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Meloni apre alle minoranze sulle riforme. Ma sul presidenzialismo, il Pd farà muro

Le opposizioni si confronteranno con l’esecutivo sulle riforme istituzionali. Il piatto forte sarà il presidenzialismo, sul quale però il principale partito di minoranza, il Pd, ha già espresso la sua contrarietà. “Il rischio – dice a Formiche.net un parlamentare dem – è che salti il sistema di pesi e contrappesi che, fino a ora, ha garantito il corretto funzionamento dello stato e della democrazia parlamentare”

Il faccia a faccia con le opposizione sarà sui contenuti, sulle riforme. Giorgia Meloni martedì ha un’agenda serratissima: si inizia alle 12.30 con +Europa, si passa per l’Alleanza Verdi e Sinistra, finendo con Movimento 5 Stelle e Pd. Con ogni probabilità il leader pentastellato, Giuseppe Conte non ci sarà, mentre la segretaria Elly Schlein dovrebbe presentarsi a palazzo Chigi con una delegazione di parlamentari. Accanto al premier, ci saranno i due vice Matteo Salvini e Antonio Tajani, il ministro per le Riforme istituzionali e la semplificazione normativa, Maria Elisabetta Alberti Casellati; il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, i sottosegretari alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari, e il costituzionalista Francesco Saverio Marini. 

Sul tavolo, appunto, le riforme istituzionali. Il piatto forte sarà chiaramente il presidenzialismo nelle diverse declinazioni. Se è vero che per il governo di centrodestra quella legata al presidenzialismo è una riforma prioritaria e identitaria – peraltro tra i cardini del programma elettorale – è altrettanto vero che sarà difficile trovare un punto di caduta con le opposizioni.

Il Pd ha già convocato una riunione, il giorno prima dell’incontro, per capire la linea da tenere anche se, nelle scorse settimane, sono uscite posizioni piuttosto nette. Il responsabile Riforme e Pnrr del Pd, Alessandro Alfieri, intervistato dal Sole 24 Ore, ha esplicitamente detto che i dem sono contrari “sia all’elezione diretta del Capo dello Stato sia a quella del presidente del Consiglio”. Sul presidente della Repubblica vale il principio di terzietà e garanzia che, a detta del senatore Pd, in caso di elezione diretta potrebbe essere compromessa. Per quanto riguarda il premier, “una sua elezione diretta, svuoterebbe la funzione del presidente della Repubblica”.

L’unica apertura segnalata dal dem è quella verso il “modello tedesco”. A patto però che venga “tolta di mezzo la legge inserita nel ddl Province che “mira a cambiare la legge elettorale nei grandi comuni, abbassando la soglia per accedere al ballottaggio dal 50 al 40%.

“Lunedì abbiamo convocato una riunione – spiega un parlamentare del Pd a Formiche.net – per capire in che modo affrontare l’incontro con la premier Meloni il giorno dopo. L’obiettivo è lavorare affinché il Pd sull’agenda di riforme che ha proposto il governo si presenti con una posizione compatta. Ma sul presidenzialismo non ci sono grandi margini di manovra, noi di base siamo per il rafforzamento dei poteri dell’Esecutivo”.

C’è un timore che aleggia in casa Pd. “La nostra impressione – prosegue il dem – è che questo governo abbia in animo, attraverso queste riforme, di cambiare nel profondo l’assetto istituzionale del Paese. E, con le soluzioni che hanno proposto, intravediamo in concreto rischio che possano saltare quei pesi e contrappesi che hanno garantito il corretto funzionamento del nostro sistema democratico. Anche per questo noi siamo per il rafforzamento dei poteri dell’Esecutivo. Non possiamo stravolgere la nostra storia”.

Dal confronto di martedì si capiranno molte cose anche della sensibilità dei partiti di opposizione su temi cruciali come le riforme istituzionali. Si tasterà, insomma, il terreno, per capire se in effetti ci siano gli estremi per collaborare. Il parlamentare dem sul significato politico di questa convocazione, propone la sua lettura: “Il premier Meloni vuole capire come si muovono le forze di opposizione. È un modo per capire se il perimetro della maggioranza, specie sul presidenzialismo, può contare sui voti del Terzo Polo”.

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