“Il taglio alle tasse sul lavoro più importante degli ultimi decenni”. La premier Giorgia Meloni è soddisfatta dell’approvazione di un decreto che, tra le altre cose, prevede sgravi fiscali per chi assume, maggiore flessibilità sull’applicazione dei contratti a termine e un’attenzione alle famiglie. Dettagli e reazioni
“Tagliamo il cuneo contributivo di quattro punti percentuali. È il più importante taglio delle tasse sul lavoro degli ultimi decenni”. Fino alla fine di quest’anno il taglio sarà di sei punti percentuali per chi ha redditi fino a 35 mila euro e di 7 punti per chi ha un reddito più basso”. Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, scandisce queste parole all’interno di un video che riassume i contenuti salienti del decreto Lavoro, approvato proprio oggi dal Consiglio dei ministri. Non nasconde una buona dose di soddisfazione, la premier. Perché, dice nel video, “sono contenta che il governo abbia voluto celebrare il Primo Maggio non con le parole ma coi fatti”. Tornando al taglio del cuneo (reso possibile grazie allo stanziamento di oltre quattro miliardi), che porterà nelle tasche dei lavoratori con salari bassi qualcosa come cento euro in più, Meloni confessa di “non capire le polemiche”.
Aperture
In effetti è inevitabile che, con più soldi in busta paga, si aumenti il potere d’acquisto dei lavoratori. Va detto, comunque, che già ieri a margine del vertice con le parti sociali, si era registrato qualche segnale di apertura. Nell’intervista di oggi a Corriere della Sera, il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, ha parlato di un incontro “utile importante per avviare un percorso di dialogo strutturale sulla crescita, sulla lotta all’inflazione, sul fisco, sull’attuazione del Pnrr, sulla sicurezza sul lavoro e sulle pensioni”.
Flessibilità
La parola chiave di questo decreto, visti anche i profondi mutamenti che sta vivendo il mercato del lavoro, è flessibilità. Lo ha ribadito anche la ministra Marina Elvira Calderone. Per i nuovi contratti a termine è prevista una semplificazione, per la durata oltre l’anno, che deriva all’eliminazione delle “causali” figlie del decreto “Dignità”. Meno vincoli, maggiore applicabilità, con rimandi alla contrattazione collettiva. Per i grandi gruppi industriali è previsto, fino alla fine dell’anno in corso, il ricorso ai contratti di espansione.
Reddito di cittadinanza
Sull’eliminazione del reddito grillino, l’esecutivo è stato di parola. “Noi distinguiamo – ha detto Meloni – chi può lavorare da chi non può farlo. Confermiamo e anzi miglioriamo il sostegno per chi non può lavorare, ovvero per le famiglie che hanno al loro interno un minore, un anziano, un disabile. Ma chi può lavorare viene inserito in un percorso di formazione al lavoro, con un rimborso spese per il periodo in cui si forma e con incentivi importanti per chi lo dovesse assumere”. In sostanza, gli “occupabili” tra i 18 e i 59 anni, perdono il diritto al sussidio pubblico se rifiutano un’offerta di lavoro.
Assegno di inclusione
Le famiglie che beneficeranno di questo contributo che, appunto, andrà a sostituire a partire dal prossimo anno il reddito di cittadinanza, dovranno avere un Isee non superiore a 9.360 euro e un reddito familiare al di sotto dei sedicimila euro. Potranno farne richiesta le famiglie che hanno, tra i componenti, persone disabili, over 60 e minori. Il valore dell’assegno ammonterà a 500 euro, più 280 per chi vive in affitto.
Famiglie
Il limite del fringe benefit non tassabile sale a tremila euro. Questa è un’altra novità di cui è particolarmente orgogliosa la premier Meloni, che arriva su proposta del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. La misura è destinata ai lavoratori dipendenti che hanno figli a carico. Tra le altre cose, nel decreto è previsto un sostegno sostanzioso ai centri estivi.
Sgravi
Una parte importante circa le politiche attive sul lavoro, riguarda gli sgravi per coloro che assumono i giovani (under 30). Il documento approvato dal Cdm, infatti, prevede sgravi contributivi fino al 60% della retribuzione lorda dei lavoratori. Ovviamente l’obiettivo è sfoltire le file dei “neet”, ossia i giovani non occupati e che non studiano.
Reazioni
Non si sono fatte attendere le reazioni delle opposizioni, a seguito dell’approvazione del decreto da parte del Consiglio dei ministri. Il più “agguerrito” è il leader pentastellato Giuseppe Conte che, attraverso un video sul suo profilo Twitter, lancia un’intemerata contro il governo. “Siamo oltre le politiche conservatrici – scandisce Conte – siamo alla Restaurazione più becera”, parlando peraltro di un “dolce abbraccio politico tra il governo Renzi e quello di Meloni, a dieci anni di distanza”. Secondo l’ex premier, infatti, il decreto di questo governo richiama “il jobs act di Renzi”. “Un governo serio oggi si sarebbe riunito per una cosa seria: il salario minimo legale”, sentenzia. Non poteva mancare la strenua difesa del reddito di cittadinanza e la chiamata “allo sciopero”. “Secondo Istat – prosegue Conte – il reddito di cittadinanza ha salvato un milione di cittadini nei periodo più duro della pandemia. E allora lancio un messaggio a tutti: ritroviamoci in piazza, a giugno, a manifestare contro questo governo”.
Sul profilo ufficiale del Pd, ripostando l’intervista della segretaria, Elly Schlein a La Stampa, appare un tweet inequivocabile: “Vogliamo dire basta al lavoro povero e al lavoro precario – si legge nel tweet – . E per farlo abbiamo una serie di proposte. Il decreto del governo, invece, rende i lavoratori ricattabili e ruba il futuro ai giovani. Vararlo il Primo Maggio é una provocazione”. Di tutt’altro tenore è il tweet che appare, invece, sulla bacheca del vicepremier e ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini. “Dalla sinistra e dai sindacati del No le solite polemiche e i soliti cortei (con fantocci, insulti e bandiere bruciate), – cinguetta – . Dalla Lega e dal centrodestra al governo taglio di tasse e aumento degli stipendi per milioni di lavoratrici e lavoratori”.