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Narcos colombiani e spalloni cinesi. Blitz contro le cosche della Locride

L’operazione Eureka è la più grande operazione di tutti i tempi contro la ’ndragheta: oltre 100 arresti tra Italia, Germania, Francia, Belgio, Spagna e Portogallo. Il caso della criminalità cinese e il sistema del money transfer

L’operazione Eureka è la più grande operazione di tutti i tempi contro le cosche della Locride: 108 arresti tra Italia, Germania, Francia, Belgio, Spagna e Portogallo. Gli indagati sono accusati a vario titolo d’associazione mafiosa, concorso esterno e traffico internazionale di droga con l’aggravante di transnazionalità e di ingente quantità, traffico di armi, anche da guerra, riciclaggio, favoreggiamento, trasferimento fraudolento e procurata inosservanza di pena. Colpite in particolare le cosche Nirta-Strangio di San Luca e Morabito di Africo.

Europol ha spiegato che l’indagine coinvolge Italia, Germania, Belgio, Portogallo, Spagna, Slovenia, Romania, Brasile e Panama. La rete era dedita principalmente al traffico internazionale di droga dal Sud America all’Europa e all’Australia, ha dichiarato l’agenzia in un comunicato. Per farlo, si avvaleva di spalloni cinesi in Italia e in Colombia per organizzare il trasferimento di fondi per pagare il narcotraffico, ha dichiarato il colonnello Massimiliano D’Angelantonio, comandante del II Reparto Investigativo del Ros dei Carabinieri. Utilizzavano un sistema clandestino di money transfer in cambio di una commissione che va dal 9 al 12 per cento.

Di queste attività criminali si trova traccia anche nella “Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza”, curata dal Comparto Intelligence e relativa all’anno 2022 presentata a fine febbraio. In quel documento l’intelligence scrive di “dinamismo affaristico-criminale di spregiudicati imprenditori sinici che, anche attraverso il ricorso ad articolati schemi di evasione fiscale e riciclaggio, cui spesso si accompagnano fattispecie di sistematica raccolta e trasferimento in Madrepatria dei proventi di attività illegali, sono riusciti – sfruttando a proprio vantaggio opportunità offerte dal mercato e vulnerabilità sistemiche nazionali – a consolidare il loro posizionamento all’interno di taluni settori economici nazionali, anche attraverso una sistematica collocazione in ben definite aree territoriali”.

Di qualche settimane fa è il caso della banca clandestina cinese a Firenze che offriva servizi occulti di trasferimento di denaro in Cina dietro pagamento del 2,5% dell’importo trasferito. Il sistema di trasferimento aveva due principali canali: per piccoli importi gli indagati usavano le applicazioni WeChat e Alipay, che consentono trasferimenti di denaro associando a un conto una o più carte di credito dalle quali, al momento del pagamento, viene prelevato l’importo esatto ritiro; per importi più consistenti, il denaro veniva anticipato attraverso conti correnti e carte bancarie accesi in Cina in favore di altri soggetti in Cina indicati dagli stessi clienti, dopodiché il denaro raccolto in contanti nel negozio fiorentino o nella filiale pratese veniva prelevato da ulteriori connazionali e trasportato fisicamente in madrepatria con altre modalità.

Recentemente, il Partito democratico ha chiesto al governo risposte in merito alle rivelazioni del quotidiano La Repubblica su una banca segreta con filiali a Roma, Firenze, Padova, Prato, Napoli e Reggio Calabria, che muove miliardi di euro verso la Cina offrendo servizi speciali per clienti speciali. “China underground bank” – così la chiamano gli investigatori italiani, a partire da quelli della Guardia di Finanza – serve narcotrafficanti legati alla camorra e alla ’ndrangheta, imprenditori in gran parte del Nord Est, oligarchi russi che dopo le sanzioni per la guerra in Ucraina non possono fare acquisti tracciati in Italia e super ricchi cinesi che vogliono fare shopping nelle grandi vie della moda italiana.

A inizio aprile anche Reuters ha acceso un faro sui cartelli della droga che operano nel nostro Paese utilizzando sempre più spesso reti ombra di intermediari cinesi per nascondere i pagamenti internazionali. L’agenzia ha raccontato che il governo Meloni avrebbe chiesto alla commissione antimafia di indagare per la prima volta “sull’infiltrazione cinese nella società italiana”. Un’idea lanciata il mese scorso sulle pagine di Formiche.net, visto che tra i compiti della commissione c’è quello di “valutare la penetrazione nel territorio nazionale e le modalità operative delle mafie straniere e autoctone tenendo conto delle caratteristiche peculiari di ciascuna struttura mafiosa e individuare, se necessario, specifiche misure legislative e operative di contrasto”.

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