Eccentrica, appassionata, polemica. La giornalista ha fatto dell’eccesso una sua cifra peculiare. Dalla parte dell’Occidente fino al midollo, fece del rapporto diretto con il popolo – in opposizione all’elite – una sua bandiera. Anche di stile. Il ricordo dello scrittore
La sua cifra era “l’eccesso”. Ma un eccesso che faceva di lei “un’imperatrice, ma lontanissima dalle elite. Una madonna della folla”. Pietrangelo Buttafuoco, giornalista e scrittore, Maria Giovanna Maglie la conosceva bene. La giornalista è scomparsa nelle scorse ore al San Camillo Forlanini all’età di settant’anni. L’ondata di affetto per Maglie è stata travolgente. Dai leader politici – a partire dal premier Giorgia Meloni, passando per il vicepremier Matteo Salvini – finendo con i colleghi giornalisti ed esponenti della scena pubblica.
Buttafuoco, però, ha un racconto originale. Le sue parole disegnano gli spazi. E sembra quasi di rivederla. “Eravamo alla redazione del Foglio, all’epoca autentico serraglio di eccentricità. Sincronizzati su un’emittente radiofonica a un certo orario, si sentivano le note dell’inno americano. Lei scattava in piedi, sull’attenti. Facendo il saluto militare, seguita da Oscar Giannino”. Sì, perché Maria Giovanna era così: “Un’irriducibile occidentalista, benché comprendesse anche le ragioni “dei cattivi”’.
Il soprannome che secondo Buttafuoco rende al meglio la personalità della giornalista – e che in qualche modo restituisce in parte l’arguzia della sua vis polemica – è “imperatrice”. Ossia colei che aveva il “senso estetico dell’eccesso” e con la quale “si affrontavano discussioni infinite”. Il gusto per il “ribaltamento” è stato un tratto peculiare della giornalista. Fino alla fine. “Nata in caserma – dice Buttafuoco – era destinata, con il suo carattere, a sfasciare tutte le altre “caserme”: da L’Unità alla Rai”. Al di là del lavoro, Maglie si affezionò “al gusto di disobbedire, in particolare ai richiami del gregge”.
Libera, libertaria. Il rapporto fra Maglie e la politica non è facilmente inquadrabile. Un po’ come lei, del resto. “Fu una star applauditissima dalla piazza dei sindacati – ricorda Buttafuoco – così come dal Pci. Da tempo aveva un buon rapporto con Matteo Salvini che in qualche misura rappresentava un riferimento per lei. Anche se mai ebbe a chiedergli seggiole o prebende”. Forte, fu il suo legame con Bettino Craxi. Un legame che si è rifiutata di disconoscere, diversamente da molti suoi colleghi, e che, ricorda lo scrittore, “pagò a carissimo prezzo”.
Istrionica, vulcanica, Maglie seppe “convocare attorno a sé tutti coloro che facevano “il contropelo”. Le voci lontane dal mainstream. Benché fosse un’imperatrice, era lontana dalla dimensione elitaria. Anzi, direi che era l’anti establishment per eccellenza”. In lei era spiccato il “senso della comitiva” e faceva del “rapporto col popolo un vanto, non un’onta”.
E il giornalismo? “Lei ha inventato uno stile tutto suo – analizza lo scrittore – e interpretò il mestiere nel senso più romantico che ci fosse. Ma, si badi, diffidava e prendeva in giro coloro che facevano la retorica della schiena dritta nel mestiere del giornalista. A lei bastava un sguardo, fulmineo”. Non c’è persona, racconta Buttafuoco, che “non abbia litigato con lei, pur amandola”. Forse è anche per questo che “piaceva al popolo, ma non era compresa dai fighetti del ceto medio”.
La vocazione all’eccesso, la madonna della folla. Una “retequattrista convinta”, nel suo modo di essere direttamente a contatto col “popolo”. Un’interprete autentica della disintermediazione e del contatto diretto con le persone. Ma, più di tutto, “un’imperatrice”. A dimostrarlo, chiude Buttafuoco, anche “l’elegante riserbo tenuto sulla malattia”. Cosa resta di lei? Tutto questo.