Skip to main content

Svb, il Congresso porta alla sbarra i manager

La commissione banche mette sotto torchio gli ex vertici degli istituti falliti meno di due mesi fa, accusandoli di conclamata negligenza. Ma è tutto il settore creditizio americano a rimanere sotto pressione​

Negli Stati Uniti i media usano un’espressione precisa per descrivere il momento in cui un manager o un politico finisce sotto il fuoco di una commissione di vigilanza: to grill, letteralmente cuocere alla griglia. Ed è proprio quello che è successo a Greg Becker, ex amministratore delegato della Silicon Valley Bank, l’istituto di credito legato alle startup della California, letteralmente collassato quasi due mesi fa sotto i colpi dei tassi e della sfiducia degli investitori.

Nelle scorse ore, le stesse in cui gli Stati Uniti vivono l’ora più buia in attesa di una accordo tra Repubblicani e Democratici che scongiuri il default del Paese, l’ex capo della Svb è stata messo sotto torchio da parte della commissione banche del Senato, che ha svolto l’audizione del manager, unitamente a due ex dirigenti della Signature Bank, altro istituto fallito collateralmente a Svb. Ebbene, quella di Becker è stata la prima apparizione pubblica, dinnanzi al presidente della commissione bancaria del Senato, Sherrod Brown, che ha attribuito la colpa del fallimento proprio a Becker, in particolare per la cattiva gestione e l’incapacità di garantire gli interessi della banca.

“Sappiamo che le vostre banche sono state fatalmente mal gestite. La prossima domanda ovvia è, perché? Perché avete lasciato che le cose andassero così male?”, ha tuonato Brown. “Sono scioccato dalla totale negligenza e il disprezzo per il risparmio”, ha rincarato il senatore Tim Scott. “Signor Becker, ha fatto una scommessa davvero stupida che è andata male”, ha detto il senatore John Neely Kennedy. E sotto il tiro della commissione sono finiti anche i bonus generosi che i manager di Svb si sono garantiti.

Tutto questo mentre le banche rimangono sotto pressione sui timori che la crisi che ha investito diversi istituti di credito negli ultimi mesi possa estendersi. La principale preoccupazione dei mercati riguarda proprio la fuga dei depositi dalle banche di piccole e medie dimensioni in direzione delle aziende di credito più grandi o dei fondi monetari. Il problema sta nel fatto che i prelievi possono costringere le banche a liquidare i propri asset, innescando perdite consistenti che mettono a rischio la capitalizzazione delle società.

Finora tali perdite sono solo non realizzate, ma possono diventare effettive nel momento in cui le società dovranno smobilizzare le obbligazioni e i mutui che hanno nell’attivo per far fronte ai prelievi. Il motivo di questo passivo deriva dalla diminuzione di valore delle attività conseguente all’aumento dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve.



×

Iscriviti alla newsletter