La Cina ha votato a favore di un testo in cui si parla lateralmente dell’Ucraina, e in cui si definisce “aggressione” l’attacco russo. Xi Jinping ha una serie di preoccupazioni sulla guerra: una crisi interna a Mosca, il mantenimento dei propri interessi, la volontà di apparire neutrale, spiega Dian (UniBo)
In questi ultimi due giorni si è parlato molto del voto cinese e indiano su una risoluzione ONU che include un passaggio in cui si definisce “aggressione” l’attacco russo all’Ucraina. Nella risoluzione si chiede una più stretta collaborazione tra le Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa, l’organizzazione per i diritti umani con sede a Strasburgo. Il testo fa riferimento alla guerra russa in Ucraina in un solo paragrafo, perché non è una di quelle risoluzioni focalizzate sul conflitto – come altre in passato in cui Cina e India hanno evitato di esporsi contro la Russia.
Il passaggio in questione
Al nono paragrafo delle dieci pagine di cui si compone il documento si legge: “Riconoscendo inoltre che le sfide senza precedenti che l’Europa si trova ad affrontare in seguito all’aggressione della Federazione Russa contro l’Ucraina, e prima ancora contro la Georgia, e la cessazione dell’appartenenza della Federazione Russa al Consiglio d’Europa, (chiediamo) una cooperazione rafforzata tra le Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa”.
Questo passaggio del preambolo è l’unico in cui viene menzionata l’Ucraina. La contestualizzazione è fondamentale perché indica già di per sé che non ci troviamo davanti a un cambio di posizionamento di Pechino e Nuova Delhi sul conflitto. Almeno per ora Tuttavia contiene un messaggio su cui concentrarsi, soprattutto sul lato cinese: mette in evidenza quanto la Russia sia dipendente dalla Cina, e quanto Mosca non abbia influenza su Pechino se questa decide di avere una linea differente, spiega Matteo Dian, docente dell’Università di Bologna.
Cosa cerca Xi
“La Cina vuole presentarsi come promotrice di dialogo e risoluzione dei conflitti. Propone una visione dell’ordine internazionale basata su sovranità e autodeterminazione. La Global Security Initiative (Gsi) che sta promuovendo in questi tempi è proprio centrata su questi principi. E la proposta in 12 punti (il documento di posizionamento sulla crisi ucraina prodotto da Pechino, ndr) in pratica è un adattamento della Gsi”, analizza Dian.
Per il docente, il protrarsi della guerra crea una situazione strategica sfavorevole alla Cina: blocca la Belt & Road Initiative, consolida le alleanze statunitensi Asia e la Nato, ha danneggiato il rapporto cinese con l’Ue e rovinato la relazione speciale che la Cina aveva con i “16+1” (per esempio il rapporto con la Polonia). “Quindi meglio un congelamento della situazione”.
Il timore di Xi
“La Cina rimane preoccupata da un cambiamento di regime o instabilità in Russia e rimane la comune ostilità all’ordine internazionale a guida occidentale/americana. Quindi continueranno a sostenere Mosca in qualche modo, per evitare una situazione critica per Vladimir Putin, ma sempre con prudenza e distinguo, per non mettere a rischio il commercio con l’Europa e il progetto di ordine alternativo, che si fonda sulla legittimità nel Global South”, spiega Dian.
In definitiva, il linguaggio scelto dalla risoluzione permette al leader Xi Jinping di mandare messaggi senza eccessive esposizioni. La risoluzione non “condanna” quella “aggressione” russa, ma la “riconosce” come un fattore che ha creato “sfide senza precedenti”. Dunque, non si sgancia troppo dalla linee fin qui sostenuta, ma dà modo alla Cina di giocare sulla sua posizione di neutralità. Vale anche la pena notare che durante il dibattito sulla delibera ci sono stati in realtà due voti (qui il video). Il primo riguardava il se includere il paragrafo 9 nella risoluzione. La Cina (e l’Armenia e il Kazakistan) si sono astenuti in quel caso. Ma poiché il paragrafo 9 è stato approvato, l’intera risoluzione è passata al voto, se quello Pechino ha scelto di accendere luce verde.
Attore responsabile?
La Cina ha subito forti pressioni da parte dell’Occidente affinché condannasse apertamente il Cremlino per aver lanciato l’invasione. Ma Pechino, come dimostra il documento di dodici punti con cui ha diffuso il proprio posizionamento sul conflitto (quello che è stato erroneamente descritto come un “piano di pace”) non segna confini netti tra l’aggressore, la Russia, e la vittima, l’Ucraina; non si parla di “guerra”, “invasione” o “aggressione” ma di “crisi”; soprattutto quel documento non rappresenta un impegno cinese a essere un attore internazionale responsabile.
Richiesta chiara che era stata avanzata dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, durante il suo recente viaggio a Pechino. “La Cina, in quanto membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ha la grande responsabilità di usare la sua influenza in un’amicizia costruita per decenni con la Russia. E contiamo che la Cina eserciti davvero questa responsabilità e sia molto chiara nel messaggio”, aveva detto von der Leyen.
Però Xi ha interesse a far essere la Cina un player globale, al di là delle responsabilità effettive. E anche in funzione di questo si muove, dai dossier più grandi (la telefonata a Kiev, l’accordo di normalizzazione tra Riad e Teheran e altro che probabilmente verrà a breve) a quelli più puntuali (come appunto la risoluzione, attraverso cui Xi intende far comunque passare il suo messaggio).