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Il progressismo (posticcio) di Conte e la difficile alleanza col Pd. Parla Tarchi

Se una rondine non fa primavera, un caffè assieme non fa ricucitura dei rapporti. Le elezioni molisane più che un test sulla tenuta dei partiti sarà una prova per le alleanze. In questo senso, Pd e 5 Stelle faranno fatica a trovare una quadra. Per le Europee, incognita Id e probabile depotenziamento ulteriore del terzo polo

Domenica si vota, in Molise. Il primo banco di prova per il centrodestra, a cui è venuto a mancare uno dei tre leader – Silvio Berlusconi – e per il centrosinistra di rito schleiniano. Non si sa ancora bene cosa accadrà, specie in termini di alleanze nel centrosinistra. Anche perché “non è con i caffè e i comizi che il gap tra Movimento 5 Stelle e Pd potrà essere colmato. Occorrono piattaforme convergenti, e non sarà facile costruirle”. A dirlo è Marco Tarchi, politologo e docente all’Università degli Studi di Firenze Cesare Alfieri.

Domenica si vota per le Regionali in Molise. Quello sarà un primo test sia per il centrodestra – e segnatamente per Forza Italia dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi – sia per il centrosinistra . Che esiti prevede anche in termini di tipologia delle alleanze? 

Mi sembra spropositato pretendere indicazioni in chiave nazionale dal voto della regione più piccola, e per molti versi più politicamente anomala, d’Italia. I fattori locali, in questo caso, saranno preponderanti. E chi vorrà interpretare il voto proiettandolo su scenari più vasti lo farà soltanto in funzione manipolativa.

Schlein e Conte prendono caffè assieme, ma fanno comizi separati. È una tecnica vincente?

Mah. Vedremo. È vero che oggi più che mai l’immagine è uno dei fattori-chiave della politica, ma il vero problema è che M5S e Pd fino ad epoca recente hanno avuto traiettorie molto diverse, e la nuova segreteria non mi sembra abbia diminuito le distanze. Il progressismo di Conte è posticcio, di circostanza, e il grosso dell’elettorato Cinque Stelle gli è sempre stato estraneo. Non è con i caffè e i comizi che il gap potrà essere colmato. Occorrono piattaforme convergenti, e non sarà facile costruirle.

 La componente moderata e riformista del Pd ha registrato non pochi malumori a fronte della partecipazione della segretaria alla manifestazione pentastellata. Quelle del Molise sono le prove generali di una ricucitura in ottica campo largo? 

Difficilmente una rondine fa primavera. La saggezza popolare, tanto cara ai populisti – e quindi al M5S delle origini – di rado si inganna.

Evidentemente la scadenza elettorale più significativa è quella delle Europee 2024. Il blocco socialista è in crisi profonda, i popolari sembrano orientati verso un allargamento che contempli anche l’Ecr. Mentre Id sarà verosimilmente esclusa da questa probabile alleanza. Che scenario si configurerà, anche per gli equilibri interni al centrodestra italiano, visto che la Lega è nel gruppo Id?

Dipenderà della consistenza del gruppo dell’Ecr dopo le elezioni. Sarà sufficiente per un accordo esclusivo con il Ppe (che ha i suoi problemi)? La concorrenza con Identità e democrazia è tutt’altro che da sottovalutare, perché, anche se i conservatori hanno sottratto ai populisti alcuni partiti, a partire da quelli del Nord Europa, in vari paesi le formazioni che compongono Id, a partire dall’Alternative für Deutschland, dalla Fpö e dal Vlaams Blok, hanno rapporti di forte competizione con le “antenne” locali del Ppe e non saranno certamente disposte a spianare la strada a questo accordo. Quanto alla Lega, di sicuro i giorgettiani spingeranno per portarla vicina all’area-Ppe, ma se Salvini cedesse ancora una volta, la sua posizione si indebolirebbe ulteriormente.

Qual è, allo stato, il reale peso politico e l’orientamento del Terzo Polo sia a livello nazionale che a livello europeo?

Scarso, direi. E lo sarebbe ancor più nel caso di un accordo Ecr-Ppe, che lo isolerebbe ulteriormente: il bipolarismo è, per il centro, un fattore di debolezza e disgregazione.

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