stata oggetto di proteste popolari ed è parte della policy strategica con cui Teheran gestisce le relazioni con Kabul.

Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), la siccità è un problema che affligge l’Iran da circa 30 anni, ma è peggiorata nell’ultimo decennio. L’Organizzazione meteorologica iraniana, stima che circa il 97% del Paese è soggetto a un certo livello di siccità.

Sabato scorso, il ministro degli Esteri ad interim dei Talebani, Amir Khan Muttaqi, ha incontrato un inviato iraniano in Afghanistan per discutere dei diritti idrici sul fiume Helmand: le questioni tra i due Paesi saranno “meglio risolte attraverso il dialogo”, dice Teheran. Ma le tensioni sono aumentate. Un video pubblicato online nei giorni scorsi mostrava presumibilmente uno stallo tra le forze iraniane e i Talebani mentre gli operai iraniani cercavano di rafforzare il confine tra i due Paesi.

La risposta afghana

L’Iran, davanti alla necessità di permettere adeguati afflussi d’acqua ai propri cittadini, non intende mostrarsi debole con l’Afghanistan, ma allo stesso tempo prende una linea matura – sia per mostrarsi superiore, sia per evitare ulteriori rogne con un vicino. “Siamo un governo, abbiamo il potere”, recita invece una canzone talebana che sta circolando in questi giorni. “Il nostro leader, Mullah Yaqoob (il figlio del fondatore del gruppo, il Mullah Omar, ndr) si opporrà all’Iran. Non siamo schiavi”.

Secondo alcune informazioni fatte circolare dall’Afghanistan, le forze di terra talebane starebbero spostando unità di artiglieria e alcuni reparti al confine, nell’area in cui è avvenuta la sparatoria nei giorni scorsi. Kabul non commenta le denunce iraniane: in quell’area anche i Talebani hanno necessità simile a quelle degli iraniani. La disputa attorno all’Helmand è un’altra delle potenziali guerra dell’acqua che si stanno costruendo sulle modifiche indotte dai cambiamenti climatici.

Cosa c’entra la Cina?

L’impasse che si è creata è un potenziale bubbone in una regione già delicatissima e sensibilizzata da una vasta serie di dossier. Come fanno notare osservatori delle dinamiche internazionali in forma riservata, quanto accade pone un dilemma interessante per la Cina, che ha cercato di aumentare i legami con l’Iran (sciita) e i Talebani (sunniti) per assicurarsi l’accesso alle risorse naturali di entrambi i Paesi, e Pechino potrebbe tentare di mediare il conflitto. Una sfida per le ambizioni internazionali di Xi Jinping.

Il problema è che il problema dell’acqua è strutturale, e la Cina – così come altre potenze internazionali – in questo momento non hanno strumenti politici e tecnici per intervenire in mezzo alla distrava irano-afghana. L’obiettivo a livello internazionale è evitare che Paesi dell’Asia centrale – come Uzbekistan, Turkmenistan e Azerbaigian – finiscano per subire i colpi del propagarsi di un eventuale conflitto tra i due paria internazionali.



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