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Il partito personale mostra le crepe. Tivelli e la forza dei partiti-organizzazione

Da queste elezioni amministrative si vede la tendenziale fuga di una porzione dell’elettorato dai partiti personali, viste le performance deludenti di Azione e Italia viva. Mentre il Partito Repubblicano, che è piccolo ma antico, è l’esempio di come una forte tradizione storica e un’organizzazione non personalistica siano un modello per movimenti che potrebbero crescere anche in termini numerici. Il commento di Luigi Tivelli
Sono passati molti anni da quando Mauro Calise, uno dei migliori politologi italiani, ha scritto quel suo bel saggio sul “partito personale”. Lui pensava soprattutto a Forza Italia e a Silvio Berlusconi, e da lì aveva tratto l’elaborazione del prototipo del partito-personale evidenziandone più i vizi che le virtù e mettendo in guardia sui rischi e l’evoluzione del sistema dei partiti italiani. Oggi guarda caso quasi tutti i partiti che operano nell’agone politico sono partiti personali. Forse bisognerebbe approfondire meglio quanti dei vari partiti rispettano il senso dell’articolo 49 della Costituzione, secondo cui “i partiti devono concorrere con metodo democratico alla determinazione della politica nazionale”.
Sappiamo quanto conta l’impronta “personalista” nel partito della Meloni, come anche nel Pd, che si basa su un modello più organizzato e radicato nel territorio, che con la Schlein si avvicina sempre di più a tale impostazione. Mentre i cinquestelle hanno assunto sempre di più la configurazione di “partito di Conte” , ecc…
Da queste elezioni amministrative c’è però un dato che praticamente nessun analista politico ha colto, e che probabilmente può segnare una qualche forma di tendenziale fuga di una porzione dell’elettorato dai partiti personali, viste le performance deludenti di due partiti molto personalisti come Azione ed Italia viva, che insistono sulla stessa area politica del Pri nello scacchiere politico. Il Partito Repubblicano, che è tra i più piccoli, ma è anche il più antico partito italiano, ha registrato per qualche verso performance significative: ad esempio il 7% a Brindisi e il 6,4% a Torre del Greco e l’1,31% a Massa.
Ma l’elemento politico più significativo è che il Pri è l’esatto opposto del “partito personale”, in quanto il nome del suo segretario nazionale, Corrado De Rinaldis Saponaro, non è quello di un “capo”, ma di un rappresentante di una forte tradizione storica, di una abbastanza ristretta comunità di iscritti, di un partito-organizzazione. Il Pri, infatti, pur essendo un piccolo partito, è un “partito-organizzazione” e un “partito-comunità”, radicato nei territori e nella società italiana pur con una diffusione non certo capillare. Però quella decina di migliaia di iscritti è la base di un partito-organizzazione in cui c’è molta democrazia interna, dove molto si decide e discute nei suoi organi interni, che presenta un folto consiglio nazionale, una ampia direzione ecc. Fosse che una parte, per ora limitata, dell’elettorato si stia stufando del modello del partito personale, e che quei voti presi da quel piccolo partito che spesso non viene incluso nella carta geografica della politica italiana, vengono da elettori che potevano orientarsi verso il partito personale di Calenda e di Renzi?
Ci sono poi altri aspetti significativi: quel piccolo partito non ha mai perso un forte senso della memoria storica; ha radici forti e consolidate nel Risorgimento; è figlio del pensiero politico di Mazzini e di Cattaneo, oltre che negli anni della Repubblica di Giovanni Conti, Ugo La Malfa e Giovanni Spadolini. Azione e Italia viva, invece, non è che possano avere memoria storica più di tanto, essendo Azione un partito nato da ben poco di cui non si capiscono i riferimenti e il radicamento storico, come del resto non è facile capire il radicamento storico e i riferimenti culturali di Italia viva…
Se questo segnale ci dicesse che una parte per ora limitata degli elettori tende ad orientarsi là dove ci sono radici antiche, senso della memoria storica e un pensiero politico impresse in solide radici, forse ci troveremmo di fronte ad un segnale quantitativamente non ancora molto significativo, ma qualitativamente molto indicativo. Sembra, infatti, che nella dimensione e nel modello di partito personale si stia determinando qualche incrinatura. Non so dire se abbiamo o avevamo, anche un partito “bipersonale”, l’ex terzo polo di Calenda e Renzi. Non è che la ben nota frattura avvenuta nelle scorse settimane tra Azione e Italia viva sia avvenuta perché è troppo forte l’impronta personalista dei due leader che cercavano di aggregarsi? L’aspetto nuovo probabilmente è un altro… La sostanziale sconfitta di partiti personali come quello di Calenda, quello di Renzi e quello di Conte, sembra infatti un indicatore significativo.
Il piccolo premio dato in varie aree ad un “partito-comunità” e “partito-organizzazione”, alieno ai personalismi, come il piccolo, ma antico Pri sarebbe la controprova di questa tesi interpretativa.


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