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Il caso Bibbiano e la sobrietà dei media. L’opinione di Cazzola

Attendiamo che la sentenza passi in giudicato. La vicenda giudiziaria, tuttavia, evidenzia già ora che una maggiore sobrietà dei media avrebbe giovato alla causa della giustizia. Il commento di Giuliano Cazzola

Ospite di Formiche.net, il 22 agosto 2020, sul caso dei servizi sociali di Bibbiano, scrivevo quanto segue:

“Su Bibbiano, i media hanno esagerato. Inchieste a non finire, interviste ai famigliari a cui i servizi sociali avevano sottratto i figli o i nipoti. Addirittura abbiamo visto ore di sceneggiatura di un dialogo tra lo psicologo e il minore per accertare se fosse stato sottoposto a violenze (anche di natura sessuale) in famiglia (dove tali episodi si verificano in larga prevalenza). Si è trattato di un’eccessiva invadenza, sono stati commessi errori, abusi, valutazioni errate? A parte il fatto che le situazioni critiche sono state sistemate con provvedimenti successivi, è appena il caso di dire che, a fare luce, ci penseranno i giudici (non i giornalisti, né i procuratori, né i politicanti). Io però non riesco a non pormi una domanda e a darmi anche una risposta: se il piccolo Gioele, lasciato in balia di una madre malata, o il piccolissimo Evan, massacrato di botte in famiglia a 21 mesi, fossero nati e vissuti a Bibbiano, oggi sarebbero ancora vivi, perché sottratti, in tempo, alle famiglie. Il disagio della madre e le violenza sul bambino erano note alle Autorità, perché certificate da un medico, nel primo caso e segnalate, nel secondo, da esposti del padre naturale. Perché non si fanno dei servizi tv e delle indagini giudiziarie su quelle omissioni?”. Ora quella campagna scandalistica, collegata all’inchiesta “Angeli e demoni” è stata sbugiardata dalla sentenza della Corte di Appello di Bologna che ha assolto lo psicoterapeuta Claudio Foti da tutte le accuse: per non aver commesso il fatto dall’abuso di ufficio e perché il fatto non sussiste dal reato di lesioni dolose gravi.

La polemica scoppiò nell’estate del 2019; la politica si divise e la strumentalizzò. “Angeli e Demoni” incendiò la campagna elettorale per le Regionali in Emilia Romagna a inizio 2020, quando Bibbiano, il Paese del sindaco Andrea Carletti (indagato per abuso d’ufficio e arrestato, poi sottoposto all’obbligo di residenza), esponente del Pd, divenne luogo di contesa e di comizi, finì su magliette indossate in Aula alla Camera da Lucia Borgonzoni – candidata del centrodestra in Emilia Romagna – suscitò roventi polemiche. Al centro un presunto business illecito, legato al mondo degli affidi, su cui ancora i giudici devono in gran parte esprimersi. Addirittura il M5S tacciava il Pd di essere il partito di Bibbiano, e pertanto “indegno” di un rapporto di alleanza. In un comizio della Lega venne persino esibita una bambina (si disse “sottratta ai genitori”) che in realtà non c’entrava nulla con Bibbiano ma era stata “gestita” dai servizi sociali di un consorzio di piccoli Comuni lombardi (ben)governati dalla Lega.

Nelle direttive per la campagna elettorale della Lega a sostegno di Borgonzoni, Salvini diede una precisa direttiva: usare la clava su Bibbiano. La reazione del Pd – come accade sempre quando ci sono di mezzo le procure – fu scialba e imbarazzata. Del resto l’offensiva mediatico-politica fu tremenda: pagine sui quotidiani, ore di trasmissioni televisive nei diversi talk show, interviste ai genitori “derubati” dei figli. Furono predisposti anche dei servizi giornalistici; in uno di essi veniva “recitata” una seduta di psicoterapia svolta per accertare se una bambina fosse stata abusata in famiglia. Si disse che Foti intendeva indurre la ragazzina ad accusare il padre, per poterla sottrarre alla famiglia e darla in affido. Nessuno si pose il problema di documentarsi sulla violenza sui minori. Eppure, nel 2018, l’anno precedente la deflagrazione dell’inchiesta, i minori vittime di omicidio erano stati 16, di cui la metà femmine. Ma, purtroppo, i fatti di cronaca continuano a parlare da sé e raccontano storie di vere e proprie torture su piccoli esseri indifesi, solo perché piangono o per altri futili motivi.

Ricordiamo – per la sua gravità – il caso di quella madre che ha lasciato morire d’inedia la figlia per passare qualche giorno in più col suo compagno e che dichiarò di essere consapevole del rischio che la bambina correva. A volte, di fronte a questi casi tanto crudeli ci chiediamo dove siano e che cosa facciano i servizi sociali. Il loro è un lavoro complicato. Non a caso il difensore di Foti ha parlato di “un processo alla scienza”, di “un processo di persecuzione e pregiudizio”. “Abbiamo dimostrato alla Corte di Appello – ha proseguito il legale – che la scienza prima di tutto assolveva Claudio Foti e che ogni suo comportamento è stato ispirato al rispetto delle regole della sua professione”. Gli psicologi sostengono, infatti, che non è facile ottenere un racconto degli abusi da parte dei minori. Nella maggior parte dei casi i minori – sostengono le istituzioni che tutelano le vittime – non rivelano l’abuso immediatamente dopo l’evento, poiché temono l’abusante e le sue minacce.

Quando il/la bambino/a è forzato/a a mantenere segreto l’abuso sessuale si sente intrappolato/a e senza speranza. Queste sensazioni unite alla paura del minore di non essere creduto lo portano a mettere in atto un comportamento accomodante nei confronti dell’autore dell’abuso, come se fosse lui a vergognarsi. Quando il minore rivela l’abuso lo stress determinato dagli eventi successivi può anche portarlo a ritrattare la rivelazione. Comunque, la Procura generale si è riservata di leggere le motivazioni della sentenza per valutare il possibile ricorso in Cassazione.

Attendiamo, dunque, che la sentenza passi in giudicato. La vicenda giudiziaria, tuttavia, evidenzia già ora che una maggiore sobrietà dei media avrebbe giovato alla causa della giustizia.



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