Skip to main content

In missione per conto di Xi. Il diplomatico Wang a Roma per la Via della Seta

Esclusiva Formiche.net. Il capo del dipartimento Affari europei del ministero degli Esteri di Pechino è in Italia per discutere il rinnovo del memorandum e organizzare le visite di Tajani, Meloni e Mattarella. Tutti i dettagli

A due settimane dal summit G7 di Hiroshima, in Giappone, non soltanto gli alleati, a partire dagli Stati Uniti, aspettano la decisione del governo italiano presieduto da Giorgia Meloni sul futuro del memorandum d’intesa sulla Via della Seta. Lo fa anche la Cina, ben sapendo che il rinnovo dell’accordo firmato nel marzo 2019 dal governo gialloverde di Giuseppe Conte è automatico dopo cinque anni a meno che una delle due parti non comunichi all’altra il suo no tre mesi prima, cioè entro fine anno.

Formiche.net è in grado di rivelare che a questo che si deve la visita in queste ore a Roma del diplomatico Wang Lutong, capo del dipartimento Affari europei del ministero degli Esteri cinese. Ha incontrato il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli e alcuni funzionari della Farnesina. Al centro dei colloqui il partenariato strategico e, ovviamente, la Via della Seta. Inoltre, si è parlato delle prossime e future visite a Pechino del ministro degli Esteri Antonio Tajani, della presidente Meloni e del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

I benefici commerciali promessi non si sono realizzati in questi quattro anni. Ma, data la potenziale reazione di Pechino, uscire dalla Via della Seta potrebbe apparire a Roma, più costoso che rimanere all’interno del piano espansionistico cinese con un memorandum non legalmente vincolante. È su questo punto che fanno leva tanto i diplomatici cinesi quanto quei mandarini italiani che premono affinché Meloni ritratti gli impegni pre-elezioni sul passo indietro dal memorandum d’intesa. Ma a Palazzo Chigi si lavora per dare all’Italia una visione strategica e pienamente euroatlantica.

Come raccontato su Formiche.net, proprio in zona Farnesina circola una terza ipotesi: se non si può conservare l’intesa considerata ormai del tutto privo di contenuti, allora si può lasciar cadere il memorandum d’intesa e firmare un altro accordo commerciale che sia privo delle implicazioni politiche della Via della Seta ma che consenta all’Italia di dirsi impegnata a mantenere buone relazioni con la Cina e allo stesso tempo di evitare una dura reazione di Pechino. Questa sorta di terza via, però, scontenterebbe tutti: la Cina, che può vantare l’Italia come un Paese G7 (l’unico) ad aver aderito al progetto lanciato dal leader cinese Xi Jinping dieci anni fa; gli alleati dell’Italia, a partire dagli Stati Uniti (sarebbe la riproposizione di una diplomazia italiana che già in passato ha praticato l’arte dell’equivoco”, ha commentato Alexander Alden, nonresident senior fellow dell’Atlantic Council, intervistato da Formiche.net); e anche Palazzo Chigi, per le ragioni sopracitate.

Il dossier Via della Seta era stato sul tavolo anche in occasione della visita a febbraio di Wang Yi, capo della diplomazia del Partito comunista cinese, che a Roma aveva incontrato il ministro Tajani e il Presidente Mattarella.

In queste settimane altre delegazioni di funzionari del Partito comunista cinese sono state in visita a Roma. Chi avuto l’occasione di un incontro anche con alcune figure centrali nell’intesa del 2019 racconta di toni diversi, più duri su molte questioni. Prima fra tutte Taiwan, che Pechino ritiene una provincia ribelle e con cui l’Italia sta rafforzando le relazioni anche con discussioni con alleati e partner.

Poco spazio alla guerra in Ucraina, che la Cina definisce una “crisi” senza condannare (spesso senza neppure citare) l’aggressione della Russia. Incontrando Wang Yi a febbraio, Tajani aveva che Pechino “svolga un ruolo fondamentale per convincere” Mosca “a un tavolo di pace”. Pochi giorni dopo la Cina ha presentato il suo piano in 12 punti.

Oggi da Firenze è arrivata la bocciatura secca di Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione europea gli affari esteri e la politica di sicurezza. “L’unico piano di pace per l’Ucraina sul tavolo è quello di Volodymyr Zelensky, quella cinese è una serie di desideri, di sogni”, ha detto, rilevando però che “i russi non lo accetteranno. E per parlare di pace ci vuole qualcuno con cui parlarne, mentre [Vladimir] Putin continua a parlare di obiettivi militari da raggiungere”. In ogni caso, Pechino ha “un ruolo importante perché può avere la maggiore influenza su Mosca”. Ed anche la telefonata tra Xi e Zelensky è stata una “cosa positiva”, ha aggiunto.


×

Iscriviti alla newsletter