Chiude a giugno la 27° edizione della collettiva di fotografia degli autori indipendenti praghesi “Praha foto 2023”. Dal neo-neorealismo in bianco e nero al colore denuncia in stile post-pop. Eusebio Ciccotti l’ha visitata per Formiche.net
Praga. La copertina del catalogo della 27° edizione di “Praha foto grafická 2023”, appuntamento praghese immancabile per amanti della fotografia e turisti (questi ultimi, sovente, dallo scatto facile e compulsivo), aggancia magicamente il visitatore nel centro storico, alle spalle di Piazza San Venceslao, alla Galleria Ambit (fino al 22 maggio; poi la mostra si trasferisce in via Moskevska, sino alla fine di giugno). Lo scatto ci offre una panoramica, in campo lungo, sulla Praga gotica (torri e campanili) e barocca (cupole di chiese) dentro un tramonto dorato, velato di una delicata foschia color arancio: Bellezze di Praga nelle sue variazioni, di Markéta Zachová.
Naturalmente, i giovani fotografi sperimentano sia il colore che il bianco e nero nelle diverse soluzioni estetiche e tecniche, sfidando la luce variabile delle stagioni e delle ore, negli esterni/interni. Il tema prevalente della new wave fotografica praghese, nonostante il messaggio “poetico” e vagamente impressionista di alcune foto, non insensibili alla bellezza della città e pronte a strizzare legittimamente l’occhio al turismo interno ed estero, è chiaramente di taglio sociale e politico.
Prendete Josef Pama, premiato con il Foma Bohemia per il miglior bianco e nero: con la sua serie di scatti “Na ulici” (“In strada”), ruba momenti di vita sui sampietrini praghesi al punkabbestia mentre accarezza la sua cagna incinta, sdraiata a terra; con, a tre metri di distanza, un bambino intento a mangiare un dolce con un cucchiaino di legno.
Se vuoi vedere come cambia la periferia di Praga, dalle parti di Žižkov, storico quartiere ospitante i rom, sotto un cielo bianco/grigio-scuro, puntellato da altissime gru, giganteschi dinosauri metallici, alternate a sagome nere di cubi di neo-edilizia popolare – siamo in controluce -, in campo lunghissimo, tutto in grand’angolo, allora sei proiettato dentro la serie Prazské proimeny (Trasformazioni di Praga), di František Drábek.
Gli antropologi metropolitani metterebbero nel loro studio le foto bianco/nero delle nutrie della Moldava accarezzate, sulla banchina, dai barboni che dormono sull’isola di Kampa; foto rasoterra, con sullo sfondo l’immancabile Ponte Carlo: Nutrie (Nutria) di Hana Fialová. Il tema si aggancia a un altro “ritratto di famiglia” del centro storico: ancora un punkabbestia, in ginocchio, che ti guarda in macchina con la testa dentro il cappuccio del giubbotto, mentre abbraccia due cani ai lati, come propri figli: The other side of Prague street di Roman Watzinger. E qui siamo in una sorta di neo-neorealismo rivisitato da Pier Paolo Pasolini e Ken Loach.
Ma noi esseri umani vediamo a colori. Provate a immortalare una ex casa borghese anni Trenta con influenze cubiste: tetto rosso scolorito e comignoli grigi, intonaco tutto sbrecciato, tinta delle facciate sbiadita dal tempo, occhiaie nere al posto delle finestre, un piccolo campanile incollato sul lato destro, sorprendentemente, in buone condizioni. Aggiungete due strisce metalliche di binari di tram come sottile e temporanea cesura della traiettoria visiva verso il nostro occhio, inclinazione basso alto dell’inquadratura, e avrete: Devastace (Devastazione, premiato) di Andrej Barla (della serie “Problemy Prahy”).
Tre donne, in piano americano, imbacuccate per proteggersi dal freddo, con alle spalle lo skyline del Castello di Praga, tengono ognuna un cartello-bandiera ucraina e una frase: “Pray for Ukraina”, “Save Ukraina” e “Stop War”.
Una composizione semplice, tradizionale, ma d’impatto nel taglio del quadro e nei colori giallo/blu chiamati a pulsare vita contro un cielo serale grigio-scuro, forse stanco delle sofferenze umane: Demonstrace na podporu Ukrajiny (Dimostrazione in supporto dell’Ucraina) di Richard Horák.
Colorati e frizzanti gli scatti rubati nella metropolitana di Praga nella serie “Lidé ve metru” (“Gente nella metro”) di Jaroslav Kubík. Giocate su sprazzi di mèches gialle di sole ai lati dell’azzurro cupo dell’aurora o del crepuscolo; o, della notte, grazie alla luce mielata di magri lampioni, sono le foto turistico-sperimentali (della citata serie “Bellezze di Praga”) di Matěj Procházka, Richard Horák, Bedřich Helan.
Praga: bella, avvolgente, colorata, seducente, come una donna di Alphonse Mucha. Certo, turistica, perché no?, ma anche povera, accogliente, umile, con rifugiati e barboni. Raccontare, come dice la ricordata sezione, “Problems of Prague”, con delicatezza e rispetto, senza violenza, le sofferenze del quotidiano, è la punta di diamante della new wave dei fotografi praghesi che, indirettamente, rimanda all’indimenticabile cinema del Miloš Forman degli anni Sessanta.
Da non perdere, nella ampia antologia (biglietto 4 euro), anche gli intriganti scatti di Kevin V. Ton, Petr Škarvan, Jan Koči, Peter Souček, Tomáš Knot, Jakub Joakim, Martin Salajka, Vitězslav Řiha, Tomas Tkáčik, Karolina Kubková, Martin Schubert, Květa Závadová (interessanti i primi piani dei suoi rabbini).