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Perché Modi è il leader che le isole del Pacifico vogliono

Le isole del Pacifico vedono nel premier indiano un punto di riferimento terzo nel crescente confronto globale tra Cina e Stati Uniti che sta toccando anche quei piccoli Paesi e la loro porzione di mondo

Il primo ministro indiano, Narendra Modi, si è impegnato a sostenere le isole del Pacifico durante un vertice in Papua Nuova Guinea, con il primo ministro ospitante, James Marape, che ha aperto l’incontro con i leader dei Paesi insulari definendolo un leader globale e regionale. Modi, ha detto il premier papuano, è il “leader del Sud del mondo” e l’India la “terza grande voce” nella politica globale che “deve emergere” (le altre due sono chiaramente Stati Uniti e Cina). Per questo, secondo Marape, il Pacifico “si radunerà dietro” all’India.

Narrazioni e interessi

Sono parole importanti, sebbene non sfugge che siano anche frutto del contesto. Marape ospita il vertice, al quale Modi è invitato speciale, appena rientrato dal G7 (dove aveva ricevuto un altro invito speciale). È evidente che il papuano sia interessato a essere ospitale. L’indiano è leader della prima potenza demografica mondiale, guida un’economia che sta puntando in alto (ed è destinata ad arrivarci), ha sempre tenuto un atteggiamento neutrale sul conflitto russo in Ucraino. E questo è un fattore di rassicurazione, perché lo sbilanciamento eccessivo dell’Occidente sul lato anti-Mosca non è sempre visto positivamente da vari Paesi del mondo (e non serve che essi siano filorussi). Marape, nel suo discorso inaugurale, ha per esempio esortato l’India-neutrale a pensare ai piccoli Stati insulari che “soffrono a causa delle grandi nazioni in gioco”, sostenendo che gli effetti della guerra della Russia contro l’Ucraina hanno causato inflazione e prezzi elevati del carburante e dell’energia elettrica nelle piccole economie della regione. Inoltre, a differenza della Cina, altra grande potenza che spinge sulla narrazione della neutralità, l’India dà per ora maggiori certezze su pressioni, coercizioni, influenze.

E la presenza di Modi all’interno del sistema dei Paesi delle isole del Pacifico è ben vista anche per questo. L’indiano è percepito come una sponda in mezzo alle crescenti preoccupazioni per le mire cinesi nella regione; timori incrementati dalle tensioni riguardo al confronto con gli Stati Uniti, e ai riflessi che vanno da Taiwan al Mar Cinese, fino alla regione insulare pacifica. Area che sta diventando importante anche dal punto di vista strategico militare. Mentre Joe Biden ha dovuto far saltare la sua presenza al vertice perché costretto a Washington dalle trattative sul tetto del debito, il segretario di Stato americano, Antony Blinken, era presente e ha firmato un accordo di difesa con la Papua Nuova Guinea – che potrebbe bilanciare la presenza regionale cinese, che si è recentemente rafforzata anche grazie all’accordo di cooperazione military-to-military con le Isole Solomon.

La cooperazione militare

A Port Moresby la firma dell’intesa con gli Stati Uniti è stata accolta tra critiche e qualche protesta pubblica (organizzata nelle università), perché letta come uno sbilanciamento nel confronto tra potenze che potrebbe irritare la Cina. E come un’accettazione del ruolo della regione come uno dei campo di battaglia Usa-Cina. Una contesa da cui l’India è esterna è percepita come sufficientemente forte/grande da poter mantenere una posizione terza (sebbene per certi interessi la portino più sul lato statunitense). È qui il punto sul valore e sul ruolo di Modi come punto di equilibrio. Tant’è che l’indiano ha avuto un bilaterale anche con il leader delle Salomon, Manasseh Sogavare, il cui accordo di sicurezza con la Cina ha suscitato la preoccupazione di Washington per le intenzioni di Pechino nella regione.

L’accordo militare papuano-americano è un’estensione di un altro già esistente, che avrebbe potenziato le infrastrutture e le capacità di difesa papuane dopo decenni di abbandono, ha rassicurato il governo di Marape per stemperare gli animi. Inoltre, l’intesa dovrebbe servire anche come forma di potenziamento infrastrutturale, oltre che a fornire strumenti migliori per la lotta alla criminalità organizzata e alle emergenze sanitarie (in particolare quella connessa all’Hiv/Aids su cui gli specialisti delle forze armate americane hanno lavorato e lavorano in diversi scenari critici). Addirittura, per segnare l’importanza (anche nella narrazione) che Washington dà all’accordo – e in generale alla presenza nella regione, nonostante l’assenza di Biden – il comandante del Comando Indo-Pacifico, l’ammiraglio John Aquino, ha partecipato a una cerimonia presso le Murray Barracks papuane in cui sono stati consegnati equipaggiamenti di protezione personale alle forze di difesa locali.

Il valore dell’India

In questi giorni, anche i leader del Quad – Australia, Stati Uniti, Giappone e India – hanno concordato di aumentare la cooperazione con i Paesi insulari del Pacifico. I quattro hanno avuto un incontro organizzato a latere del G7 di Hiroshima, perché il vertice specifico che doveva tenersi in Australia è saltato sempre a causa delle necessità di ritorno a DC di Biden.

I leader delle isole del Pacifico hanno dichiarato che l’innalzamento del livello del mare causato dai cambiamenti climatici è la loro più urgente priorità in materia di sicurezza. Modi ha detto ai 14 leader del Forum per la cooperazione India-Isole del Pacifico che Nuova Delhi sarà un partner affidabile per lo sviluppo dei piccoli Stati insulari e che si è impegnata per un “Pacifico indiano libero, aperto e inclusivo”. “Senza dubbio siamo disposti a condividere le nostre capacità ed esperienze in materia di tecnologia digitale, tecnologia spaziale, sicurezza sanitaria, sicurezza alimentare, cambiamento climatico e protezione dell’ambiente”, ha dichiarato nel discorso al summit.


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