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Berlusconi, funerali da statista con lampi di revenge

Evidenzia molteplici risvolti politici il big bang emotivo e popolare dell’addio a Silvio Berlusconi. Nel giorno dei funerali si concretizza la prospettiva di una prosecuzione del berlusconismo per riscattare il martirio giudiziario giornalistico che avrebbe subito il Cavaliere. L’analisi di Gianfranco D’Anna

Brilla come non mai di immagini riflesse e di ricordi ormai storici, all’interno del Duomo di Milano, la figura poliedrica di Silvio Berlusconi, tycoon, champion winner di calcio, editore, politico, statista e funambolico protagonista degli ultimi 35 anni della storia del Paese che amava.

Una luce riflessa destinata a brillare ancora a lungo e che si riverbera nelle lacrime, nel cordoglio, nel contegno impassibile e soprattutto nei moltissimi sguardi perduti sul filo dei flashback dei tanti incontri, abbracci, sorrisi e confidenze col Cavaliere che si possono cogliere fra i Capi di Stato, premier, commissari europei, vertici istituzionali, ministri, ambasciatori e sceicchi e la moltitudine di persone che con i familiari gremiscono le cinque navate della Cattedrale meneghina e la piazza.

Già circonfuso da una beatificazione politica trasversale e soprattutto popolare a reti unificate, Silvio Berlusconi ha impersonificato ed amplificato nel corso della attenta coreografia dei funerali di Stato la sua stessa legenda, consacrata da interminabili applausi e cori da stadio. Una leggenda alimentata anche dalla sepoltura nella tomba del mausoleo privato realizzato nel parco della villa di Arcore.

“Celebriamo il mistero del compimento. Cosa possiamo dire di Silvio Berlusconi? che è un uomo e ora incontra Dio”, ha significativamente affermato nell’omelia l’arcivescovo di Milano, Mons. Mario Delpini. Rilanciati e commentati quasi allo stesso livello delle esequie dei Pontefici e della Regina Elisabetta d’Inghilterra, gli impatti mediatici e le news sui funerali del Cavaliere denotano la nascita di fatto di una vera e propria mitologia ed una sorta di idolatria destinate a lievitare ed a protrarsi nel tempo.

Qualcosa di simile, fra i molti precedenti, a quanto avvenuto nei decenni passati per Rodolfo Valentino, Evita Peron ed Elvis Presley. Un effetto però questa volta non soltanto mistico ed insieme laico, ma politicamente conducente che sta dando vita e sviluppando un vasto movimento d’opinione per perpetuare il Berlusca-pensiero e riscattare tutte le ingiustizie che il leader scomparso avrebbe subito.

Come si sta ampiamente verificando, nella tempesta di editoriali, talk show, speciali, edizioni straordinarie di Tg e trasmissioni televisive e radiofoniche, quasi seguendo la prassi teologica la beatificazione di Berlusconi evidenzia sempre il suo martirio giudiziario, giornalistico e politico.

Oltre al rilancio della richiesta di una Commissione parlamentare d’inchiesta sui procedimenti giudiziari riguardanti tangentopoli, nell’immaginario collettivo stanno ormai volteggiando i target della cosiddetta maledizione e della vendetta del Cavaliere. Riguarderebbero in primis parte della magistratura, vari esponenti del giornalismo e dell’editoria, nonché tutti i rappresentanti dei partiti e delle istituzioni che hanno avuto particolari contrasti con Berlusconi.

“Vendicarsi di un nemico è ricominciare un’altra vita”, sosteneva il drammaturgo romano Publilio Siro. Al tempo del web la maledizione e la vendetta del Cav. sarebbero intanto funzionali al successo elettorale degli eredi politici di Berlusconi.
Che si preannunciano molti, ma che per esserne all’altezza dovranno misurarsi con gli ancora non del tutto conosciuti colpi di genio del Silvio fondatore.



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