La sua intensa attività all’estero, con innumerevoli incontri bilaterali e multilaterali che organizzò e a cui prese parte, era facilitata non solo dal consenso popolare e politico di cui godeva in patria, ma anche dalla sua fama di imprenditore di successo. Il ricordo di Giovanni Castellaneta, già consigliere diplomatico a Palazzo Chigi e ambasciatore negli Stati Uniti
La notizia della morte di Silvio Berlusconi è sicuramente una di quelle che non avrei mai voluto ricevere. Una lunga parte della mia carriera, inizialmente per una coincidenza del destino, è stata legata fortemente alla sua figura: era il 2001 quando fui richiamato dall’Australia, dove ero ambasciatore, dall’allora presidente del Consiglio Giuliano Amato per ricoprire il ruolo di suo consigliere diplomatico a Palazzo Chigi. Di lì a poco si tennero le elezioni politiche, vinte proprio da Berlusconi, e mi ritrovai a lavorare per un nuovo presidente del Consiglio. Ricordo che i primi mesi di convivenza con lui furono da parte sua una sorta di “studio” nei miei confronti: ma dopo lo svolgimento di alcuni appuntamenti internazionali chiave, come un vertice Nato e il G8 di Genova, Berlusconi mi accettò pienamente tra i suoi stretti collaboratori.
Iniziò quindi un lungo periodo di collaborazione, dapprima nel ruolo di consigliere diplomatico e Sherpa G8 e proseguito poi “a distanza” quando fui nominato ambasciatore negli Stati Uniti e, successivamente, quando rientrai in Italia come presidente di Sace. Il rapporto quasi quindicennale con Berlusconi cominciò da parte mia con una scoperta: non conoscendolo personalmente prima di incontrarlo a Chigi, mi trovai a interagire con un uomo di grande visione, di ineguagliabile capacità di lavoro, di intelligenza nitida ed essenziale, caratterizzato da una grande generosità di animo. Sono tante le frasi e gli aneddoti che gli sono stati attribuiti, ma in questo momento vorrei ricordarne due: in tante occasioni ripeteva “non sarei neanche capace di calpestare una formica nel prato”, oppure incitava i suoi collaboratori a “vivere con il sole in tasca” per spronare a migliorarsi sempre e a non perdere l’ottimismo.
È indubbio che Berlusconi lascia un’eredità importante sul piano politico. A livello interno non ho titolo per commentare il suo contributo e mi limito a sottolineare che fu protagonista di un cambio epocale per la politica italiana, in un momento estremamente delicato come quello della fine della Prima Repubblica. Posso invece offrire qualche commento sui temi di politica estera, questioni peraltro alle quali era particolarmente affezionato e attraverso le quali immaginava di accompagnare il riscatto dell’Italia a livello internazionale. La sua intensa attività all’estero, con innumerevoli incontri bilaterali e multilaterali che organizzò e cui prese parte, era facilitata non solo dal consenso popolare e politico di cui godeva in patria, ma anche dalla sua fama di imprenditore di successo. Fu proprio questa sua caratteristica peculiare che lo rendeva interessante a molti leader stranieri: a cominciare da George W. Bush, le sue controparti riconoscevano esplicitamente di non avere mai trovato un interlocutore politico che avesse anche avuto un grande successo nell’ambito del business e in quello sportivo con il suo Milan.
Sul piano internazionale, Berlusconi ha sempre seguito e sviluppato le linee fondamentali della politica estera italiana, coltivando il rapporto transatlantico con gli amici Stati Uniti, partecipando attivamente alla vita dell’Unione europea facendo leva sul ruolo di Paese fondatore dell’Unione, e dimostrando una grande attenzione ai Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, dai Balcani all’Africa settentrionale. Le sue aperture verso Vladimir Putin e la Russia si erano manifestate in un’epoca non sospetta, quando tutti immaginavano che il leader di Mosca potesse essere ricompreso nel naturale alveo europeo creando con la Russia e con lui un’alleanza che avrebbe reso l’Europa più forte verso il resto del mondo. Fu grazie agli sforzi diplomatici di Berlusconi che fu possibile dare vita ad un periodo di grande ottimismo all’insegna dello “spirito di Pratica di Mare”, dal luogo in cui si svolse (nel 2002) il vertice Nato-Russia che aveva fatto sperare in un allargamento fino a quest’ultima. Negli ultimi anni, la sciagurata decisione di Putin di invadere un Paese libero come l’Ucraina deve sicuramente essergli costata dolore e delusione, anche se fino all’ultimo si era comunque messo a disposizione per attivare canali personali a favore della pace.